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Là dove non batte il sole

8 febbraio 2009
Pubblicato in Attualità, Dossier
di William Sbrega

Quando a febbraio 2008 l’ex-sindaco di Catania Scapagnini si dimise, thumb le strade erano buie e gli angoli erano intasati dalla spazzatura perché non c’erano soldi per pagare le bollette della luce e i netturbini erano in sciopero. La città all’ombra del vulcano era sull’orlo del fallimento e i cittadini si chiedevano com’era possibile che quell’amministrazione disastrosa avesse accumulato debiti per circa un miliardo di euro (stimati). Sui giornali nazionali la notizia passò quasi inosservata, pharmacy così come passò inosservata l’elezione del famigerato Scapagnini alla Camera dei deputati. Tutti i 300.000 abitanti, treat esclusi i netturbini che non ricevevano lo stipendio da mesi, si preoccupavano maggiormente delle sorti del Catania Calcio che della politica locale e si preparavano alla consueta torrida estate che ogni anno nasconde tutti i problemi sotto un cumulo di sabbia. E se già gli italiani avevano poco di cui lamentarsi, ancor meno si preoccupavano i colossi bancari mondiali, che bene o male nelle beghe della casta italiana non ci si sono mai infilati. Pochi euro su Napoli (2492 euro di indebitamento per abitante), zero su Catania (3367 euro, quasi fallita), zero su Taranto (3402 euro, fallita). Perché anche le banche, come Cristo, si sono fermate ad Eboli. Perché gli enti locali italiani, e in particolare quelli meridionali, sono molto rischiosi, anche dal punto di vista reputazionale. Pizza, mandolino e mafia, altro che Scandinavia. Eppure…

Eppure, quando ho iniziato a scrivere il mio articolo, il sole era sorto da appena un’ora, in Islanda. Quando lo finirò, sarà già tramontato. Credo che basti questo motivo per non investire anche un solo euro in quella nazione. E non solo.

L’Islanda è un’isola dimenticata da dio e da tutti, situata nell’oceano Atlantico a soli 60 km dal circolo polare artico. Questo è per non farvi confondere con l’Irlanda, dove però, in compenso c’è più freddo, data la mancanza dei vulcani e della corrente del golfo, ben bilanciati dall’ (ab)uso di alcol da parte degli indigeni. Ora tutti penseranno: “ma che dice questo? L’Islanda dev’essere una terra bellissima, affascinante!”. Vabbè… scagli la prima pietra chi è stato in Islanda. In ogni caso non è questa nazione bellissima l’oggetto dei miei insulti. Il numero degli abitanti è più o meno quello di Catania, ma non è l’unica somiglianza: anche la lingua locale è molto simile a quella etnea. Infatti, uno dei proverbi islandesi più famosi, “Margur verður af aurum api” è facilmente comprensibile in Sicilia. Del resto sono entrambe regioni conquistate in passato dai normanni. In più anche Catania ha un vulcano e anche Catania ha il mare. Insomma, una faccia una razza, come direbbe il Turco del film premio oscar “Mediterraneo”.

L’ultima cosa che hanno in comune è il quasi-fallimento, mentre molto meno simile è il motivo che li ha portati a questo. Se mentre per Catania si può parlare di amministrazione incapace, e quindi di cause endogene, in Islanda il fallimento l’ha portato in dono la globalizzazione, come l’aviaria.

Come ogni paese del mondo, la giovane Islanda emette titoli di stato, quindi si indebita, per rifinanziare il debito esistente, per pagare pensioni, sanità e quant’altro. I suoi titoli sono sempre stati considerati molto solvibili e liquidi, specialmente grazie al PIL molto alto (circa 13 miliardi di dollari nel 2006) e per la sua elevata crescita negli ultimi anni. Gli analisti, davanti a un monitor, ma in assenza di una cartina geografica, avevano imparato a conoscere il paese e col tempo avevano iniziato a leggere ogni anno un solo dato: PIL cresciuto del 6%, del 8%, del 5%, ecc… e questo gli bastava. Quando poi si sono accorti anche che, per dare un taglio all’inflazione galoppante e per impedire ai cittadini di indebitarsi in maniera eccessiva, il direttore della Banca centrale Islandese aumentava costantemente i tassi d’interesse di riferimento, hanno deciso di far scattare il giochetto del Carry trade. Il carry trade è l’operazione più semplice e redditizia del mondo, se si è in grado di farla: prendi in prestito denaro in Giappone, dove i tassi sono sempre tra lo 0% e lo 0,5%, e lo investi in paesi come l’Islanda, dove i tassi sono arrivati anche molto vicini al 15%, prima di essere portati al 18% dal FME. Stesso gioco si fa con Nuova Zelanda, Ungheria e Turchia. Soldi facili, insomma.

