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A teatro va di moda il VINTAGE

13 giugno 2011
Pubblicato in Opinioni
di Cristina Carlini

Quando le nuove stagioni non sono poi così nuove, remedy ma forse c’è solo bisogno di ricordare di che pasta siamo fatti.

Il termine “vintage” nella moda sta a indicare quel capo d’abbigliamento d’altri tempi che, and col passare del tempo, hospital ha acquisito un valore per le sue doti di irripetibilità e irriproducibilità perché in epoca contemporanea non si raggiungono i medesimi elevati standard qualitativi: è anche oggetto simbolo e testimonianza dello stile di un’epoca passata, che ha segnato profondamente alcuni tratti iconici di un particolare momento storico della moda, e influenzato la società di riferimento.

E’ quindi certo che a teatro, nelle stagioni 2011/2012, andrà di moda il vintage: in altre parole, le nuove programmazioni sono ricche, forse troppo, di spettacoli di successo, ma già ripetutamente visti, o di testi nuovi (se così possiamo chiamare i grandi drammaturghi classici della storia del teatro) con facce decisamente note.

Un esempio fra tutti: il Piccolo Teatro di Milano. Non perché non lo apprezzi, ma perché è il più noto a voi tutti dei teatri milanesi, e avendo pubblicato la stagione da tempo ho avuto modo di “fare i conti”.
Dei 41 spettacoli già inseriti nel calendario della stagione di prosa, circa 10 sono produzioni già note, riallestimenti o in alcuni casi ospitalità doppie dalla stagione precedente; 22 sono gli spettacoli il cui regista o interprete principale è stato al Piccolo nei due anni precedenti; 15 i testi di autori classici della storia del teatro (Shakespeare e Checov la fanno da padroni); aumentano decisamente invece le produzioni estere, che i comunicati stampa promettono far salire fino a “18 paesi ospitati”.
Un discorso molto simile lo si può fare, in altro ambito, per il Teatro alla Scala, la cui nuova stagione ha accesso ferventi discussioni sui social network fra gli abbonati ed amatori.

Vintage, dunque. Nell’epoca della crisi teatrale, non si può che ammettere che ce lo aspettavamo.
I finanziamenti ridotti portano l’immediato taglio delle nuove produzioni da parte delle compagnie, siano esse piccole o grandi; i teatri sono più felici di ospitare spettacoli già rodati, che magari proprio il loro pubblico aveva già premiato con un tutto esaurito; le nuove produzioni vengono comunque realizzate per “andare sul sicuro”, con nomi noti, testi conosciuti, e magari anche scenografie semplici e pochi protagonisti in scena, che ne abbassino i costi.
Mentre l’estero la fa da padrone, perché che ci piaccia o no, bisogna ammettere che se noi ci siamo fermati, il resto dell’Europa no.

Ed eccola qui, la vittoria un po’ nostalgica del vintage.

Nostalgica, sì, perché questi palcoscenici che sanno di familiare a tutti, sembrano ricordarci davvero un’epoca che non c’è più, in cui sipari rossi vellutati si aprivano per rivelare magie, e atavici spettatori restavano a bocca aperta, ridevano e si commuovevano insieme agli artisti, quei miti intoccabili che ricevevano fiori in camerino e passavano il dopo teatro in splendidi ristoranti ed alberghi. Il vintage è, appunto, sinonimo di eccellenza e qualità.

Quello che vediamo tutti i giorni è invece un sistema in difficoltà, con gli attori che vanno a procacciarsi il pubblico dovunque, le compagnie che fanno i salti mortali per vendere gli spettacoli, i teatri che si lambiccano in promozioni su facebook e si rimpallano video e spot all’ultimo tweet.
C’è la crisi, c’è per il teatro, c’è per l’Italia, e quindi c’è per un pubblico che forse non ha più neanche quei dieci euro della promozione-newsletter-amici-di-facebook-commenta-per-primo-porta-un-amico-ti-prego-vieni-a-vedere-lo-spettacolo.

Sono ottimista. Passeremo un anno a guardare i nostri fasti passati, a leccarci le ferite, e poi ci ricorderemo che proprio il Piccolo Teatro è nato in un tragico dopoguerra, con due ragazzoni intraprendenti che andavano a promuovere i loro spettacoli nelle fabbriche.
E allora dismetteremo i nostri stupendi capi vintage, li chiuderemo con deferenza nell’armadio, ammirandoli di tanto in tanto compiaciuti, e prenderemo la macchina da cucire per farci qualcosa di completamente nuovo, moderno, contemporaneo, con cui stupire il pubblico, ed andare in sfarzosi ristoranti ed hotel la sera. Qualcosa che possa essere, alla prossima crisi, il vintage di qualcun altro.

Si sa, “bisogna che tutto cambi perché tutto resti uguale”.



53 Responses to “A teatro va di moda il VINTAGE”

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