ti faccio i miei complimenti per aver espresso con grande chiarezza i dubbi che una buona parte degli Italiani e degli Europei si stanno ponendo in questo ultimo periodo, caratterizzato – grazie ai politici e ancor di più ai media – da una riflessione sulla compatibilità fra quella che viene definita cultura o civiltà autoctona e quella di cui sono portatori gli immigrati.
Tuttavia devo ammettere di essere spaventato dal concetto di “Olandesi veri”. Quei cittadini che hai incontrato ad Amsterdam e Rotterdam sono, mio avviso, olandesi quanto le belle ragazze con le trecce bionde dell’immaginario collettivo. Cara Valentina, lo strumento prediletto nel corso dei secoli per riunire comunità necessariamente disomogenee, perché formate da costanti migrazioni e fusioni con elementi esogeni, è sempre stato quello del definire “chi non siamo”. I diversi da noi, ovviamente in senso (più o meno) dispregiativo.
Mi rendo ovviamente conto che i grandi giuristi, filosofi e pittori nati in terra olandese non comunicassero in arabo tra di loro. Ma perché non consederare il vantaggio di questa commistione di culture? Forse ci vorranno ancora degli anni per vederne i frutti, ma sono sicuro che i germogli di questo innesto multiculturale ci sono già. Dal punto di vista del diritto, ad esempio, chissà quali risultati positivi si potrebbero avere inserendo nella terra del diritto individuale i concetti di comunità e famiglia allargata di cui sono portatori molti degli immigrati musulmani. E chissà quale nuovi orizzonti potrebbero aprirsi una volta che i giovani immigrati si saranno formati nelle tecniche pittoriche.
Quando si fanno discorsi sui rapporti tra gruppi, comunità o culture, si incorre spesso nel rischio di generalizzare, da cui non sono sicuramete esente. Tuttavia ritengo importante affiancare al modello di Europa da te indicato quello che ho cercato di accennare in queste poche righe: un’Europa fiera delle mille tradizioni diverse da cui discende; un’Europa sicura di sé, che guarda al futuro con la cosapevolezza di poter diventare sempre migliore, anche grazie al contributo di chi non è nato sul suo territorio.
Finalmente qualcuno che non la manda a dire!
Valentina era da tempo che non apprezzavo fino a tal punto un articolo! Condivido tutti i tuoi dubbi sull’effettiva possibilità di commistione fra culture tanto diverse come la “nostra occidentale” e quella musulmana. O meglio, ho seri dubbi sulla velocità e efficacia con cui questa commistione possa avvenire.
Immagino che tutti ci auguriamo che prima o poi ogni popolo possa imparare dall’altro, che gli uomini possano prima o poi comprendersi oltre i pregiudizi e le differenze superficiali…ma questo momento non sembra prossimo. Il dramma è che negli ultimi tempi, ad esprimere un’opinione del genere si passa minimo minimo per razzisti, se poi si incontra il genio di turno anche per “fascisti”.
In alcune piccole realtà – come quella di certe università – il dialogo inteculturale già esiste e questo mi fa presupporre che prima o poi questo fenomeno si estenda su larga scala, solo mi domando : e nel frattempo? Forse questo attaccamento al contingente è ciò che più mi allontana dall’utopia di Lorenzo e più mi avvicina al realismo di Valentina.
Sono uno studente bocconi che ha passato i quattro mesi del suo erasmus proprio a Rotterdam, e sono rimasto un po’ stupito dalla descrizione che ne hai fatto. Rotterdam è vero’ è una città multiculturale, un melting pot di cittadini olandesi provenienti principalmente dalle ex colonie, ma non mi sono mai sentito “diverso”. Tanto meno tanti olandesi che ho conosciuto durante i quattro mesi all’ Erasmus Universiteit di Rotterdam che avresti dovuto visitare, si sentono “diversi” a casa loro. Dove le ragazze col velo ti assicuro non sono di piu di quelle che potresti vedere in una università di Londra, e comunque la stragrande minoranza. Trovo molto difficile credere che tu non abbia trovato un ristorante aperto alle 13 soprattutto nel centro della città nella zona di Beurs o Blaak, o in Wit de Wittestraat In cui si trovano moltissimi locali.
Credo che la tua visita di stata o troppo breve o molto superficiale.
