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Chiamatela pure felicità

15 novembre 2010
Pubblicato in Segnalazioni
di Chiara Francesca Albanesi

L’avevo scoperto dal vivo, viagra un paio di anni fa più o meno, prostate nel circolo Arci periferico dei miei amici. Mi avevano consigliato di passare a sentire “quello che fa musica buona, ailment e poi sai, la copertina gliel’ha fatta Gipi”. Il primo album, Canzoni da spiaggia deturpata, ha combattuto per mesi con l’interrogativo di chi non capiva che Le luci della centrale elettrica in realtà fossero uno solo. Vasco Brondi, chitarra e voce, il 9 novembre è uscito con il secondo capitolo delle sue parole musicate, Per ora noi la chiameremo felicità, in loop qui attorno a me da un’oretta.

Temevo un cambiamento, contando i giorni che mancavano all’uscita e sbirciando le voci di corridoio sul web, invece è tornato ed è sempre lui. La stessa chitarra con quelle frasi, sature di realtà, montate in modo da riuscire a graffiare anche nei luoghi più comuni. Così triste, così vero, l’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici, del precariato, delle ombre color petrolio, “che a forza di ferirci siamo diventati consanguinei”.

Questa volta le collaborazioni sono tante e la qualità non si spreca: l’illustrazione di Andrea Bruno,  la partecipazione di Stefano Pilia, Rodrigo D’Erasmo ed Enrico Gabrielli. Il secondo video estratto dal disco, dopo Cara Catastrofe girato nel traffico della Tuscolana, è Quando tornerai dall’estero, disegni, animazione, regia e montaggio di Michele Bernardi: una delizia. “Pensavo che era come prepararsi per una manifestazione che non c’è, per affrontare una città silenziosa e deserta, e una giornata qualsiasi ma con una specie di armatura. Che è importante correre, avere freddo ogni tanto, dormire vestiti, saltare i pasti, per fare quello che volete”. Lo commenta così Vasco, presentandolo sul suo sito.

Non si può non affezionarsi all’istante ad ogni brano di questo nuovo lavoro ed eleggerlo a compagno di viaggio, sui mezzi pubblici o sui treni regionali, colonna sonora dei tanti paesaggi pendolari e precari che già sono stati attraversati con quello d’esordio. Un racconto di questi tempi, senza stare a chiamare in causa identificazioni generazionali, somiglianze accese o spente, De André e tutto il resto.



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