Nel dicembre 2007, healing una serie di inaspettate dichiarazioni da parte del leader del governo spagnolo, sovaldi Jorge Luis Rodriguez Zapatero, troche a proposito di un presunto sorpasso della penisola iberica su quella italiana in termini di indicatori di PIL pro capite aprirono una nuova fase dei rapporti con Madrid. Quello che nei decenni precedenti era stato considerato un paese partner, iniziò ad essere considerato un paese rivale. In seguito a tali dichiarazioni, l’allora Presidente del Consiglio italiano Romano Prodi fornì una serie di confutazioni dell’efficacia delle rilevazioni dell’istat, basati su panieri di beni dalle caratteristiche ambigue. Ma quello che ci interessa ora non è la contesa su chi sta meno peggio, ma piuttosto il mutamento di atteggiamento tra due paesi storicamente e culturalmente estremamente legati ed amici. Sta nascendo un sentimento di rivalità tra Italia e Spagna? Ha motivo di esistere? Quali effetti può produrre? Analizzeremo in seguito tutti questi aspetti. Avventuriamoci dunque nell’avventura di una “relazione speciale” che ha contribuito a rendere la storia d’Europa così avvincente.
Tralasciamo il pur interessantissimo periodo Romano ed i primi tempi del Cristianesimo, epoche caratterizzate dal fortissimo interscambio tra la provincia iberica e la penisola italica. Iniziamo dunque il nostro viaggio nella storia comune dei due paesi nel periodo gotico, quando sia Spagna che Sicilia si trovarono a fronteggiare la potenza emergente araba. I “Mori” infatti conquistarono sia l’intera Spagna (attorno al 710) che la Sicilia (nell’827). Al termine della vicenda Araba, abbiamo un altro fondamentale passaggio nella sinergia italo-iberica: la scoperta dell’America. La Reconquista dei territori dominati dagli arabi infatti permisero l’acquisizione di immense ricchezze, e dunque il finanziamento di rischiose imprese come ad esempio quella di un coraggioso marinaio genovese che cercava una rotta occidentale verso le Indie. Isabella di Castilla e Ferdinando di Aragona finanziarono il viaggio di Cristoforo Colombo, e tanto bastò per cambiare il mondo ed entrare nell’epoca della modernità.
La dominazione spagnola in Italia si protrasse dal 1523 circa a tutto il regno borbonico delle Due Sicilie. Proprio in questo momento sembra accadere qualcosa di importante per i due paesi. Sia il Regno di Spagna che la futura Italia impattano con violenza il mondo della contemporaneità e della rivoluzione industriale. Entrambe impreparate, le due realtà reagirono in modo assai diverso. In Italia il nord ed in parte il centro accolgono la rivoluzione e iniziano a modernizzarsi, mentre il sud preferisce la strada della difesa dell’ancien régime, della difesa dei signori del latifondo, del brigantinaggio contro lo Stato moderno e, alla lunga, della criminalità organizzata. In Spagna invece la risposta è molto più largamente a favore del latifondo, elemento che gettò le basi per un Novecento di depressione economica per la penisola spagnola. Tuttavia, le conseguenze di tali cambiamenti furono molto simili: un frazionamento molto forte della società, con profonde differenze culturali, economiche e linguistiche.
Con il Novecento, alla “minaccia rossa” entrambi i paesi risposero nello stesso modo, cioè con una dittatura fascista. Mussolini in Italia e Francisco Franco in Spagna salirono al potere. La differenza fu la neutralità della Spagna nella seconda guerra mondiale, che mantenne il generalisimo al potere fino alla sua morte, nel 1975, e permise di mantenere l’unità nazionale anche durante la cosiddetta “transizione” verso la monarchia costituzionale dei Borbone. In Italia invece, la scellerata decisione di entrare in guerra e i tristi e confusi eventi intercorsi tra il 3 e l’8 settembre 1943 portarono ad un trauma ribattezzato da alcuni “morte della patria”.
Il periodo del dopoguerra fu infine caratterizzato – a fasi alterne – da una reciproca “idealizzazione” dell’altro Paese. Durante il Boom economico italiano, la Spagna prese a modello lo sviluppo industriale italiano, e viceversa, durante il recente Boom economico spagnolo, il modello di economia dei servizi iberico fu preso a modello dal nostro Paese.
