Capitolo 1: populismo e rappresentanza
A mio parere ci sono tre cose che un Europeo non potrà mai capire degli Stati Uniti: il burro d’arachidi, diagnosis le regole del football americano e cosa accidenti ci trovino in Sarah Palin.
Le prime due domande sono forse destinate a rimanere senza risposta, alla terza la copertina di Newsweek del 4 Ottobre rispondeva che Sarah Palin piace perché “she is one of the folks” (e poi saggiamente aggiungeva “and that’s the problem”).
Sarah Palin piace perché è una di noi, è una “hokey mom”, versione nordica e cazzuta della soccer mom, la madre di famiglia della middle class americana. Piace perché gli Americani possono identificarsi in lei, nei suoi valori, nella sua famiglia. Ovvero piace perché è mediocre.
Parafrasando la “Fenomenologia di Mike Bongiorno” di Umberto Eco potremmo dire che Sarah Palin “deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lei non si avverte nessuna finzione o costrizione scenica. Sembra quasi che essa si venda per quello che è, e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessun cittadino americano … Nella selezione di Sarah Palin come candidato alla vicepresidenza l’elettore americano ha visto glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti”.
La volontà del popolo americano di identificarsi nei propri rappresentanti non è cosa nuova ne originale. Nel secondo dibattito presidenziale, alla domanda su quali siano i criteri secondo i quali ne caso venisse eletto sceglierebbe il Segretario del Tesoro, il candidato repubblicano John McCain ha risposto: “I think the first criteria would have to be somebody who immediately Americans can identify with”.
Io non ci potevo credere. Il primo criterio con cui verrà scelto l’uomo responsabile della più grande economia del mondo in un momento di crisi gravissima è la possibilità per gli americani (che naturalmente di teoria macroeconomica non sanno assolutamente nulla) di identificarsi con esso. Del resto l’argomento forte della campagna elettorale repubblicana nelle ultime settimane è stata la polemica contro le “élite politiche ed economiche dell’east coast”. Il fatto che il loro partito controlli la Casa Bianca da otto anni sembra non turbarli, le élite di Wall Strett e di Washington sono per definizione liberal, loro sono i paladini della Main Street, per definizione conservatrice.
Il momento più entusiasmante della convention repubblicana di settembre è stato senza dubbio quando Mitt Romney ha attaccato dal palco le elite politiche ed economiche della East Coast, senza apparentemente ricordarsi di essere stato governatore del Massachusetts e di avere un patrimonio stimato in 500 milioni di dollari.
Irridere lo stato maggiore repubblicano è sempre un’attività gratificante ma credo sia utile anche interrogarsi sulle ragioni per le quali questo tipo di retorica populista sia così popolare negli Stati Uniti.
A mio parere la risposta va ricercata nelle origini della democrazia americana. Questo è un Paese che la democrazia l’ha inventata, non vi è arrivato per esaurimento delle alternative. Questo è un popolo che nel governo “of the people, by the people and for the people“ ci crede veramente, non pensa come come Churchill (e in fondo tutti noi) che esso sia “il peggior sistema di governo tranne tutti gli altri che abbiamo provato”.
Per credere nella democrazia però, bisogna credere fermamente anche nella bontà del popolo. Per definizione, il popolo americano ha sempre ragione. L’idea che le élite siano la parte migliore del Paese e che sia loro preciso compito educare il popolo (pensiamo a D’Azeglio che vuole “fare gli Italiani” o a Togliatti che vuole “educare le masse”) è decisamente estranea alla mentalità statunitense. Come aveva già capito Alexis de Toqueville nel 1831, l’America è un Paese ontologicamente populista. Il populismo fa parte della loro concezione della democrazia: una democrazia in cui non solo il figlio di un tassista può diventare professore ma, most importantly, il tassista può discutere da pari a pari con il professore e dargli del cretino. Vox populi vox dei. Il populismo qui, non è considerato un virus che può uccidere la democrazia bensì come il sistema immunitario che protegge “l’eguaglianza delle condizioni”.
Ascoltare McCain e Sarah Palin allora non solo ci spinge a pregare tutti gli dei che i repubblicani perdano le elezioni ma dovrebbe spingerci anche a farci delle domande sul concetto di rappresentanza democratica.
