Neanche dieci minuti di lento passeggiare separano due luoghi-simbolo della Roma (e dell’Italia) odierna. Il velluto, find rosso, è predominante in entrambi; seicento posti seduti da una parte, un poco di più dall’altra; maschere e commessi, onorevoli e spettatori. Ma, soprattutto, ciò che rileva è la condizione, precaria e d’emergenza, in cui ambedue questi luoghi si trovano: l’occupazione. Il primo dal 14 giugno 2011, il secondo da lungo tempo…
Il giorno seguente l’esito dei referendum del 12 e 13 giugno 2011, che, tra le altre cose, rendevano manifesta la volontà contraria del popolo italiano alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, un gruppo di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo hanno occupato il Teatro Valle per interrompere con forza e decisione il processo che avrebbe inevitabilmente portato all’affidamento della struttura a un privato, modificandone così irreversibilmente la natura di bene culturale pubblico che ne ha caratterizzato l’attività sin dal 1822 (ma il teatro fu fondato già nel 1727). Difatti, in seguito alla dismissione dell’Ente Teatrale Italiano, il Teatro Valle aveva sospeso la sua attività nel maggio 2011, lasciando presumere un futuro assai triste e incerto per quello che è il più antico teatro di Roma Capitale ancora in attività.
L’occupazione del Teatro Valle ha, di fatto, restituito alla collettività uno spazio culturale libero e vitale. L’attività canonica, ovverosia le rappresentazioni teatrali, ma anche i concerti, il cinema e quant’altro, sono solo una parte del guadagno che i cittadini hanno dalla rimessa in attività del teatro. La parte migliore, più interessante e meno scontata, è l’apertura del teatro, fisica e morale. Quasi tutti i giorni, quasi tutto il giorno (e la sera e la notte), il Teatro Valle apre le sue porte alla città di Roma, ai suoi abitanti e ai suoi visitatori. È uno spazio riconquistato, dove ci si può fermare (per fare qualcosa o, meglio ancora, per non fare niente) e respirare un’aria di ordinata libertà. Le porte sono aperte a tutti, anche a coloro che ignorano o rifiutano l’esistenza di quest’oasi di cultura e di civiltà. Questo fa del Valle un’esperienza unica e vincente. Nessun razzismo né elitarismo. Tante idee, più o meno apprezzabili, ma un solo desiderio: un teatro libero per una città migliore.
Al contrario, alla prima e assai recente occupazione se ne contrappone una seconda e più antica. Anche la Camera dei Deputati, e con essa gran parte delle più rappresentative istituzioni democratiche italiane, è in stato di occupazione, proprio come il Teatro Valle. Se però, da una parte, l’occupazione ha portato libertà e vigore, dall’altra, essa sta soffocando la vita democratica – sociale, culturale ed economica – della Nazione. Tuttavia, non si può cambiare l’attuale miserevole situazione in cui si trova l’Italia, se non tramite le istituzioni che la guidano. Le chiavi della cassaforte, che contiene i mezzi necessari a finalmente stravolgere le ipovedenti politiche degli ultimi decenni, di cui ancora dovremo subire i più velenosi effetti, sono nelle mani del Governo, del Parlamento e delle amministrazioni territoriali. Esse, per parte considerevole, sono presidiate da un manipolo di uomini (e donne) meschini e ignoranti, sotto il controllo dei partiti politici di cui le due caratteristiche appena annotate sono generalmente il tratto distintivo.
I cittadini italiani devono riprendersi le istituzioni. Devono occuparle e rompere la mortale inerzia in cui si trovano. Devono farle rivivere con seria e convinta partecipazione. Devono capirne l’importanza. Un sano governo del Paese, pur con le inevitabili e più o meno gradite coloriture politiche, permette ai suoi cittadini di tornare a produrre beni, servizi, legami sociali e, non da ultimo, cultura. Il Paese non si cambia soltanto partendo dalle scuole, dai musei, dalle chiese, dalle fabbriche o dai teatri, poiché tutti dipendono dalle istituzioni politiche. Al contrario, ciò che abbiamo sotto gli occhi è che la malattia delle nostre istituzioni politiche si sta propagando alle scuole, ai musei, alle chiese, alle fabbriche e, persino, ai teatri.
