Dove sono? Probabilmente sono altrove, dove lo spirito del tempo è più vivo e pulsante. Istanbul, Mumbai, Pechiino, New York, Sao Paolo… Chissà. E dove l’essenza dell’intellettuale non si riduce ad un giochino di cliché a passeggio e topoi da cartolina per turisti ingrassati, ma in una ricerca del vero. che è oltre la nostalgia per i tempi che furono.
E la tecnologia, in fondo, non c’entra nulla. A meno che non si voglia ritornare a fare gli Scriba sui papiri, per sentirsi più puri, veri ed intellettuali. Che in fondo, Gutenberg, è stato ben più devastante di Internet.
(per la verità, non è infrequente che intellettuali, in genere muniti di regolari consorti o irregolari badanti uzbeko-afghane, si ritrovino in osterìe de charme dell’alta Langa, dell’estremo Ponente ligure o altrove e, sorbendo lenti rossi di territorio ovvero alcoolici a gradazione attendibile, discutano de’ secoli trascorsi: non già in quanto superbi e sciocchi ma così, tanto perché il tempo passi)
Gentili signori,
anzitutto vi ringrazio sentitamente per i commenti, in buona misura dissenzienti quanto basta per affermare che il dibattito può essere particolarmente vivido e frizzante.
Partendo dalle osservazioni di Giovanni, non intendevo affatto mettere in dubbio l’esistenza di roccaforti di intellettuali nelle osterie di località geografiche più o meno disparate (concordando in special modo sulle motivazioni che spingono costoro ad aggregarsi). La mia riflessione era più che altro volta a ragionare sull’unicità di una situazione quale fu quella che si verificò nella Parigi di quegli anni. Cosa che, con tutto il rispetto, ad oggi non pare essersi ripetuta nel Ponente Ligure (a meno che non mi sia perso qualcosa), nelle Langhe, in Versilia o chissà dove altro.
Con questo, rispondendo anche a Franceso (o forse Francesco, mi scuso se sono in errore), non si vuole rimpiangere il passato o qualificarlo come migliore a tutti i costi. Probabilmente, come sempre, spetterà ai posteri l’ardua sentenza, ma come si può non riconoscere la straordinarietà della presenza di tanti e tali geni (di calibro mondiale assoluto) nel raggio di pochi chilometri? Mi ponevo altresì il dubbio se, potendo usufruire di internet e di una chat e senza incontrarsi mai, le cose sarebbero andate allo stesso modo. Magari sì, magari no: in fondo il bello è poterselo domandare e provare a fornire una chiave di lettura.
Le città citate sono meravigliose, l’una più dell’altra, ma ad oggi io resto con la Parigi che fu (e gli stessi intellettuali che ho citato, del resto, furono tremendi viaggiatori e cosmopoliti). E non perché magari sia un cliché trito e ritrito, altrimenti i cliché li potremmo tirare in ballo ovunque e quantunque (sulla possibilità di libero pensiero vigente in India e Cina ci sarebbe lungamente da discutere, ad esempio).
Ammetto, con sincerità e in ultima istanza, di essere magari un po’ di parte e di subire indiscutibilmente il fascino che esercitano, nella loro ricerca del vero, le vicissitudini e gli stati d’animo di quei mostri sacri della scrittura. Ma dopotutto, per chi vorrebbe umilmente tentare di ricalcare almeno un alluce delle loro orme, è poi possibile non subirlo?
ZELDA: Se n’è andato per tutta l’estate e l’inverno da circa cento anni. Non tornerà più a casa con le tasche piene di promesse e il cuore gonfio di nuove speranze. Scott, gli alberghi rumorosi si fanno desolati. Il passo è lento e strascicato. I vini sono deboli: i corni e i violini sono flebili, stasera. Oh Scott. Ho voglia di fare un falò di tutto il presente e di offrirlo al passato. Sullo schermo appare la parola FINE. Il rullo di coda può continuare a scorrere con la scritta seguente “Il 10 marzo 1948, nella cucina dietetica dello Higland Hospital di Asheville, divampò un incendio. Le fiamme salirono su per l’angusto condotto di un montavivande fino al tetto, e si propagarono a tutti i piani. Scale e corridoi si riempirono di fumo. Si vide un paio di calze appese a un filo sotto un portico all’ultimo piano danzare follemente nel vento suscitato dal calore dell’incendio. Perirono molte donne, sei delle quali intrappolate all’ultimo piano. Con loro morì Zelda. Il suo cadavere fu identificato grazie a una pantofola carbonizzata. Erano passati otto anni dalla morte di Scott”.
