Arte Senza Limiti
Pubblicato in Primo Piano, Segnalazioni
di Luigi Galimberti Faussone
La 42° edizione di Art Basel, cialis 15-19 giugno 2011, si è chiusa con più di sessantacinquemila visitatori tra artisti, collezionisti, curatori e, soprattutto, amanti dell’arte contemporanea. Tuttavia, i numeri e la longevità della più importante fiera del settore ne rendono una descrizione solo parziale, i cui punti di forza sono l’ampiezza dell’offerta artistica e la piacevolezza dell’esperienza di visita. La fiera dell’arte di Basilea è facilmente raggiungibile, ben organizzata ed esposta. Se in quei giorni Art Basel è il cuore della città, Basilea e i suoi musei sono tutto tranne che un mero contorno. Dalle collezioni permanenti del Kunstumseum, che mostrano alcune tra le più sorprendenti opere degli artisti esposti (come “Les deux frères” di Picasso del 1906 o la “Melanconia dell’uomo politico” di Giorgio De Chirico del 1913), alle esposizioni temporanee della Fondation Beyeler, come quella dedicata a Brancusi e Serra, visibile fino al 21 agosto 2011, Basilea offre al visitatore d’arte delle salutari, ma per nulla scontate fughe dall’affollamento della fiera.
Ad Art Basel si osserva, si compra e s’impara. Più di trecento le gallerie che esibiscono nella sezione più tradizionale, ma anche più propria della fiera. All’interno vi sono programmi speciali come Art Edition, in cui la riproducibilità dell’opera è la caratteristica privilegiata, spesso per consentire un minore prezzo di vendita al pubblico rispetto all’opera unica con lo scopo di favorirne l’accessibilità (da segnalare la parigina gdm – galerie de multiples). Alle gallerie più giovani è riservato Art Statements, in cui sono stati allestiti solo show di artisti, specificamente progettati e realizzati per l’occasione, come l’eccellente accoppiata Alighiero Boetti — Stefano Arienti della Galleria S.A.L.E.S. di Roma. Numerosi anche gli appuntamenti di discussione e approfondimento nelle tavole rotonde e conferenze di Art Conversations e Art Salon.
Il cuore della manifestazione è tuttavia custodito nell’imponente “Hall 1” che, con oltre diciassettemila metri quadri di spazio espositivo, è l’arena dove si confrontano le opere della sezione di arte pubblica della fiera di Basilea: Art Unlimited. Dei sessantadue progetti accolti, solo show a cura di gallerie private, tre emergono per forma e contenuti. Otto igloo di Mario Merz, ciascuno di diametro di poco più di quattro metri e altezza di due, scandiscono lo spazio di tutta l’esibizione. La tecnica di costruzione e la loro disposizione sono un altissimo raggiungimento nell’arte per l’uso della materia e per il ritmo compositivo. Costruiti semplicemente con un perimetro disegnato con pietre grezze e una struttura di ferri pronta a portare una copertura che non c’è, gli igloo sono disposti a spirale allungata. Quest’opera, dal titolo “74 gradini riappaiono in una crescita di geometria concentrica”, fu realizzata nel 1992 per lo spazio della Galleria Tschudi a Glarus, nella Svizzera tedesca.
In secondo luogo, è “Currents” (1970) di Robert Rauschenberg a emergere con forza dal resto della mostra. Se la sezione Art Galleries peccava forse di un’eccessiva omogeneità di linguaggio, l’opera di Rauschenberg ha reso il confronto tra le opere Art Unlimited ancora più stimolante. Una serie di pannelli per una dimensione totale di circa 18 metri di lunghezza per due di altezza, “Currents” splende nella sua assenza di colore e nella sua uniformità. Un collage di ritagli di giornale — titoli di prima pagina, articoli, pubblicità, ecc. — raccolti per mostrare la realtà del mondo senza filtri. Il 1969, anno di fermento negli Stati Uniti come in molte parti del mondo, viene raccontato tra uno sciopero e una previsione del tempo, uno sconto di supermercato e una protesta contro la guerra. La tecnica è semplice, il linguaggio è immediato e l’attrazione sullo spettatore assicurata.
Nonostante tra i sessantadue progetti selezionati in Art Unlimited vi sia il gotha dell’arte dell’ultimo mezzo secolo — da John Baldessarri ad Anish Kapoor, da Allora & Calzadilla a Dan Flavin — l’opera degli italiani Masbedo (Nicolò Masazza e Jacopo Bedogni) è forse la più contemporanea. “Kreppa Babies” (2010) è un’installazione che si colloca tra video-arte e documentario e raggiunge un ottimo equilibrio nella sua eleganza di forma e chiarezza di significato. Gli effetti della recente e grave crisi finanziaria che ha stravolto l’economia islandese si mescolano alla ribellione della natura contro l’hybris mostrata da un popolo che non può (non deve?) essere nient’altro che la sua terra. La passiva imitazione di modelli estranei, in particolare di quello americano in versione stereotipizzata, ha portato dolore, smarrimento e confusione non appena l’illusione è svanita e la realtà di una terra dura e isolata ha ripreso il fronte del palcoscenico. Questo (e altro) è reso con forza, ma allo stesso tempo con sobrietà. La video-installazione prende forma su cinque schermi (ciascuno con un diverso canale) ed è impavidamente lenta. Ventisette minuti e trentotto secondi costringono il visitatore sopraffatto dalla frenesia di Art Basel a una scelta. Passare oltre e non capire oppure fermarsi, respirare, guardare e pensare. Cosa di meglio può fare un’opera d’arte?
Anche se Art 42 Basel è terminata, l’arte senza limiti di Art Unlimited si può ancora esplorare in giro per l’Italia. Alla Fondazione Merz di Torino, che ha sede in un ex edificio industriale degli anni ’30, una significativa selezione dell’opera di Mario Merz è esposta permanentemente. Rauschenberg, invece, si può vedere fino al 29 luglio presso la sede romana della Gagosian Gallery in compagnia di altri nomi importanti dell’arte degli ultimi sessant’anni (Giacometti, Twombyl, Baselitz, ecc.) in occasione della mostra Made in Italy, che celebra il 150° dell’Unità d’Italia, ricostruendo un moderno Grand Tour. Al momento, infine, non vi sono esibizioni pubbliche dei Masbedo, ma l’attesa non sarà senz’altro lunga…
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