Come tutti ricorderanno, there try il Pd ha negato a Grillo la possibilità di iscriversi al partito e di candidarsi alle primarie. Eppure ci perde. Ci perde il partito, perché guardando il “grillismo” fuori dagli schemi e dalle analogie avrebbe avuto modo di approfittare della carica innovatrice di Grillo. Carica innovatrice che non si ferma alle semplici idee, delle quali pure vi è un gran bisogno nel nostro Paese. Ecco il motivo per il quale ci guadagnerebbe anche l’Italia.
Il fenomeno “Beppe Grillo” sicuramente porta alla mente diversi altri avvenimenti della storia politica italiana, quali ad esempio l’Uomo Qualunque, la questione morale di Berlinguer, Bossi che urla “Roma vaffanculo!”. Cercare di tracciare un simile parallelismo, però, oltre che risultare noioso ai più, rischia di rivelarsi solo un inutile esercizio di storia politica. In un’ottica aziendale, se un processo produttivo non aggiunge valore al prodotto, allora significa che è un processo che può essere ridimensionato, eliminato o esternalizzato. Allo stesso modo, ogni tentativo di inquadrare il presente (alquanto deludente) della politica italiana utilizzando schemi ed eventi del passato, qualora questi non possano insegnarci qualcosa di nuovo e darci una visione di quella che potrebbe essere l’evoluzione del fenomeno, rischia di non fornirci gli strumenti per affrontare un tema così complesso.
Inoltre, potrebbe non aver nemmeno senso commentare un fenomeno nato e cresciuto, grazie alle tecnologie dell’informazione, in pochissimi anni (il blog BeppeGrillo.it è stato lanciato solo nel 2005) cercando di inquadrarlo grazie ad eventi avvenuti decenni di anni fa, quando il mondo ragionava e viaggiava molto più lentamente rispetto ad ora.
Il rischio di cercare di tracciare un simile parallelismo è quello di rimanere fossilizzati senza produrre nulla di nuovo e senza guardare avanti o, peggio, di liquidare il fenomeno come riedizione di episodi passati. Cosa che costituirebbe un grave errore.
Il fenomeno Grillo è qualcosa di epocale, perlomeno in un Paese gerontocratico e politicamente ingessato e incapace di innovare come il nostro. Grillo, dietro la sua maschera di urlatore, sta proponendo una nuova politica. Non quella di un Presidente del Consiglio che prima delle ultime elezioni in una trasmissione televisiva (credo Porta a Porta) ha affermato – vado a braccio – “Io ho portato una moralità nuova in politica” (cosa che purtroppo effettivamente ha fatto…). La politica di Grillo è una politica nuova, nel senso che è nuovo l’approccio che vuole dare alla politica. L’informazione riferisce solo di urla e insulti, ma sappiamo bene che ciò che sta dietro alle urla e agli insulti, dei quali è più comodo riferire, sono temi importanti e che toccano da vicino la vita di milioni di cittadini, come il tema dell’acqua pubblica, della raccolta differenziata dei rifiuti, delle energie rinnovabili, ma anche di una moralità (questa sì, nuova) che la politica non vede ormai da generazioni. Sono tutti temi che non ha scoperto il comico genovese: sono temi che sono emersi dal confronto con esperti di livello internazionale e con i cittadini che leggono il blog. La politica proposta da Grillo è quindi una politica partecipativa (non rappresentativa), proprio come gli strumenti cui siamo ormai abituati, come Facebook, My Space, i blog, le pagine wiki. Ciò che ne risulta è quindi una democrazia partecipativa e non solamente rappresentativa (sempreché una democrazia nella quale i parlamentari sono i rappresentanti delle burocrazie partitiche invece che dei cittadini possa definirsi “rappresentativa”, ammesso e non concesso che possa definirsi “democrazia”, ma questo è un altro discorso).
Come dal Web 1.0, nel quale le informazioni e i contenuti fluivano in una sola direzione dai “content provider” (i siti web) agli utenti, si è passati al Web 2.0, nel quale gli utenti sono i produttori di conoscenza (senza filtri), così Grillo propone di passare da una situazione nella quale il cittadino è succube della politica a una situazione nella quale è il cittadino a fare politica. Volendo coniare uno slogan si potrebbe dire che si vuole passare da “lo Stato sono io” a “lo Stato siamo noi”.
Secondo questo nuovo approccio, lo Stato non sarà più appannaggio di lobby legate ai partiti o a questo o quel politico. A fare politica, a controllarla, a stilare l’ordine del giorno sarà la gente comune, i cittadini. Cioè gli “utenti” dello Stato.
Chi sostiene che questo sia impossibile (o pericoloso) non ha ben presente la portata della rivoluzione di internet e del Web 2.0, ovvero una rivoluzione partecipativa che promette di cambiare le regole di come gira il mondo. Lo si sta vedendo in molti campi, dalla finanza (social lending), alla ricerca & sviluppo (Innocentive), al venture capital (Vencorps e Cambrian House), alle reti energetiche. Si sta muovendo qualcosa persino nella politica, come ha mostrato la campagna elettorale di Obama o, molto più in piccolo, le liste civiche sponsorizzate proprio da Grillo.
È una rivoluzione lenta, ma che non può essere fermata, anche se ci stanno provando in molti (si veda ad esempio la legge sull’obbligo di rettifica per i blog). Se i partiti vogliono avere un futuro devono cambiare e inserirsi nel solco tracciato da Grillo. Se non sposano le sue idee su acqua, fonti rinnovabili, inceneritori, sposino almeno il suo approccio alla politica.
In definitiva, quello che Grillo e i suoi stanno facendo è ridefinire le regole del gioco, una mossa che può rivelarsi vincente. Un movimento è già nato informalmente intorno al blog e, secondo quanto riportato proprio sul blog il 9 settembre, il 4 ottobre nascerà ufficialmente il Movimento Nazionale a Cinque Stelle. Grillo e i suoi hanno ancora molta strada davanti, ma quando ce la faranno, cioè una volta che la gente si sarà resa conto di poter parlare a qualcuno che veramente la ascolta, chi sarà rimasto indietro non avrà un futuro.
condivido pienamente, il pd ha sprecato un’ occasione d’ oro, e sè nè pentiranno pultroppo nel pd c’è dà fare i conti con massimo e tra lù e quell’ altro forse và una volta ciascuno