Il colore degli sceicchi. La diversità vista dagli occhi dei bambini
Pubblicato in Opinioni
di Alice Mariani
Venerdì pomeriggio, sale classe prima di una scuola elementare dell’hinterland milanese. Le vacanze di Pasqua, ambulance finite da poco, sono ancora nell’aria. Dopo due ore di giochi in giardino i bambini non hanno certo voglia di impegnarsi imparando cose nuove, quindi meglio tenerli buoni facendo far loro i compiti per la settimana successiva, anche perché i lavoretti lasciati dal maestro alla supplente sono stati terminati in un batter d’occhio.
Ormai la fine dell’anno è alle porte, e gli argomenti di lingua italiana sono via via sempre più difficili: oggi bisogna saper riconoscere alcuni suoni simili quali scie e sce, compito arduo anche per alcuni madrelingua esperti. I disegni naturalmente aiutano i piccoli, che cercano di completare in fretta le schede per passare poi al momento tanto atteso, la coloritura. Ma c’è un disegno che lascia la maggior parte degli alunni dubbiosi: un signore, vestito con una larga tunica e con un turbante in testa, si trova in mezzo al deserto, con alle spalle un pozzo petrolifero e in mano un sacchetto pieno di monete. Le letterine scritte sono solo “icco”. Con cosa si completerà? Con scie o con sce? Io mi muovo tra i banchi per spiegare ai piccoli esploratori della lingua italiana che quel signore è uno sceicco, e, scandendo il suono della parola, lascio loro indovinare con quale sillaba bisognerà completare la parola.
Nel frattempo mi fermo da uno dei pochi bambini della classe nati all’estero, che, nonostante le difficoltà linguistiche, è molto interessato a scoprire un mondo di parole nuove. Grazie a questa sua caratteristica sta facendo passi da gigante, ottenendo buoni risultati sia durante le lezioni di lingua italiana, frequentate normalmente durante la settimana, sia durante le lezioni di lingua araba, alle quali il piccolo partecipa ogni domenica, con grande orgoglio. Svolgo il mio compito di mediatrice linguistica rispondendo pazientemente alle sue domande cariche di curiosità, ma ad un certo punto un fatto risveglia il mio interesse. Una tra le bambine più brave della classe, discendente da una stirpe di insegnanti di lingua italiana, rivolge una domanda alla supplente: “Maestra, ma di che colore sono gli egiziani?”. Probabilmente, in famiglia le era stato detto che gli uomini vestiti in modo simile al nostro sceicco sono degli egiziani. Attimo di silenzio in tutta la classe, dal momento che è un’informazione che interessa tutti quanti, perché uno sceicco non si vede tutti i giorni passeggiare vestito in quel modo per le strade di un quartiere popolare milanese. La maestra ci riflette un attimo, poi risponde agli occhi impazienti dell’alunna dicendole: “Guarda, il tuo compagno di banco Ibrahim è egiziano, quindi puoi colorare la pelle dello sceicco come la sua”. La bambina rimane sbigottita, fissa per un po’ il compagno, poi risponde: “Ma Ibrahim non è egiziano, è italiano! Parla come me, abita nel palazzo di fianco al mio, eravamo in classe insieme all’asilo! Ha la pelle un po’ più scura della mia solo perché ci sono alcune persone che hanno i capelli biondi e altre che hanno i capelli neri, e così alcune hanno la pelle marroncina, altre la pelle rosa. Ma alla fine lo sceicco lo devo colorare di marroncino?”.
Dopo aver trovato la risposta alla domanda iniziale – gli sceicchi vanno colorati in marroncino – i bambini sono tutti più tranquilli e ritornano a colorare le loro schede.
Ma un quesito resta nella mente di noi adulti: rimarrà tale l’innocenza con cui una bambina di sei anni risponde che il colore della pelle cambia da persona a persona allo stesso modo con cui cambia il colore dei capelli o degli occhi, o i grandi ne influenzeranno il pensiero, continuando a categorizzare ogni essere umano in base all’appartenenza al gruppo italiano o non italiano? Se ciò accadesse, crescendo vedrà anche lei nel suo compagno di giochi Ibrahim un egiziano e non più un italiano? E Ibrahim, che aveva già colorato il suo sceicco di rosa e ha dovuto ripassarlo di marroncino, con gli anni si sentirà più incluso nella società come italiano, essendo nato e cresciuto in Italia, o come egiziano, avendo un nome, una famiglia e un colore della pelle che vengono definiti “diversi”?