Ora possiamo tornare alle nostre domande da cui siamo partiti. Considerando tutte le riflessioni sopra esposte e l’ampiezza del patrimonio reciproco, come si può pensare ad una rivalità tra le due sponde del Mediterraneo? L’Italia è un partner essenziale per introdurre la Spagna nelle dinamiche politiche internazionali, e a sua volta l’Italia può giovare dalla presenza di un’altra potenza meridionale nella UE. Forse il peso spagnolo può essere determinante per spostare un po’ verso il basso il baricentro decisionale Europeo. Purtroppo a tale naturale strategica alleanza non è d’aiuto lo scetticismo tra i governi di Zapatero e Berlusconi, di colore politico opposto ma pur legati da una comune matrice socialista e dalla forte attenzione nei confronti della “politica-spettacolo”.
Non resta che sperare che, anche nell’ottica della nascita di una futura Unione Euro-Mediterranea, le opportunità di tale alleanza non sfuggano ai due Paesi. Nel momento il cui il Mediterraneo sta recuperando il suo ruolo di crocevia della storia, è giusto che Italia e Spagna non si facciano trovare impreparate o divise da inutili barriere ideologiche.
Mi pare che riassumendo la collaborazione italo spagnola sia che loro ci hanno portato i borboni e noi gli abbiamo portato il fascismo. Direi che poteva andare meglio.
Maledetti spagnoli, adesso ci superano pure come PIL. Pero va anche detto che il 15% del loro PIL e’ dato da una bolla immobiliare finanziata con il riciclaggio di denaro sproco del narcotraffico sudamericano e della nostra mafia. E il resto da industria tessile e agroalimentare. Dove sono le loro Ferrari? Qual’e la loro Finmeccanica?
E mo ci tocca anche considerarli un partner alla pari in politica estera. Forget it. Ci manca solo che Madrid faccia da junior partner di Parigi per tagliarci completamente fuori dalla politica mediterranea. Se poi i risultati sono tutti come l’Unione Euro Mediterranea c’e da stare allegri. Tanto per cambiare ci tocca sperare nel Roma-Berlino.
PS Volevi un saggio di “rivalita italo spagnola”? di quella piu becera, meno argomentata e piu piena di livore? A parte gli scherzi, credo che di motivazioni per questa rivalita ce ne siano parecchie. Se si parla di superarle in ottica europea (ovvero di fare una vera politica estera comune europea nel mediterraneo) siamo d’accordo, se pero mi proponi di non ostacolare l’ascesa di Madrid come nuovo centro politico in un’intesa euro-mediterranea di tipo intergovernamentale (ovviamente guidata da Parigi) davvero non ti seguo. Non capisco cosa abbiamo da guadagnarci. Ne come europei ne come italiani.
Complimenti, un’analisi veramente disinformata e fuorviante.
Il Regno delle Due Sicilie, a metà dell’Ottocento, era sì un ancien regime (non una dominazione spagnola però: i Re Borboni erano napoletani e siciliani al 100%) ma era contemporaneamente il terzo Stato più industrializzato d’Europa.
Il Nord (o meglio piemontesi, liguri, lombardi, emiliani e toscani), l’unica parte d’Italia che sentiva qualche bisogno di “risorgimentare” (non come sentimento popolare ma elitario) fu uno strumento nelle mani della massoneria internazionale (prevalentemente inglese e francese: le due superpotenze dell’epoca) per azzerare il potere politico dell’Italia: ritardandone lo sviluppo industriale (che dalla Campania fu trasferito nel triangolo industriale del Nord), liberando la rotta mediterranea verso il costituendo Canale di Suez, abbattendo il potere contrattuale italiano sugli zolfi di Sicilia (il petrolio dell’epoca), chiudendo la cattolicità nei confini angusti del Vaticano.
Questo giusto per dare in estrema sintesi il quadro della situazione italiana.
E’ da qui, solo da qui, che si costruisce un’analisi realistica della situazione. Sempre che questo interessi, e non si celebri piuttosto il “potere” svincolato dalla verità, il potere assoluto.
Caro Rocco,
A mio avviso non abbiamo motivo di essere assolutamente spaventati da una ascesa della Spagna.
Anzi, proprio guardando ai fatti pragmaticamente come hai fatto tu, possiamo dirci soddisfatti della crescita
del mercato spagnolo, perchè per via del forte legame con il nostro paese consumano una quantità spropositata
di prodotti italiani (te lo garantisco per esperienza diretta).
Come affermi tu, invece, la Spagna ha puntato in uno sviluppo (rischioso a mio modo di vedere) basato sull\’edilizia,
ma anche su infreastrutture e servizi turistici. In altri termini, non hanno industrie rivali da contrapporci, e perfino
come turismo non ci fanno concorrenza, perchè il target turistico spagnolo (giovani studenti interessati al divertimento)
è ben diverso dal nostro tipo di target (viaggiatori adulti interessati alla storia, cultura e…cucina!).