Cara Valentina,
ti faccio i miei complimenti per aver espresso con grande chiarezza i dubbi che una buona parte degli Italiani e degli Europei si stanno ponendo in questo ultimo periodo, caratterizzato – grazie ai politici e ancor di più ai media – da una riflessione sulla compatibilità fra quella che viene definita cultura o civiltà autoctona e quella di cui sono portatori gli immigrati.
Tuttavia devo ammettere di essere spaventato dal concetto di “Olandesi veri”. Quei cittadini che hai incontrato ad Amsterdam e Rotterdam sono, mio avviso, olandesi quanto le belle ragazze con le trecce bionde dell’immaginario collettivo. Cara Valentina, lo strumento prediletto nel corso dei secoli per riunire comunità necessariamente disomogenee, perché formate da costanti migrazioni e fusioni con elementi esogeni, è sempre stato quello del definire “chi non siamo”. I diversi da noi, ovviamente in senso (più o meno) dispregiativo.
Mi rendo ovviamente conto che i grandi giuristi, filosofi e pittori nati in terra olandese non comunicassero in arabo tra di loro. Ma perché non consederare il vantaggio di questa commistione di culture? Forse ci vorranno ancora degli anni per vederne i frutti, ma sono sicuro che i germogli di questo innesto multiculturale ci sono già. Dal punto di vista del diritto, ad esempio, chissà quali risultati positivi si potrebbero avere inserendo nella terra del diritto individuale i concetti di comunità e famiglia allargata di cui sono portatori molti degli immigrati musulmani. E chissà quale nuovi orizzonti potrebbero aprirsi una volta che i giovani immigrati si saranno formati nelle tecniche pittoriche.
Quando si fanno discorsi sui rapporti tra gruppi, comunità o culture, si incorre spesso nel rischio di generalizzare, da cui non sono sicuramete esente. Tuttavia ritengo importante affiancare al modello di Europa da te indicato quello che ho cercato di accennare in queste poche righe: un’Europa fiera delle mille tradizioni diverse da cui discende; un’Europa sicura di sé, che guarda al futuro con la cosapevolezza di poter diventare sempre migliore, anche grazie al contributo di chi non è nato sul suo territorio.
Finalmente qualcuno che non la manda a dire!
Valentina era da tempo che non apprezzavo fino a tal punto un articolo! Condivido tutti i tuoi dubbi sull’effettiva possibilità di commistione fra culture tanto diverse come la “nostra occidentale” e quella musulmana. O meglio, ho seri dubbi sulla velocità e efficacia con cui questa commistione possa avvenire.
Immagino che tutti ci auguriamo che prima o poi ogni popolo possa imparare dall’altro, che gli uomini possano prima o poi comprendersi oltre i pregiudizi e le differenze superficiali…ma questo momento non sembra prossimo. Il dramma è che negli ultimi tempi, ad esprimere un’opinione del genere si passa minimo minimo per razzisti, se poi si incontra il genio di turno anche per “fascisti”.
In alcune piccole realtà – come quella di certe università – il dialogo inteculturale già esiste e questo mi fa presupporre che prima o poi questo fenomeno si estenda su larga scala, solo mi domando : e nel frattempo? Forse questo attaccamento al contingente è ciò che più mi allontana dall’utopia di Lorenzo e più mi avvicina al realismo di Valentina.
Cara Valentina
Sono uno studente bocconi che ha passato i quattro mesi del suo erasmus proprio a Rotterdam, e sono rimasto un po’ stupito dalla descrizione che ne hai fatto. Rotterdam è vero’ è una città multiculturale, un melting pot di cittadini olandesi provenienti principalmente dalle ex colonie, ma non mi sono mai sentito “diverso”. Tanto meno tanti olandesi che ho conosciuto durante i quattro mesi all’ Erasmus Universiteit di Rotterdam che avresti dovuto visitare, si sentono “diversi” a casa loro. Dove le ragazze col velo ti assicuro non sono di piu di quelle che potresti vedere in una università di Londra, e comunque la stragrande minoranza. Trovo molto difficile credere che tu non abbia trovato un ristorante aperto alle 13 soprattutto nel centro della città nella zona di Beurs o Blaak, o in Wit de Wittestraat In cui si trovano moltissimi locali.
Credo che la tua visita di stata o troppo breve o molto superficiale.
Ciao
Niccolo’