Esposto contro la mia volontà ad una seconda visione del film, ho provato a scandagliarlo con il radar delle due possibilità proposte nella tua recensione. E ho trovato qualche indizio che mi fa propendere per la c.d. “politica degli autori”.
Innanzitutto il fatto che i monologhi iniziale e finale, che il protagonista rivolge al publico guardando in camera, siano rispettivamente preceduti e seguiti dall’incredulo stupore degli astanti. “Ci sono un sacco di persone che ci stanno guardando” “Alcuni mangiano pop-corn,…” dice Boris, come se il regista volesse dire: “Vedete? Siete venuti al cinema a vedere il mio film” e inscrive la vicenda in una parentesi che non coincide con l’inizio e la fine della proiezione.
In secondo luogo gli onnipresenti riferimenti a luoghi comuni politically correct di cinismo, emancipazione sessuale e liberazione dal religioso risultano sì grottescamente caricati, nei toni usati come nei lunghi elenchi di aggettivi, ma soprattutto si presentano prevalentemente secondo la seguente dinamica: la ragazzina provinciale e ignorante ascolta l’opinione dell’intellettuale e la ripete senza averla fatta propria mischiandola ad altre citazioni non necessariamente collegate, esattamente come fa chi cita alla stregua di barzellette le battute dei film di Woody Allen, credendo di averne compreso l’ironia o perfino il pensiero, e se ne professa appassionato.
‘Whatever works’ non é un’ opera tarda, semmai il contrario. Woody Allen l’ha scritta all’inizio degli anni ‘70, ben prima di ‘Manhattan’ (1979). Mise da parte l’idea nel 1977, quando Zero Mostel, l’attore che Allen aveva in mente nella parte di Boris mentre scrisse il manoscritto e che voleva nel film, morí di aneurisma. (Ovviamente gli amanti del cinema-di-classe affermano che Allen l’abbia messo da parte perché non lo reputava un buon manoscritto, ma finché Allen non lo confermerà continuerò a pensare che l’abbia fatto per rispetto a Mostel).
Hai scritto bene la tua recensione, ma sono in disaccordo . Non sono un esperto di Woody Allen né un suo grande amatore, non sono mai riuscito a finire Manhattan (inesorabilmente i miei occhi si chiudono) e Match Point un film che non guarderei mai un’altra volta (mi é capitato di doverlo guardare una seconda, é la serata non finiva più).
‘Whatever works’? L’ho amato. Ho avuto uno dei migliori fine settimana da molto tempo (dopo un sabato sera con ‘Up’ e la domenica sera con il film di Woody). Una commedia leggera, veloce, con dei dialoghi stupendi (sei hai visto il film in italiano ti consiglio la versione inglese, non ho idea di come abbiano potuto tradurre varie parti dei dialoghi, troppo sottili per essere traducibili).
Non pretende di essere qualcosa che non é. Dai primi istanti si capisce che sarà un’ora e mezza di ironia con un tempo vivace. Il modo in cui Allen ha creato i personaggi, estremizzati fino ad essere della ‘Personae’, dei cliché perfetti di americani in America.
Se devo essere sincero, trovo questa recensione della serie “quando un’artista fa qualcosa é meglio che continui col suo stile, sempre e comunque”. Almeno é quello che leggo tra le righe, una sensazione a pelle che ora non riesco a spiegare. Guarda questo film per quello che é, e ti piacerà. Dimenticati per un attimo che é di Woody Allen, che senso ha? Perché un film di Woody Allen deve essere ‘Woody’ style?
L’olimpo degli amanti del cinema mi manderà all’inferno degli ignoranti-di-cinema-di-classe, ma ci arriverò felice se ci sarannò più film come Whatever works.
Esposto contro la mia volontà ad una seconda visione del film, ho provato a scandagliarlo con il radar delle due possibilità proposte nella tua recensione. E ho trovato qualche indizio che mi fa propendere per la c.d. “politica degli autori”.
Innanzitutto il fatto che i monologhi iniziale e finale, che il protagonista rivolge al publico guardando in camera, siano rispettivamente preceduti e seguiti dall’incredulo stupore degli astanti. “Ci sono un sacco di persone che ci stanno guardando” “Alcuni mangiano pop-corn,…” dice Boris, come se il regista volesse dire: “Vedete? Siete venuti al cinema a vedere il mio film” e inscrive la vicenda in una parentesi che non coincide con l’inizio e la fine della proiezione.
In secondo luogo gli onnipresenti riferimenti a luoghi comuni politically correct di cinismo, emancipazione sessuale e liberazione dal religioso risultano sì grottescamente caricati, nei toni usati come nei lunghi elenchi di aggettivi, ma soprattutto si presentano prevalentemente secondo la seguente dinamica: la ragazzina provinciale e ignorante ascolta l’opinione dell’intellettuale e la ripete senza averla fatta propria mischiandola ad altre citazioni non necessariamente collegate, esattamente come fa chi cita alla stregua di barzellette le battute dei film di Woody Allen, credendo di averne compreso l’ironia o perfino il pensiero, e se ne professa appassionato.
bellissima recensione! complimentoni.
brava MartaF
‘Whatever works’ non é un’ opera tarda, semmai il contrario. Woody Allen l’ha scritta all’inizio degli anni ‘70, ben prima di ‘Manhattan’ (1979). Mise da parte l’idea nel 1977, quando Zero Mostel, l’attore che Allen aveva in mente nella parte di Boris mentre scrisse il manoscritto e che voleva nel film, morí di aneurisma. (Ovviamente gli amanti del cinema-di-classe affermano che Allen l’abbia messo da parte perché non lo reputava un buon manoscritto, ma finché Allen non lo confermerà continuerò a pensare che l’abbia fatto per rispetto a Mostel).
Hai scritto bene la tua recensione, ma sono in disaccordo . Non sono un esperto di Woody Allen né un suo grande amatore, non sono mai riuscito a finire Manhattan (inesorabilmente i miei occhi si chiudono) e Match Point un film che non guarderei mai un’altra volta (mi é capitato di doverlo guardare una seconda, é la serata non finiva più).
‘Whatever works’? L’ho amato. Ho avuto uno dei migliori fine settimana da molto tempo (dopo un sabato sera con ‘Up’ e la domenica sera con il film di Woody). Una commedia leggera, veloce, con dei dialoghi stupendi (sei hai visto il film in italiano ti consiglio la versione inglese, non ho idea di come abbiano potuto tradurre varie parti dei dialoghi, troppo sottili per essere traducibili).
Non pretende di essere qualcosa che non é. Dai primi istanti si capisce che sarà un’ora e mezza di ironia con un tempo vivace. Il modo in cui Allen ha creato i personaggi, estremizzati fino ad essere della ‘Personae’, dei cliché perfetti di americani in America.
Se devo essere sincero, trovo questa recensione della serie “quando un’artista fa qualcosa é meglio che continui col suo stile, sempre e comunque”. Almeno é quello che leggo tra le righe, una sensazione a pelle che ora non riesco a spiegare. Guarda questo film per quello che é, e ti piacerà. Dimenticati per un attimo che é di Woody Allen, che senso ha? Perché un film di Woody Allen deve essere ‘Woody’ style?
L’olimpo degli amanti del cinema mi manderà all’inferno degli ignoranti-di-cinema-di-classe, ma ci arriverò felice se ci sarannò più film come Whatever works.
A.A. (Andrea AmanteDelCinemaDiPocaClasse)