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Università agli antipodi

14 maggio 2008
Pubblicato in Attualità
di Margherita Sacerdoti

Ho da poco finito l’università e sono convinta di aver imparato molto. Da una parte ho arricchito il mio bagaglio culturale generale e dall’altra, buy nella materia di specializzazione, discount ho imparato a considerare nuovi e molteplici punti di vista ed elementi nell’analisi della politica internazionale.

Studiare in Italia è stata una libera scelta perché sono sempre stata convinta della qualità dei professori universitari e dell’insegnamento. Inoltre, per ragioni più personali, ho creduto opportuno ottenere un diploma di laurea italiano per poter accedere ai concorsi pubblici nel nostro Paese. Non ho mai pensato che il nostro sistema educativo fosse perfetto, specialmente dopo un’esperienza di studi maturata all’estero e con un diverso sistema universitario, ho capito che l’università italiana poteva essere migliorata, ma quale sistema educativo non potrebbe esserlo?
Preparare gli esami orali non è semplice, anche perché si è spesso da soli nella fase di studio e molto agitati nella fase di esposizione. Parlare davanti ad un esperto in materia, per mezz’ora, senza poter distrarsi neanche per un momento e sapendo di essere sotto costante giudizio e valutazione da parte di qualcuno che ne sa più di noi nel campo, è stressante e difficile, ma si impara a superare anche questi momenti. Talvolta mi sono domandata quali qualità e abilità si sviluppino in uno studente che viene sottoposto a tale metodo di valutazione. Sicuramente si impara a parlare con persone più autorevoli di noi, anche affrontando argomenti in cui l’interlocutore è più forte. Sicuramente si impara ad esprimersi correttamente e ad utilizzare un linguaggio specifico per ogni materia e tema di discussione.
Allo stesso tempo però non si sviluppano altre abilità, come la scrittura, la ricerca e la capacità di parlare davanti ad un pubblico che non conosce la materia e a cui dobbiamo spiegare in parole semplici e chiare il nostro pensiero. Scrivere soltanto una tesi alla fine del triennio e un’altra alla fine del biennio non è sufficiente. Scrivere è un’arte, certo, ma è possibile apprendere la tecnica attraverso l’esercizio e la costanza. In Italia raramente si ha la possibilità di esprimere la propria opionione durante i corsi all’università. Non esiste la discussione riguardo a specifiche materie, né col professore, né tra gli studenti. Non avendo la possibilità di comporre testi, non è possibile esprimere la propria opinione neanche attraverso la scrittura, e questo è un peccato.

In Australia, dove mi trovo al momento e dove ho avuto la possibilità di parlare con un’amica che si è appena laureata all’università di New South Wales, il sistema universitario è molto diverso dal nostro. Come in tutti i paesi anglosassoni, qui s’impara a scrivere. L’obiettivo principale non è tanto accumulare nuove informazioni, ma imparare ad utilizzare le informazioni di libri e articoli e formare un’opinione personale ben articolata. La differenza tra uno studente sufficiente e uno brillante è che il primo studia, acquisisce nuove informazioni e le ripete, il secondo pensa ed esprime un giudizio e un punto di vista personale e completamente innovativo. Questo lavoro intellettuale non è richiesto solamente nella tesi finale, ma è una qualità che si acquisisce man mano, durante tutto il corso di studi. Gli studenti australiani escono dall’università con delle nuove qualità e con delle capacità di affrontare il lavoro nella maniera richiesta dal mondo lavorativo. Per gli studenti australiani, scrivere, strutturare un testo e rielaborare informazioni non è difficile, è naturale o meglio è diventato naturale. Allo stesso tempo qui, nessuno sa cosa significhi parlare per mezz’ora davanti ad un professore e, quando in Erasmus si trovano a dover affrontare simili situazioni, entrano nel panico.

Nessun sistema educativo è perfetto, ma credo che il migliore sia quello che insegni ad affrontare la vita che ci aspetta dopo l’università. Credo che il migliore sia quello che coinvolge gli studenti nella vita accademica e che li obbliga a pensare individualmente e ad esprimere il proprio pensiero in maniera completa, strutturata, chiara e accurata. È impossibile e inutile sintetizzare un corso intero in mezz’ora di discussione col professore durante un esame, anche perché molto spesso il professore italiano vuole risposte che rispecchiano le opinioni dei libri. Credo che imparare a lavorare in maniera piu accurata richieda una riflessione e rielaborazione delle informazioni apprese più lunghe e affiancate dalla scrittura.
In Italia impariamo tanto al liceo, a scrivere, a parlare, a discutere; studiamo testi e lingue antiche cadute in desuetudine che pochi altri licei al mondo propongono. Purtroppo però l’università lascia gli studenti soli e non s’impegna a preparare i più brillanti per ciò che il futuro richiede. Abbandona gli allievi e non insegna più a scrivere, a ricercare e a parlare in pubblico, sviluppa solo una o poche abilità, e dimentica completamente le altre.



2 Responses to “Università agli antipodi”

  1. Anna Gilbert scrive:

    Cara Margherita,
    sono una studentessa italiana anche io e condivido pienamente la tua opinione riguardante la preparazione che ci fornisce l’università italiana. Non scorderò mai una mia compagna di Erasmus in crisi di panico perchè doveva esporre una tesina di 3 pagine davanti a una classe di 8 persone con tanto di foglio in mano. Era francese, al 3 anno di traduzione e alla sua prima parola in pubblico. Mi ritengo fortunata per aver frequentato una facoltà tutta particolare che pur torchiandomi con 8 ore di lezione al giorno e compiti da consegnare settimanalmente, mi ha permesso di non perdere di vista né verba né scripta. Detto questo, rimango dell’opinione che nulla può l’università se non fornire una base di tecnicismi che poi ognuno si arricchisce personalmente e a proprio gusto. Buon proseguimento e in bocca al lupo per la tua carriera!

  2. cronopio scrive:

    Penso che il “metodo italiano” delle università non sia lo stesso in tutta la penisola. non so qual è stata la tua università italiana ma le differenze tra un polo e l’altro ci sono. io ho studiato a siena e a pisa e l’approccio è diverso anche nella stessa regione. sia dal punto di vista del rapporto insegnante-studente, che nelle università più piccole – o con una tradizione spiccatamente colloquiale – è certamente diverso dai grandi poli con decine di migliaia di iscritti, sia nel metodo di verifica. a pisa ad esempio si usa molto – a volte anche troppo – come metodo d’esame il preparare una tesina di 15-20 pagine o esporre un progetto magari con una presentazione powerpoint. a siena gli esami erano più “classici” anche se spesso si mischiavano i metodi. a volte erano previste prove in itinere e poi orale finale. altre volte la presentazione di seminari. capisco che in un’ottica lavorativa si possa preferire una visione più pratica, ma io al contrario difendo la prospettiva italiana, lasciando all’eccellenza dei nostri professori (che ancora rimangono, anche se dall’alto si sta cercando di smantellare l’università pubblica) la capacità di aggiornare i metodi. anche perchè come metodo di verifica delle conoscenze penso che il colloquio sia ancora la forma migliore. e poi ho paura delle università sottoposte al mondo lavorativo: rischiamo di convincerci d’essere bulloni di una macchina. ciao