« Margur verður af aurum api ».

Nel fratempo, il debito dello stato saliva, e saliva anche quello delle uniche 3 banche islandesi, la Glitnir, la Kaphting, la Landsbanki (chissà se Catania ha 3 banche… E soprattutto, se sì, come si chiamano?). Prima del collasso il loro debito ammontava a nove volte il PIL dell’intero paese! Avevano investimenti in tutto il mondo e tutto il mondo aveva investimenti lì. Ma un bel giorno di settembre mi svegliaiiii, il buio della notteeee…. (i nomadi tornano sempre di moda).

La liquidità svanì. Il carry trade? Puffff

La Glitnir fu la prima, a cadere. Una sua emissione andò per metà invenduta e a quel punto erano necessari più di 600 milioni di dollari cash per sopravvivere. Anche perché la corona islandese nel frattempo aveva più che dimezzato il suo valore rispetto alle più importanti valute del mondo. Allora lo stato tentò di nazionalizzarla al 75%, ma l’FME (l’Autorità Finanziaria islandese) lo impedì, perché il governo aveva già un ammontare di debito pubblico in essere superiore al normale. Vi ricordate i 3367 euro di debito per abitante di Catania? Ogni Islandese ne ha ad oggi ben 160.000 a capoccia. Poi venne il momento della Landsbanki e della Kaphting, sommerse da debiti che ormai, data la situazione del settore bancario mondiale, nessuno era più in grado di rifinanziare. Molti di quelli che prima credevano di far soldi facili avevano da tempo abbandonato l’isola. Gli altri, protagonisti di un “Lost” ancora più intrigante e burocratico, erano rimasti con le pive nel sacco. Chi sono? Si presume che le banche tedesche abbiano in mano ben 21 miliardi di dollari di carta provenienti da stato e banche islandesi. Il resto è sparso un po’ per tutto il mondo, perché i rendimenti offerti dalle obbligazioni erano così alti che allettavano anche i singoli risparmiatori.

« Margur verður af aurum api ».

Molti in Islanda non l'hanno presa bene

Tutto finisce lì, con una percentuale e con l’idea di arricchirsi ulteriormente. Non si vedono i ghiacci, non si vede la notte eterna, non si vedono le case vuote. Perché persino il mercato del real estate in Islanda era diventato appetitoso perché i prezzi erano cresciuti del 50% in 3 anni e allora l’obiettivo era divenuto uno: costruire. Senza chiedersi a chi le avrebbero vendute le case, una volta costruite. Chi ci vuole andare in Islanda, a vivere? Persino i vichinghi, arrivati in queste terre, le abbandonarono lasciandoci solo un manipolo di soldati. E da quel momento non ci arrivò poi tanta gente: è una prova il fatto che l’idioma locale sia rimasto pressoché identico al vichingo, senza nessuna contaminazione, e gli islandesi tuttora sono in grado di leggere e comprendere perfettamente, volumi scritti da uomini con le trecce bionde più di 600 anni fa. Non dai Village People, ma dai vichinghi.

Un esempio ? « Margur verður af aurum api ». Che in vichingo, ma anche in islandese, vuol dire « Il denaro rende gli uomini scimmie »

