Il 9 ottobre 1963, una frana di proporzioni catastrofiche ha colpito la diga del Vajont nel nord Italia, causando una delle peggiori tragedie della storia del paese. Circa 270 milioni di metri cubi di roccia e terra si sono staccati dal monte Toc e sono precipitati nella diga, provocando la distruzione di cinque paesi, tra cui Longarone, e la morte di 1.917 persone.
Durante quei giorni drammatici, i giornalisti hanno giocato un ruolo fondamentale nel documentare l’evento e l’inchiesta successiva. Nomini come Giampaolo Pansa, Alberto Cavallari ed Egisto Corradi hanno scritto articoli e reportage dettagliati sulla tragedia. Tuttavia, è stata la giornalista Tina Merlin, de l’Unità, a fare una previsione inquietante sull’imminente sciagura alcuni anni prima.
Dopo la tragedia, ci sono state polemiche riguardo alle cause del disastro. Alcuni sostenevano che la tragedia fosse stata prevedibile e causata da una serie di errori umani, mentre altri attribuivano l’evento alla fatalità naturale. La verità, probabilmente, si trova in una combinazione delle due.
Solo nel 2000, dopo una lunga battaglia legale, lo Stato italiano, l’azienda energetica Enel e la società chimica Montedison sono state costrette a pagare un risarcimento di 77 miliardi di lire per i danni morali e materiali causati dalla tragedia del Vajont. Tuttavia, non tutti i superstiti hanno ottenuto giustizia. Circa 600 vittime non hanno potuto ricevere alcun risarcimento a causa delle leggi che limitavano il pagamento alle sole persone sposate o con figli.
L’evento del Vajont è stato definito da molti una tragedia annunciata, con migliaia di persone che si sono ritrovate impotenti di fronte a una catastrofe imminente. Ancora oggi, a più di cinquant’anni di distanza, la memoria di quella tragica giornata vive nella mente dei sopravvissuti e di coloro che hanno perso i loro cari in quella terribile tragedia.
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