Riguardo alla penetrazione mafiosa e camorrista in Spagna molto ci sarebbe da dire (ne ha scritto Saviano su El Pais recentemente) e probabilmente lo farò con un altro articolo.
Per quanto riguarda il discorso politico, la differenza è questa: tu parli dello stato di fatto, che purtroppo è ben diverso da quello che dovrebbe essere la condizione ideale.
E poi non dimentichiamoci che stiamo parlando di due paesi differenti, la Spagna ha 48 milioni di abitanti, l\’Italia ormai oltre 60. Non credo che sia realistico parlare di scontro di interessi tra i due paesi.
Se poi mi chiedi se sono favorevole a fare di Barcellona il centro del Mediterraneo, è ovvio che non sono d\’accordo.
Parigi può fare quello che vuole, ma si sa che l\’Unione Euromediterranea è nata grazie anche all\’interesse della Germania che si è dichiarata interessata ad una partecipazione esterna.
Per quanto riguarda l\’interessante nota di Gatano Filangieri, devo dire che la mia analisi parte esattamente dal punto di arrivo della sua analisi. Attorno al 1850 la situazione era esattamente quella. Ma poi cos\’è accaduto? E\’ arrivata la Rivoluzione Industriale dall\’Inghilterra. E come hanno reagito la Spagna, il Regno delle Due Sicilie e le altre parti d\’Italia?
Ritengo che non sia una forzatura ammettere che abbiano reagito in modo assai diverso nei confronti della Rivoluzione Industriale (alcuni ostacolandola e difendendo il latifondo, altri abbracciandola), e che da questo differente comportamento sia scaturito un Novecento dalle diverse prospettive per Spagna e Mezzogiorno da una parte e resto d\’Italia dall\’altra.
Per quanto riguarda la sicilianità o la napoletanità dei Borbone del Regno delle Due Sicile, non lo metto in dubbio.
Ma qui si parlava delle linee di continuità e le analogie storiche tra Italia e Spagna, e i Borbone sono senz\’altro una di queste.
Thomas,
perché dici che tua analisi parte esattamente dal punto di arrivo della mia?
Non è affatto vero e mi svincolo dal tuo abbraccio ecumenista… sottolineando che il Regno delle Due Sicilie – nella persona del suo Re – era per l’appunto “saltato” per primo sul carro della Rivoluzione Industriale inglese e francese, richiamando imprenditori e tecnici da tutta Europa proprio per CONTRASTARE i propri latifondisti, che per astio e ripicca verso i propri concittadini si allearono con la borghesia settentrionale dandosi sudditi ai Savoia.
E anzi, il progresso morale e materiale del Sud è provato anche dal fatto che le fabbriche napoletane garantivano i diritti dei lavoratori molto prima di quanto avrebbero fatto nel resto d’Europa (vietando il lavoro minorile, limitando l’orario di lavoro a max 10 ore giornaliere, accantonamento pensionistico, ecc.).
I Borbone delle Due Sicilie come linea di continuità politica rispetto all’ormai defunto Impero spagnolo? Questo sì. Ma ribadisco che è importante non avere dubbi sull’assoluta italianità di questi regnanti per comprendere la chiave anti-italiana dell’Unità risorgimentale.
Dunque la Nazione italiana dalle Alpi a Lampedusa, se mai deciderà di esistere, dovrà riconoscersi discendente del Regno delle Due Sicilie di Ferdinando II e non certo del Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II. E solo sciogliendo quest’equivoco potrà affrontare e finalmente risolvere i suoi problemi incancreniti di ordine economico (le “questioni” ecc.), criminale (mafia ecc.), sociale (vecchie e nuove emigrazioni) e così via.
Oppure, guarda, c’è un’alternativa al riconoscimento dell’autentico legame di “parentela spirituale”, alternativa decisamente più comoda e apparentemente più efficace (anzi: considerata oggi l’unica efficace): non dirci più Italiani, inventandoci identità fittizie e svincolate dalla Storia come la Padania (soluzione “di destra”) o direttamente diventando qualcos’altro: americani, europei, cittadini del mondo (soluzione “di sinistra”)… il tutto sempre per perseguire – lo ripeto – il potere assoluto, il benessere materiale assoluto, sciolto dalla verità e quindi da Dio.
