A meno di una settimana dalle elezioni più seguite e più influenti del pianeta, cure il candidato democratico Barack Obama sembra aver posto solide fondamenta per un successo elettorale. La vittoria è ormai nell’aria da qualche tempo. Nell’ultima decina di giorni diversi sondaggi condotti in Florida, cialis Ohio, remedy Virginia, North Carolina, Missouri e Indiana hanno indicato una chiara tendenza: questi stati in cui nel 2004 vinse Bush, e che fino ad alcuni mesi fa venivano dati più o meno saldamente in mano repubblicana, sono oggi tutti in bilico, “up for grabs” come si direbbe qui in America. Una vittoria democratica in un paio di essi potrebbe già ribaltare la bilancia elettorale del 2004.
Sebbene sia presto per un’analisi post factum delle elezioni – i sondaggi vanno sempre presi con cautela -, la campagna elettorale condotta da Obama è stata di un’efficacia straordinaria. Vediamo di individuare alcune delle cause che hanno permesso al Junior Senator dell’Illinois di recuperare terreno in stati difficili per i democratici.
In un articolo sul Tamarindo datato 29 settembre, scrissi che la campagna elettorale si sarebbe giocata alla conquista della classe media (una strategia elettorale che collegai all’eredità di Eisenhower). Ebbene, in un solo mese Obama sembra essere riuscito a prevalere nella conquista della middle-class americana. La crisi economica l’ha in qualche modo aiutato, in quanto McCain è sempre apparso out of touch in materia (con un’insistenza quasi sclerotica sul ritornello “abbassiamo le tasse, tagliamo le spese”, quando il paradigma economico si sta spostando sempre di più verso “regulation” e “redistribution”). Obama però ce ne ha messo del suo, con messaggi chiari e uno stile rassicurante e convincente.
Da un mese a questa parte, Obama è anche stato più efficace nella politica estera. In questo campo, l’appoggio di Colin Powell è stato determinante nel rassicurare elettori indipendenti, centristi e repubblicani scontenti. Powell ha sottolineato come il giovane senatore dell’Illinois possegga molte capacità operative e non solo abilità retorica, considerandolo pronto per il ruolo di Commander-in-Chief.
Nel suo endorsement, Powell si è anche compiaciuto di come Obama sia riuscito a parlare a persone molto diverse in tutto il paese (“he could reach across the nation”). La capacità di parlare a un pubblico variegato Obama l’ha dimostrata dall’inizio, con la vittoria nelle primarie dell’Iowa, uno stato popolato da bianchi al 95% (Obama è un politico post-razziale, nella tradizione iniziata dallo stesso Powell e da Condoleeza Rice). Negli ultimi mesi Obama ha migliorato ancora il suo rapporto con l’americano medio. “He is just like you”, ha detto alla folla il democratico Jim Webb in un comizio pro-Obama in Virginia. Obama si è reso popolare, rimanendo però al di sopra degli aspetti grezzi del populismo (in questo senso Obama ha sconfitto il rischio del populismo democratico alla Sarah Palin di cui parla Rocco Polin). Un candidato che parla alla gente da pari a pari e che si prende il tempo per visitare la nonna malata durante la campagna elettorale: “he is one of you”. Semplice come tutti, ma al tempo stesso raffinato come pochi altri politici.
Il sostegno di un crescente numero di giornali e personalità internazionali è un ulteriore segno della forza di Obama. Se il sostegno di Garry Kasparov è uno dei numerosi endorsements planetari come sottolineato da Valentina Clemente, il sostegno del Financial Times arrivato ieri era di certo più inaspettato. “Obama is the better choice”, titolava l’editoriale che procedeva poi a spiegare come per il giornale le capacità di leadership di Obama siano una garanzia maggiore del liberalismo economico di McCain. Impossibile non notare un effetto bandwagon insieme al cambiamento di paradigma nel pensiero economico dominante a cui accennavo prima
Siamo arrivati all’ultima ragione del successo della campagna di Obama. A differenza di molte situazioni passate, la passione e le forze dei giovani si è espressa interamente all’interno del sistema politico. Con un entusiasmo altrettanto intenso — anche se forse meno visibile — di quello che caratterizzava le manifestazioni di protesta della fine degli anni Sessanta, i giovani americani di oggi hanno sostenuto il candidato democratico alla presidenza. Internet ha di certo aiutato questa rivoluzione generazionale della politica americana.
Gli Stati Uniti si trovano a scegliere il loro prossimo presidente in uno dei momenti più difficili della loro storia recente. La battaglia durerà ancora pochi giorni, e Obama deve sperare che nessun evento incontrollabile cambi la situazione attuale a lui favorevole. La sua abilità nel mettersi in contatto con persone di appartenenza etnica e sociale diversa, il suo appeal presso la classe media, il sostegno di personalità influenti sono stati finora alcune ragioni del successo della sua campagna elettorale. Ma il sostegno dei giovani è stata forse la più decisiva. L’altro ieri ho ricevuto un email da un gruppo di studenti che mi invitava a fare campagna per Obama in Virgina per l’ultima settimana prima delle elezioni. L’invito si concludeva con una breve frase: “Let’s make history”. Obama un pezzo di storia americana l’ha già scritta; ed è probabile che sia solo l’incipit di un capitolo molto più lungo.
Complimenti per l’articolo, che ho apprezzato sia per lo stile, sia per il contenuto.
Potresti chiarire il concetto di “politico post-raziale”? È vero che sono stato poco a Washington, D.C., ma la questione razziale all’epoca (2004) la sentii ancora molto forte.
Obama è post-razziale o post-etnico in quanto leader capace di affrontare la questione razziale (che esiste ancora, hai ragione) dall’interno del sistema politico americano. La sua storia personale è densa di “cultural mix”, e finora ha rappresentato un punto di forza della sua candidatura. Mi sembra uno dei casi in cui le storie individuali possono avere effetti sulla società nel suo insieme.
Qui a D.C. le divisioni etniche si sentono ancora, ma mi sembra si stiano riducendo. Resta da vedere come le difficoltà economiche attuali influenzeranno il processo.
Grazie del commento,
Filippo