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By Antea Brugnoni • 2 Oct 2009 • 10 CommentiAntea Brugnoni Metà siciliana e metà milanese, è cresciuta sulle due sponde del Mediterraneo. In Marocco, in Siria e in Libano ha conosciuto il fascino per il mondo islamico, che la accompagna trasversalmente nei suoi studi. Iscritta sia alla Ludwig Maximillian Universitaet, alla Technische Universitaet a alla Hochschule fuer Musik di Monaco di Baviera, studia matematica, filosofia della scienza e teoria della musica, sperando che il suo percorso la riconduca al di là del mare.
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I tuoi articoli sono i frutti più sublimi del Tamarindo.
Una domanda: il presupposto è che φ è positivo? Il che è da dimostrare, no?
ma secondo Kurt infinito (eternita’) e’ positivo o negativo? e secondo te?
complimenti!
Caro Erik,
l’essere una proprietà positiva non è da dimostrare. E’ una specie di ‘condizione’. Il logico dice: se partiamo dal presupposto di avere delle proprietà positive (che appunto sono tutto e niente, ma questo è il punto di forza di questa dimostrazione), da questo posso derivare la dimostrazione dell’esistenza di un essere che possiede tutte e sole queste proprietà positive. Da qui lla parola ‘capoclasse’, usata da P.Odifreddi nel piccolo volumetto pubblicato in Italia insieme a G.Lolli su questa dimostrazione. Qualunque sia l’insieme di proprietà che selezioniamo, Goedel dimostra l’esistenza di un essere che è il più bravo di tutti e possiede tutte queste proprietà ( e nessuna proprietà fuori dalla nostra scelta).
Ho sentito molto parlare di te,
spero di incontrarti, camminando per i viali di……
Antea
Caro Diego,
non capisco bene la domanda. Kurt Goedel, essendo un logico e un matematico, concepiva un infinito (matematico) positivo e negativo. Dal punto di vista metafisico, non credo che si sia mai occupato di questo tema, o se l’ha fatto temo non abbia lasciato traccia. Potrei sbagliarmi.
Mi spieghi meglio cosa intendi?
Ciao!
Antea
dato che questa somma proprieta’ positiva “e’ “un’entita’ che fa parte del mondo”, non sembrerebbe essere un essere eterno (infinito), bensi’ un “capoclasse” finito ….. (che figata!)
non mi chiedere cosa intendevo prima che non lo so nemmeno io…..
ciao!
Ciao Antea,
Ma che relazione pensi ci sia tra
a) il teorema di Pitagora
b) l’Infinito di Leopardi
c) la guerra in Vietnam
d) il punto: N(∃y) G(y)?
Me lo sono sempre chiesto.
Grazie per la tua gentile risposta - articolo molto interessante!
A presto,
Andrea
Caro Andrea,
questa sì che è una domanda difficile! Ci vorrebbe uno di quegli enormi calcolatori di un tempo, che scienziati pazzi da fumetto di sforzavano di inventare. Vediamo cosa riesco a dirti io:
Pitagora era un uomo saggio e preciso, che fondò una scuola a Crotone. Per Leopardi, che viveva nelle Marche, Crotone rappresentava l\’infinito. A piedi, il viaggio verso la conoscenza è lungo almeno quanto la recanati-crotone e morendo a Napoli ha fatto gran parte della strada (anche se un po\’ a zigzag). In Vietnam gli americani confutano Pitagora, dimostrando che non è tre il numero perfetto, ma due: evidentemente, oltre a essere nella simbologia pitagorica il numero del femminile, è il numero che permette loro di fare litigare tutti. Sembra non abbiano il concetto dell\’infinito e qualche difficoltà anche col punto 4 del tuo quesito (che interpretano come geroglifici). Il punto N(∃y) G(y) è infatti la chiave di volta di tutta questa costruzione. Senza una concezione di armonia superiore, Pitagora non si sarebbe occupato di geometria e Leopardi non sarebbe stato un grande poeta. I vietnamiti inoltre, se avessero preso in considerazione questo punto, si sarebbero fatti manipolare di meno e gli americani non avrebbero avuto una delle sconfitte più clamorose della storia……non avrebbero neanche avuto voglia di riprovarci, forse.