Strano eh? I proverbi sembrano non sbagliare mai. E alla fine, tutte le migliori scimmie del mondo si riunirono in un salotto e grazie ai loro prestiti (ancora???), salvarono l’Islanda intera dal crack. Ancora una volta, enti sovra-nazionali, e in questo caso l’FMI, pagano per salvare un’istituzione dagli errori commessi da alcuni. E gli uomini? I trecentomila islandesi si sono ritrovati in un solo anno a passare da un’aspettativa di crescita per il 2009 del +7,8%, ad un’aspettativa di recessione profonda del -8,6%. Più di 5000 lavoratori hanno perso il loro posto (si tratta dello 0.5% sul totale… come se in un colpo solo in Italia ne venissero licenziati 300,000) e molti altri sono in attesa di perderlo. Molte altre società hanno chiuso i battenti. L’indice di mercato islandese ha perso il 95% in poche settimane, prima di essere bloccato. I risparmi sono svaniti nel nulla. L’FMI ha indebitato ancora di più il paese e i fondi concessi, in un modo o nell’altro, dovranno tornare indietro prima o poi. Poi c’è la crisi politica: a dicembre la polizia islandese ha lanciato lacrimogeni sulla folla che protestava, per la prima volta dopo la manifestazione anti-NATO del ’49. Il governo si è dimesso e il nuovo presidente del consiglio islandese è una lesbica. Poveri islandesi… dopo l’orribile crisi, anche la lesbiche al governo! Meno male che qui c’è il Vaticano che resiste strenuamente… contro il matrimonio tra gay, contro l’eutanasia e contro l’aborto, i 3 grandi demoni dell’epoca moderna. E la crisi? Tranquilli, lo IOR è al sicuro.

Conclusioni:

  • Se Berlusconi si dimettesse, il nuovo presidente del Consiglio probabilmente sarebbe Vladimir Luxuria, o, al massimo, Solange;
  • La globalizzazione del credito è un’arma che si può ritorcere contro chi la mette in pratica;
  • Catania non è poi messa così tanto male, vista così: almeno se lì qualcuno ci ha mangiato sopra, i soldi sono rimasti in città;
  • Quando vedete un tasso d’interesse molto alto su un’obbligazione o su un titolo di stato, non vuol dire che chi l’ha emessa è Babbo Natale, anche se abita vicino al Polo Nord, ma che il rischio che voi non rivediate più quei soldi è dietro la porta;
  • Se proprio volete investire là dove non batte il sole, sappiate che c’è un’azienda quotata in Islanda che proprio adesso sta facendo grandi profitti: si chiama Medis Pharmaceutical Company Ltd, ha gli uffici a Hafnarfjordur in via Reykjavikurvegur 78, e produce vaselina.


8 Responses to “Là dove non batte il sole”

  1. E.B. scrive:

    Evviva l’ironia! Evviva chi ha ancora la forza per esprimerla!

    E.B.

  2. W.S. scrive:

    grazie a dio qualcuno lo capisce ^^

  3. Alessandro scrive:

    Rendere farsa un argomento tragico è una dote che senz’altro possiedi.

    Grazie per i sorrisi,
    Alessandro

  4. Angelo Giulio scrive:

    a parte che d’ironia non ce n’è manco l’ombra, articolo abbastanza interessante. la mia domanda è: quest’estate si può andare in islanda a prezzi ragionevoli?

  5. Andrea scrive:

    Eccome Angelo… Molti miei amici ci sono andati recentemente, tanto poco costa l’Islanda in questo momento… forse hanno più turismo ora di prima?

  6. Angelo Giulio scrive:

    grazie delle informazioni! in effetti il cambio e i costi erano sfavorevolissimi, ma ora che la valuta islandese s’è letteralmente afflosciata quest’isola potrebbe divenire una destinazione abbordabile. per contro penso ci sia un’inflazione a dir poco galoppante…

  7. W.S. scrive:

    “Rendere farsa un argomento tragico è una dote che senz’altro possiedi.

    Grazie per i sorrisi,
    Alessandro”

    Detto così, sembra che abbia le qualità giuste per fare il presidente del consiglio… Vedi Berlusconi con i desaparecidos… altro che Solange!

  8. Glitnir scrive:

    Intanto sia in Islanda che in Irlanda c’è la corrente del golfo e in Irlanda fa molto più caldo che in Islanda. Poi in Islanda non c’è la mafia e non ci sono italiani. Gli islandesi sono un popolo estremamente civile ed evoluto e l’Islanda è piena di risorse naturali. Ce la faranno come ce l’hanno sempre fatta.
    P.S. 1: molto meglio vivere in Islanda che a Catania o Napoli
    P.S. 2: l’Italia guardi sè stessa