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Ripartire da Rosarno

13 gennaio 2010
Pubblicato in Opinioni
di Carolina Saporiti

What About Us? photo by bfegterI toni come sempre sono alti, pills le dichiarazioni politiche scorrono come fiumi in piena, ma chi in questa vicenda si è preso un attimo per analizzare i fatti e riflettervi? Pochi. Troppo pochi. Però quello che è accaduto per due notti e due giorni a Rosarno merita un altro tipo di attenzione, oltre quello delle polemiche post-incidente. Si tratta di una caccia all’uomo, all’uomo nero, dopo una guerriglia e l’incendio della sua abitazione, se così si può chiamare un ovile diroccato, dove non arriva né acqua, né luce e dove non ci sono i bagni. E dopo gli scontri, gli immigrati, clandestini e non, del paese, sono stati deportati dalla polizia nei centri di accoglienza sull’altro lato della costa della Calabria. Non è il 1943, siamo nel 2010, siamo in Italia, uno Stato certo giovane, ma che non manca di storia, che ha vissuto momenti tragici della storia, da cui ha imparato molto: uno Stato che dovrebbe potersi dire “civile” a testa alta.

Non solo. Nonostante abbia conosciuto il fenomeno dell’immigrazione piuttosto recentemente, la nostra popolazione è sempre stata identificata per la sua ospitalità, ma questa virtù si è alleggerita col passare degli anni. In più, abbiamo da fare i conti con la nostra più grande piaga, la mafia. La ‘ndrangheta è un potere costituito, la più potente delle organizzazioni criminali, che tra le altre “occupazioni” gestisce gli immigrati della Calabria da quindici o vent’anni, destinandoli alla raccolta di arance, mandarini e bergamotti nelle fasulle cooperative agricole e che se ne approfitta trattenendo un pizzo sul loro stipendio di giornata -una manciata di euro per dodici ore di lavoro. Fasulle perché spesso –e non solo a Rosarno e in Calabria, ma anche in Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia e Puglia- all’Inps risultano registrati come braccianti agricoli i disoccupati della piana di Gioia Tauro, ma i veri lavoratori delle terre sono gli immigrati, pagati in nero e, la maggior parte di loro, senza la possibilità di mettersi in regola.

Oltre a chiedersi dov’erano il Governo, il Prefetto, il Questore, il Comandante dei carabinieri e il Governatore della Regione, anzi prima di chiederselo, occorre che ognuno di noi rifletta sul ruolo che gli immigrati hanno nella nostra vita quotidiana e sul fatto innegabile che la forza lavoro costituita dalle loro braccia e dalla loro testa è ormai indispensabile all’economia dell’Italia perché non sono molti gli italiani disposti a raccogliere arance, specialmente per 15 euro al giorno.
Per una volta, invece che colpevolizzare e accusare, bisognerebbe riflettere sul potere che la mafia detiene da quarant’anni in Calabria e che non rovina la vita solo agli immigrati, ma anche, e da più tempo, ai cittadini nativi di Rosarno e dei paesi vicini.



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