A scuola di religioni  Facebook 

ottobre 20th, 2009  |  Pubblicato in Attualità, Opinioni  |  2 Comments di Rassmea Salah

bambiniSe meno di due secoli fa l’Italia era un Paese di emigrazione verso le Americhe e l’Australia, negli ultimi dieci/quindici anni si è trasformata in un faro per l’immigrazione proveniente dal bacino a sud del Mediterraneo, comportando una drastica trasformazione della società italiana e della sua componente anagrafica.

Basti entrare in una scuola primaria per capire come sarà l’Italia del domani: multietnica, multiculturale e multi religiosa. Figli di africani, cinesi, arabi e latino americani, ciascuno con il proprio bagaglio culturale, le proprie tradizioni, la propria lingua madre e la propria religione. Integrati in un sistema scolastico italiano ed italofoni, ma non assimilati od omologati ad un modello standard di “italianità”.

Se fino a qualche tempo fa nell’immaginario collettivo l’identità culturale italiana era infatti intrinsecamente legata a quella religiosa cattolica, ecco che l’immigrazione (anzi la Seconda Generazione) cambia le carte in tavola. Cittadinanza e religione si scindono, creando nuove combinazioni identitarie che prevedono altre forme di italianità sinora mai viste: nuovi italiani che non frequentano la Chiesa la domenica mattina ma che appartengono invece ad altre confessioni religiose.

Tutto questo ci porta inevitabilmente a confrontarci con la nuova realtà confessionale del nostro Paese che non è più omogeneo e cattolico ma che vanta la presenza di altre minoranze religiosi molto numerose ed attive, i cui fedeli sono spesso sia credenti che praticanti.

Di fronte a tale complessità ci si chiede quale possa essere il ruolo della scuola pubblica nell’accelerare il processo non solo di integrazione dei figli di immigrati ma anche di interazione fra questi ultimi e i loro compagni di classe italiani. Ritengo sia finalmente giunta l’ora di un interscambio alla pari fra nuovi e “vecchi” italiani, di dare ma anche di ricevere dall’Altro qualcosa, un insegnamento, un’esperienza, la conoscenza di una realtà diversa dalla propria. È giunta l’ora di abbattere quelle diffidenze, quelle paure e quei pregiudizi verso l’Altro che sono frutto di una ignoranza colmabile solo attraverso la reciproca conoscenza e il mutuo rispetto.

Per raggiungere questo obiettivo i programmi scolastici si dovrebbero adattare e conformare alla realtà, non certo riservando un’ora alla settimana all’esclusivo insegnamento di una o dell’altra religione, bensì offrendo a tutti gli studenti un corso di storia delle religioni che dia loro gli strumenti culturali per iniziare una reciproca conoscenza, una serena accettazione dell’Altro e delle sue diversità culturali, un concreto dialogo interreligioso che ponga delle basi solide per la stabilità sociale della nostra Italia del futuro.

L’ora di religione, spesso così sottovalutata dagli studenti (che sempre più la considerano “un’ora d’aria”), e dalle istituzioni scolastiche (che non la reputano alla pari delle altre materie, definendola facoltativa e impedendole di far media nelle pagelle) dovrebbe invece diventare obbligatoria per tutti, e dovrebbe, attraverso l’insegnamento di tutte le religioni professate in Italia, offrire un’occasione seria di confronto, di crescita e di dialogo fra quanti un domani si ritroveranno a condividere uno stesso spazio sociale, lavorativo e pubblico.



Related posts:

  1. La crisi della scuola

Nessuna risposta Risposte Risposte

  1. Rocco says:

    ottobre 21st, 2009at %H:%M(#)

    Benvenuta sotto il Tamarindo Rassmea.
    Bello avere con noi anche una nuova italiana. La tua proposta così come formulata è naturalmente giusta e accettabile ma come sai, il diavolo (a proposito di esseri celesti) sta nei dettagli o più precisamente nella formulazione di un dettagliato programma scolastico.
    Le religioni come fenomeno storico? Ovvero la storia dell’Islam appiattita sulla storia della civilità islamica (probabilmente alla fin della fiera sulla storia e il pensiero dei popoli arabi)? Tanto varrebbe lasciare che sia il professore di storia a trattare la materia.
    Le religioni come filosofie? Anche questo un po’ limitativo, basterebbe ampliare il programma di filosofia al di la del canonico San Tommaso e del paragrafo su Avicenna e Averroè.
    Analisi dei testi sacri? Posto che per le religioni “non del libro” saremmo in grave difficoltà anche lasciare che un “laico” spieghi a degli studenti dei testi per l’appunto sacri mi sembra strada irta di difficoltà. Come farebbe un professore a riassumere per i propri studenti il significato del Corano ad esempio senza che questo scateni le legittime ire di coloro che in quella interpretazione non si riconoscono? Come farebbe la Chiesa Cattolica ad accettare che la Bibbia venga spiegata da professori non convinti della storicità della figura di Gesu Cristo? Come farei io ateo ad accettare che mi si presenti come storica la figura di un tizio che cammina sulle acque e sulla cui vita mancano testimonianze storicamente attendibili? Dove trovi una legione di insegnanti preparati ad affrontare in maniera degna materie così complesse quando non riusciamo nemmeno a preparare professori di inglese? Per i cittadini italiani di fede islamica il problema si pone in termini religiosi ma come comportarsi con il pensiero orientale? Senza nemmeno un testo sacro cui riferirsi? Si rischia qualche generica banalità new age…
    Piuttosto che lasciare che lo Stato si infili in questo ginepraio forse tanto vale limitarsi ad una circolare ministeriale che raccomandi ai professori di storia e filosofia una maggiore attenzione alla storia e al pensiero dei popoli extraeuropei (accompagnata naturalmente da dei seri corsi di aggiornamento)
    Storia e cultura dunque, ma si lasci fuori Dio dalle aule scolastiche, per ragioni pratiche prima ancora che ideali.

  2. donMo says:

    ottobre 22nd, 2009at %H:%M(#)

    personalmente sono d’accordo con la proposta di Rassmea, anche se mi rendo conto che i problemi sarebbero do non poco conto, come giustamente anche Rocco mette in evidenza. La cosa migliore da fare credo sia quella di investire sulla formazione delle persone, in questo caso degli insegnanti.
    Sull’argomento segnalo questo articolo uscito un paio di giorni fa e che mi è sembrato illuminante:
    http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa200910/091020melloni.pdf

Scrivi una risposta.


Ultimi commenti
Lista articoli per mese