Analisi azzardata? Temo di si. Forse Daria Piacentino, esperta dell\’inifnito leopardiano, può aiutarci. Daria dove sei?
E tu? che relazione pensi ci sia?
Antea
‘There’s no need for any proof,’ answered the professor. In a low voice, his foreign accent vanishing altogether, he began:
‘It’s very simple – early in the morning on the fourteenth of the spring month of Nisan the Procurator of Judaea, Pontius Pilate, in a white cloak lined with blood-red…
So che è un tantino antiquato e fuori moda, ma voglio buttarmi anch’io a capofitto nelle argomentazioni!
Questo è infatti un interessante argomento che ha affascinato filosofi e logici dalla notte dei tempi.
Ma la questione autentica che sottostà all’argomento ontologico di Anselmo d’Aosta
(se Dio esiste deve necessariamente avere ogni perfezione, tra le quali quella dell’esistenza)
è questa: il Logos, oppure in senso laico la logica, è una categoria dell’essere oppure l’essere è
soggetto alla logica?
Il dilemma della logica e dell’esistenza e della gerarchia tra tali “attributi” o categorie aprioristiche ha infatti
spesso superato la dimensione religiosa o laica ed è una delle questioni a mio vedere tutt’ora irrisolte nella
filosofia.
Ipotizziamo tre scenari: uno nel quale la logica è sottomessa all’esistenza, un altro in cui l’esistenza è sottomessa alla Logica e un altro scenario (”panteista”), in cui logica ed esistenza concidono e sono uno.
Scenario 1: logica > esistenza:
Mi spiego meglio: se l’esistenza è in qualche modo sottomessa alla Logica,
ovverosia l’esistenza è una categoria della logica, o un attributo della stessa, l’argomento di Anselmo prima
e di Kurt Godel poi è perfettamente ammissibile. In altri termini, dato che l’esistenza o la non esistenza è una categoria
della logica, se si ammette logicamente un essere che abbia tutte le caratteristiche della perfezione, non potrebbe non avere la caratteristica dell’esistenza, in quanto sottocategoria della logica. Inoltre, è da notare come la “dimostrazione” di Godel non fa riferimento ad una basilare caratteristica, che differenzia il suo “capoclasse” dalla divinità della prova ontologica di Anselmo: la caratteristica dell’infinità, logicamente perfettamente ammissibile e, dunque, necessaria
“per costruzione” nel caso dell’”ipotesi Dio”.
Da notare come paradossalmente questo scenario sia il preferito della diffusa tradizione cristiana, che identifica dopo sant’Agostino e san Tommaso la divinità con il Logos stesso.
Scenario 2: esistenza > logica:
In questo caso, supponiamo che “il capoclasse” (o la divinità per chi crede) sia per definizione superiore alla logica, in quanto egli stesso sua fonte.
Dunque l’esistenza non sarebbe in alcun modo una categoria sottomessa al Logos,ma piuttosto il contrario.
La logica, infatti, potrebbe esistere oppure non esistere, oppure ancora essere differente.
Si potrebbe argomentare che anche l’esistenza o la non esistenza di oggetti è vincolata a delle leggi logiche o matematiche, ma altrettanto facilmente si potrebbe dimostrare che esistono una intera infinità di logiche e matematiche esistenti, che trattano in maniera differente il concetto di esistenza o di non esistenza. Si tratterebbe dunque nel caso della dimensione contingente dell’esser-ci degli oggetti, e non della categoria dell’essenza in generale, e si tratta di due cose ben distinte (l’esser-ci qui ed ora di puri oggetti è infatti una ovvia categoria logica, ma il concetto dell’essenza stessa è assai diverso: l’esser-ci riguarda la configurazione momentanea (e le annesse trasformazioni) della materia in quanto mela, albero, persona o atomi, l’essere o il non essere riguarda la propria esistenza di quella stessa materia o meno, che, come è noto, non può essere creata o distrutta).
A questo punto ci troviamo in una sorta di frontiera: le argomentazioni logiche sull’esistenza o la non esistenza di un essere che abbia tutte le perfezioni.
Se questo essere ha tutte le perfezioni ed è colui che (come in Anselmo) non può essere pensato nulla di più perfetto, si situerebbe per definizione al di là delle categorie della logica, e cioè nelle categorie dell’esistenza o della non esistenza.