Ho delle forti perplessità sul fatto che il regno borbonico fosse un esempio di benessere nella fase immediatamente precedente l’unità d’Italia (ma anche per tutta la sua storia, ad essere sinceri). Parlo, ovviamente, di benessere diffuso a tutti gli strati della popolazione. Parlando dello stato delle cose a metà del XIX secolo, sarà anche vero che le casse del Tesoro di Napoli erano piene d’oro, ma le infrastrutture e gli opifici dove stavano? Va bene Napoli, ma tutto il resto del regno?
Dal punto di vista politico, poi, i Borbone hanno dimostrato la loro miopia politica rinunciando a farsi promotori dell’unità del Paese. Regnavano sullo Stato militarmente ed economicamente più solido, ma hanno deciso di restare fermi vuoi per incapacità, vuoi per determinazione a conservare immutata la loro realtà il più a lungo possibile. In chi governa questa è una colpa e di quelle che si pagano pesantemente: nella fattispece trasformando la propria casata in un biglietto scaduto per il futuro del Paese.
Piccola postilla: le leggi sul lavoro minorile ed il trattamento umano dei lavoratori le aveva già introdotte la Serenissima Repubblica di Venezia quando in giro per l’Europa si brucava la gente gridando all’eretico. Ed in tempi come i nostri, nei quali la dignità della cosa pubblica è ridotta ai minimi termini, non è male avere in mente ben vivo un esempio migliore di quello che si può pretendere dallo Stato.
Errata corrige: con somma vergogna correggo l’orrido «fattispece» in fattispecie. Mi cospargo di cenere il capo e mi metto in un angolino pieno di vergogna…
Che incontri stupefacenti che si fanno sotto le generose fronde del tamarindo. Ci mancava solo la reazione borbonica. Sul grado di sviluppo o sottosviluppo dell’Italia meridionale a meta’ 800 si potrebbe discutere, cosi come sui meriti e le mancanze del nostro risorgimento. Temo pero che io e Gaetano mai arriveremo ad una conclusione per il semplice fatto che partiamo da due posizioni ideologiche completamente diverse. Quello che per lui e’ il trionfo di una congiura massonica internazionale (espressione che trovo sempre un po ridicola) e’ per me la vittoria delle forze del progresso liberal democratico contro l’oscurantismo clericale e reazionario. La discussione tra chi identifica la verita con Dio come fai tu nel tuo articolo e chi della verita ha tutt’altro concetto e in Dio non crede risultera’ necessariamente un po difficile pero’ sarebbe interessante se trovassi il tempo di scrivere un’articolo sulla tua visione del Risorgimento e dell’identita’ italiana. Ti prometto che darei battaglia.
Thomas credo che il fatto che Berlino, stanca di pagare per le ambizioni di Parigi, abbia ottenuto di allargare (e annacquare) il progetto di Unione Euro Mediterranea non faccia della Germania una sostenitrice del progetto. Rimango convinto che se vogliamo superare la rivalita’ italo-spagnola, cosi come quella italo-francese, dobbiamo farlo in chiave comunitaria. Se l’approcio e’ quello intergovernativo credo che sia inevitabile che tra i nostri paesi esista una rivalita’ (che poi noi si possa vincere contro gli spagnoli e si sia destinati a perdere contro i francesi e’ un’altra storia).
Per Rocco.