Dove sono? Probabilmente sono altrove, dove lo spirito del tempo è più vivo e pulsante. Istanbul, Mumbai, Pechiino, New York, Sao Paolo… Chissà. E dove l’essenza dell’intellettuale non si riduce ad un giochino di cliché a passeggio e topoi da cartolina per turisti ingrassati, ma in una ricerca del vero. che è oltre la nostalgia per i tempi che furono.
E la tecnologia, in fondo, non c’entra nulla. A meno che non si voglia ritornare a fare gli Scriba sui papiri, per sentirsi più puri, veri ed intellettuali. Che in fondo, Gutenberg, è stato ben più devastante di Internet.
(per la verità, non è infrequente che intellettuali, in genere muniti di regolari consorti o irregolari badanti uzbeko-afghane, si ritrovino in osterìe de charme dell’alta Langa, dell’estremo Ponente ligure o altrove e, sorbendo lenti rossi di territorio ovvero alcoolici a gradazione attendibile, discutano de’ secoli trascorsi: non già in quanto superbi e sciocchi ma così, tanto perché il tempo passi)
Gentili signori,
anzitutto vi ringrazio sentitamente per i commenti, in buona misura dissenzienti quanto basta per affermare che il dibattito può essere particolarmente vivido e frizzante.
Partendo dalle osservazioni di Giovanni, non intendevo affatto mettere in dubbio l’esistenza di roccaforti di intellettuali nelle osterie di località geografiche più o meno disparate (concordando in special modo sulle motivazioni che spingono costoro ad aggregarsi). La mia riflessione era più che altro volta a ragionare sull’unicità di una situazione quale fu quella che si verificò nella Parigi di quegli anni. Cosa che, con tutto il rispetto, ad oggi non pare essersi ripetuta nel Ponente Ligure (a meno che non mi sia perso qualcosa), nelle Langhe, in Versilia o chissà dove altro.
Con questo, rispondendo anche a Franceso (o forse Francesco, mi scuso se sono in errore), non si vuole rimpiangere il passato o qualificarlo come migliore a tutti i costi. Probabilmente, come sempre, spetterà ai posteri l’ardua sentenza, ma come si può non riconoscere la straordinarietà della presenza di tanti e tali geni (di calibro mondiale assoluto) nel raggio di pochi chilometri? Mi ponevo altresì il dubbio se, potendo usufruire di internet e di una chat e senza incontrarsi mai, le cose sarebbero andate allo stesso modo. Magari sì, magari no: in fondo il bello è poterselo domandare e provare a fornire una chiave di lettura.
Le città citate sono meravigliose, l’una più dell’altra, ma ad oggi io resto con la Parigi che fu (e gli stessi intellettuali che ho citato, del resto, furono tremendi viaggiatori e cosmopoliti). E non perché magari sia un cliché trito e ritrito, altrimenti i cliché li potremmo tirare in ballo ovunque e quantunque (sulla possibilità di libero pensiero vigente in India e Cina ci sarebbe lungamente da discutere, ad esempio).
Ammetto, con sincerità e in ultima istanza, di essere magari un po’ di parte e di subire indiscutibilmente il fascino che esercitano, nella loro ricerca del vero, le vicissitudini e gli stati d’animo di quei mostri sacri della scrittura. Ma dopotutto, per chi vorrebbe umilmente tentare di ricalcare almeno un alluce delle loro orme, è poi possibile non subirlo?
ZELDA: Se n’è andato per tutta l’estate e l’inverno da circa cento anni. Non tornerà più a casa con le tasche piene di promesse e il cuore gonfio di nuove speranze. Scott, gli alberghi rumorosi si fanno desolati. Il passo è lento e strascicato. I vini sono deboli: i corni e i violini sono flebili, stasera. Oh Scott. Ho voglia di fare un falò di tutto il presente e di offrirlo al passato. Sullo schermo appare la parola FINE. Il rullo di coda può continuare a scorrere con la scritta seguente “Il 10 marzo 1948, nella cucina dietetica dello Higland Hospital di Asheville, divampò un incendio. Le fiamme salirono su per l’angusto condotto di un montavivande fino al tetto, e si propagarono a tutti i piani. Scale e corridoi si riempirono di fumo. Si vide un paio di calze appese a un filo sotto un portico all’ultimo piano danzare follemente nel vento suscitato dal calore dell’incendio. Perirono molte donne, sei delle quali intrappolate all’ultimo piano. Con loro morì Zelda. Il suo cadavere fu identificato grazie a una pantofola carbonizzata. Erano passati otto anni dalla morte di Scott”.