Dovremmo votare chi pensiamo che ci somigli di più così che egli porti in parlamento o al governo i nostri interessi, i nostri valori e le nostre paure? O dovremmo votare i migliori tra noi, coloro che pensiamo abbiano la cultura, l’intelligenza e la preparazione per affrontare al meglio le sfide e i problemi del nostro paese? Nel primo caso c’è il rischio di recedere al concetto di rappresentanza medioevale, la corporazione dei tassisti eleggerebbe un tassista e la corporazione dei professori un professore. Nel secondo caso tanto varrebbe scegliere i nostri governanti con un concorso molto rigoroso come quelli tramite i quali si sceglievano i mandarini nell’Impero Cinese.
Dobbiamo votare chi ha avuto successo nella vita privata perché ciò ne testimonia le capacità? Dobbiamo votare persone che condividono i nostri valori e la nostra visione del mondo? O dobbiamo votare in base a delle precise proposte programmatiche?
Nel dubbio io comunque non credo che voterei mai per Sarah Palin.
penso che l’odio e la denigrazione contro Sarah Palin (che ha superato nei media l’odio per McCain, il chè è tutto dire)comprende anche un pizzico di sessismo; le critiche contro la Palin spesso son dovute ad autentiche stupidaggini, che, più gravi, vengono perdonate all’altro duo; non mi pare che la cultura e l’intelligenza alberghino soltanto nel duo Obama-Biden: è solo vero che B.H.Obama è un parlatore brillante; B.H. Obama, se verrà eletto (ma non credete che sarebbe un novello Jimmy Carter?), lo sarà per merito dei mass media americani e mondiali, che, tutti, hanno scatenato il più grande lavaggio del cervello della storia
onestamente non ti seguo.
odio per sarah palin non credo ce ne sia (non e’ parlando di lei che degli esaltati urlano “kill him”, non e’ lei che viene tacciata di essere amica dei terroristi).
avere dubbi sul fatto che sia qualified a diventare vicepresidente di una nazione in guerra mi sembra invece legittimo. sono per altro dubbi condivisi da buona parte del partito repubblicano.
direi, e qui si torna al tema del mio articolo, che la questione non e’ se sarah palin sia o non sia preparata (perche’ chiaramente non lo e’), la questione e’ se la sua non-preparazione sia un handicap o invece un vantaggio.
Per alcuni il fatto che lei non abbia la piu vaga idea di cosa sia la dottrina bush e’ positivo, indice del fatto che non e’ una politicante di washington bensi’ una figlia del popolo americano.
Su questo si puo’ discutere. Dire che la Palin e’ preparatissima e la colpa e’ dei media che la denigrano e ne ignorano la cultura e l’intelligenza mi sembra invece francamente poco sostenibile.
Il burro d’arachidi è molto diffuso nei Paesi Bassi e anche in Germania e Inghilterra
Bell’articolo Rocco. La riflessione populismo vs elite (Democracy in America vs esami per i mandarini dell’impero cinese) è molto acuta. Tuttavia, credo che il tentativo di connettersi con “l’elettore medio” sia una necessità politica comune a tutte le democrazie, non solo quella americana. E credo che Obama ci sia riuscito con rara capacità politica, di molto superiore al conscio tentativo di Sarah Palin di essere “una di noi” (un po’ alla Calderoli in Italia).
Leggere il tuo pezzo mi ha dato molti spunti per ulteriori riflessioni.
Filippo
unico appunto: sarah palin è il contrario dell\’hockey mom. infatti los amerikanos hanno coniato il termine «hockey dad» proprio in riferimento a todd palin, puro alskiano marito dell\’orrenda, reo di sostituirla in tutte quelle attività…
beleza
gv
unico appunto: sarah palin è il contrario dell’hockey mom. infatti los amerikanos hanno coniato il termine «hockey dad» proprio in riferimento a todd palin, puro alskiano marito dell’orrenda, reo di sostituirla in tutte quelle attività…
beleza
gv
[...] questo senso Obama ha sconfitto il rischio del populismo democratico alla Sarah Palin di cui parla Rocco Polin). Un candidato che parla alla gente da pari a pari e che si prende il tempo per visitare la nonna [...]
Bel articolo. Ammetto spaziare da Mike a Toqueville non è da tutti, ma parti da premesse discutibili… segnalo articolo di ieri di Repubblica, titolo: La Palin affonda McCain nei sondaggi.