All’occupazione molesta e deteriore del cuore istituzionale del Paese da parte di un esercito di bricconi, fa da contraltare l’occupazione del Teatro Valle. Difatti, a differenza dei succitati bricconi, gli occupanti del Valle sono ben consci dell’illegalità della loro azione. Essi la caratterizzano come necessaria ma temporanea. La loro azione di forza ha interrotto l’inerzia di un meccanismo che avrebbe portato alla scomparsa del teatro, di cui forse si sarebbe mantenuto solo il ricordo di un nome. Tuttavia, essi vogliono porre fine a questo stato di precarietà e di emergenza, riportando la normalità nella gestione del teatro, rispettandone però la sua storia e la sua valenza culturale (ciò che invece non sarebbe avvenuto senza la loro azione). Difatti, nel gennaio 2012 è stato costituito il Comitato Valle Bene Comune con lo scopo di raccogliere finanziamenti per costituire una fondazione che gestisca il teatro.
La costituenda Fondazione Teatro Valle Bene Comune incorpora per l’appunto il principio di bene comune o commons. Questa apparentemente semplice specificazione nasconde in realtà un raffinato concetto giuridico, che porterebbe a una fondamentale rottura con il modo di concepire le relazioni di proprietà e di godimento di un bene nell’odierna società. Difatti, il bene comune è alternativo al bene privato, così come lo è al bene pubblico. Come, da un lato, l’eccessiva privatizzazione danneggia il benessere della collettività, così, dall’altro lato, lo Stato ha degenerato sino a comportarsi come il più potente e il più avido di tutti i privati. La collettività è rimasta pertanto schiacciata tra l’aggressività senza freni di alcuni privati e l’indifferente tirannia dell’attuale Stato repubblicano. La nozione di bene comune, in cui ai diritti di godimento corrispondono i doveri di mantenimento collettivi, cerca di riequilibrare il sistema e di dare respiro alla vita culturale, sociale ed economica, delle persone.
Dal 14 giugno 2011 a oggi, al Teatro Valle ci sono stati circa un centinaio tra spettacoli, film, concerti, che hanno coinvolto più di un migliaio di artisti e un numero assai considerevole di spettatori. Dalla commedia al balletto, dalla classica al jazz, dal cinema alla danza, dall’Italia e dal resto del mondo, l’offerta culturale del Valle si è formata sullo sforzo di campioni del palcoscenico e della cultura e di decine e decine di giovani artisti che sono e saranno ancora di più in futuro il punto d’onore della cultura italiana, europea e mondiale. Il tutto, a costo zero (o pressappoco) per la collettività. Nonostante questa palese evidenza, l’attuale sindaco di Roma ha recentemente definito l’odierna condizione del Teatro Valle un centro sociale che andrebbe chiuso. Tuttavia, se un’occupazione deve finire subito, non è quella del Teatro Valle, ma quella delle maggiori sedi istituzionali italiane, siano esse il Parlamento o il Campidoglio.
Per aggiornate e approfondite informazioni sulle attività del Teatro Valle Occupato, si può visitare il sito web: www.teatrovalleoccupato.it
“Il 14 giugno 2011 è stato occupato il Teatro Valle di Roma”. Questo l’annuncio che quattro mesi fa inaugura il nuovo corso dello storico teatro settecentesco della Capitale. Lavoratori e lavoratrici dello spettacolo protestano contro la politica culturale dell’attuale governo, che con la Finanziaria varata in agosto cancella l’Ente Teatrale Italiano, chiudendo i rubinetti del finanziamento pubblico. “Questo significa – continuano gli occupanti – che il Teatro Valle rischia di venire affidato a privati che ne tradiscano l’identità di spazio dedicato alla scena contemporanea con respiro internazionale”. Chi immagina barricate e cariche di polizia è, però, fuori strada: la protesta degli attori e di tutti i lavoratori del teatro romano è progettuale, oltre che pacifica. L’intento degli occupanti è, infatti, quello di creare nuovi modelli di gestione, basati sulla libera partecipazione di chiunque voglia contribuire. “Il modello cui pensiamo – dice Ugo Mattei, giurista di fama internazionale e promotore del nuovo statuto del Teatro Valle – è quello dell’assemblea, cui spettano le decisioni sulla gestione artistica. Non ci sarà nessuno che prenderà il sopravvento sugli altri solo perché, magari, ha messo più soldi. Il mio voto vale come quello di tutti gli altri”. Questi i progetti per il futuro.