(parte 2, scusate la prolissità!)
In altri termini, non avrebbe senso alcuno parlare dell’esistenza o della non esistenza di un essere perfetto all’interno delle categorie logiche, di rango inferiore. Siamo dunque di fronte ad una sistuazione di indicibilità: non si può affermare logicamente se Dio esista oppure no. E, dunque, logicamente sarebbe inammissibile dimostrare una asserzione del tipo: “Dio non esiste”.
E’ altresì interessante notare come tale situazione di indicibilità logica potrebbe venire incontro nell’esplicazione della conciliazione tra libero arbitrio e determinismo, e cioè asserzioni apparentemente paradossali all’interno della logica come “l’uomo è libero di fare ciò che vuole” oppure “il destino di tutti è stabilito da Dio da sempre”, ma perfettamente possibili all’interno di una concezione che vede la divinità come superiore alla logica stessa e dunque in grado di “conciliare” due proposizioni paradossali in virtù di una “logica superiore” per noi inaccessibile in quanto “imprigionati” in una logica di rango inferiore (per definizione, in quanto, come abbiamo assunto:
esistenza/non esistenza = divinità > logica). Analogamente sarebbe, peraltro, superabile un’altra impegnativa questione a proposito dell’assunto della bontà della creazione del Mondo e della natura del male. Si tratterebbe anche in questo caso di asserzioni tra loro paradossali in un contesto logico, ma ammissibili nell’ottica di una logica ulteriore, necessaria per l’ipotesi della divinità.
Infatti, qualora la divinità fosse sottomessa alla logica, allora non si tratterebbe più di una autentica divinità per ipotesi.
Scenario 3: logos ed esistenza sono categorie tra loro di medesimo rango:
Ci troviamo in quest’ultimo caso all’interno del più classico scenario panteista à là Spinoza, in cui
esistenza/non esistenza = Logos = divinità.
Vediamo perché: in questo caso la logica e le categorie di esistenza o non esistenza hanno il medesimo rango. Per ipotesi, anche la divinità non può essere sottomessa anche in questo caso alle categorie di logica o di esistenza o di non esistenza. Dunque, la divinità essendo perfetta non mancherà di racchiudere in se stessa anche le categorie di uguale gerarchia di logica e di esistenza o di non esistenza, come vari aspetti della medesima sostanza. Ci troviamo dunque nella consueta situazione del Dio-natura di Spinoza. In questo caso, esistono due possibilità:
A) La natura è infinita, e dunque il “capoclasse” di cui parla Godel, essendo coincidente con la natura, ha anche lui a disposizione –oltreché la caratteristica dell’esistenza, in quanto cartatteristica positiva per eccellenza- la caratteristica dell’infinità, caratteristica che lo rende simile al tipo di divinità che abbiamo visto effettivamente nello scenario 1.
B) La natura è finita, e dunque, per l’ipotesi di coincidenza tra Dio e natura, anche la divinità lo è. In tale ipotesi la divinità non ha dunque a disposizione la caratteristica dell’infinità, che di fatto lo rende molto simile al “capoclasse” descritto nella confutazione di Godel. E’ però configurabile come dio panteista in quanto in esso coincidono sia le categorie di esistenza che di Logos. Anche in questo caso, dunque, tale essere panteista per definizione dovrebbe avere tutte le caratteristiche positive, e perciò anche quelle dell’esistenza.
Sono dunque, per concludere, possibili tre scenari: uno in cui è effettivamente valido il ragionamento à là Godel e in stile Anselmo, in cui è possibile dimostrare l’esistenza di Dio,
un altro in cui tale dimostrazione non è possibile, ma è analogamente impossibile ogni tipo di confutazione della non esistenza di tale entità, ed un ultimo scenario in cui tale divinità sarebbe una sorta di dio panteista in stile Spinoza.
Insomma, parrebbe che se il mondo è stato effettivamente creato da qualcuno, quel qualcuno è stato molto attento a scegliere un tipo di logica nella quale ognuno è libero di scegliere liberamente ciò in cui credere. Ognuna di queste ipotesi è infatti al suo interno perfettamente logica e coerente, a voi la scelta!