spero di non spaventarti, ma proprio per la fede che ho nel Dio-Verità, non sono affatto sicuro che io e te non arriveremo mai ad una conclusione. E non è questione di “ideologie”…
Un articolo sul Risorgimento? Ne ho già scritto qualcuno, ma ti rimando volentieri ad una bibliografia più approfondita come la seguente:
- ZITARA Nicola, L’Unità d’Italia: nascita di una colonia, Jaca Book, 1971
- ALIANIELLO Carlo – La conquista del Sud – Rusconi ed. 1972
- CIANO Antonio – I Savoia e il massacro del Sud – Grandmelò ed. 1996
- DEL BOCA Lorenzo – Maledetti Savoia – Piemme ed. 1998
- DE SIVO Giacinto – Storia delle Due Sicilie – Brenner ed. 1868
- IZZO Fulvio – I Lager dei Savoia – Controcorrente ed. 1999
- MACK SMITH Denis – Il Risorgimento Italiano – Laterza ed. 1987
- MARTUCCI Roberto – L’invenzione dell’Italia unita – Sansoni ed. 1999
- PAGANO Antonio – Due Sicilie 1830 – 1880, Capone ed. 2002
- PELLICCIARI Angela – L’altro Risorgimento – Piemme ed. 2000
- PETRUSEWICZ Marta – Come il Meridione divenne una Questione – Rubbettino ed. 1998
- ULLOA Pietro – L’unione e non l’unità d’Italia – Monaldi ed. 1867
con qualche nota a margine: Zitara (di estrazione marxista) è attualmente il più importante storico “revisionista” del Sud; il libro di Izzo getta luce su quella che è forse la pagina più vergognosa del risorgimento sabaudo (e sulle gesta eroiche dei soldati dell’esercito delle Due Sicilie, che pur di non giurare fedeltà al nuovo re affrontarno il martirio nei primi lager della storia europea); Alianello fu il primo e più autorevole “anti-risorgimentalista” del Novecento; piemontese come Alianello, Lorenzo Del Boca è il presidente dell’Ordine dei giornalisti italiani ed è una penna molto pungente; Ulloa fu l’ultimo Primo Ministro delle Due Sicilie; De Sivo fu anch’egli accanto agli ultimi Re Borbone, e divenne poi il più importante ed autorevole storico dell’unità d’Italia, vista dalla parte dei vinti; la Pellicciari è un’importante storica cattolica contemporanea.
Forse, tra tutti, il libro di Antonio Pagano è il più utile e schematico, per cominciare ad “addentare l’argomento”.
Per Giacomo:
i Borbone hanno fatto degli errori, come è ovvio, ma incommensurabilmente meno di quelli che ci sono stati tramandati. Biglietto scaduto per il futuro del Paese? Non credo, nei prossimi tempi si sentirà parlare con sempre maggiore insistenza di “reazionari oscurantisti” come me.
Mi scuso con l’autore dell’articolo se continuo a battere su questo che è un evindente «off topic» rispetto al pezzo che dovremmo discutere, ma mi preme fare qualche considerazione.
I. Vedi, il fatto stesso che tu, Gaetano, abbia sentito il bisogno d’etichettare quella che definisci la tua corrente di pensiero come di «reazionari oscurantisti» è significativo. A me, per esempio, non sarebbe venuto in mente.
II. Che la storia non sia particolarmente benigna si sa. Cosa dovrebbe dire il Veneto che da libera Repubblica è stato prima invaso dal Tappo Corso, poi svenduto a casa d’Austria ed infine scambiato come fosse un buono del tesoro tra un imperatore farlocco come Napoleone III ed un regno di carta pesta come quello dell’Italia post unitaria? Però dal rammaricarsi per le ingiustizie della storia al negarla ce ne passa. In fondo io stesso potrei dire che c’abbiamo guadagnato: abbiamo perso la nostra indipendenza ed opere d’arte inestimabili, ma abbiamo ottenuto il codice civile. E dunque, io voglio che il regno delle Due Sicilie fosse un bel Paese, ma era comunque governato da una monarchia tutt’altro che illuminata; credo che solo lo Stato Pontificio fosse più retrivo e codino all’epoca (almeno entro i confini della Penisola) e che dunque potevano anche invadervi i soldati degli Stati Uniti delle Isole Ionie, purché si facesse piazza pulita di governanti che non pensavano al bene del popolo.
II. Vorrei che chiarissimo quali sono i nostri orizzonti di valore. Per me sono quelli delle liberal-democrazie occidentali; se ne sostenessimo altri, non credo che staremmo neppure a parlare in questo momento. È questo il bello della libertà di parola: piace a tutti, anche se la si usa per sostenere il bavaglio!
III. Mi vengono i brividi quando sento parlare d’invasione sabauda. Ma non si ricorda più nessuno la lezione di storia delle elementari? Quella è stata una liberazione! Battuta a parte, credo che una componente di sangue da pagare fosse impossibile da evitare all’epoca (dato che neanche adesso per situazioni meno intricate si riesce a farne a meno). Però un conto è riconoscere che si versò molto, troppo sangue, un conto è parlare d’invasione. Garibaldi non era a capo di truppe di lanzichenecchi a caccia di galline e contadinelle da offendere; era un comandante d’uomini liberi che s’unirono a lui ed ai suoi per concretizzare un progetto storico.
Un ultimo commento, infine, sulla Spagna. Per quanto l’Italia sia mal ridotta e la sua infulenza continui a diminuire ovunque nel mondo, resta il fatto che è comunque più «pesante» della Spagna. Che poi sia opportuno sostenere la cooperazione tra Roma e Madrid è un’altra cosa: in questo sono d’accordo, ma solo se la si profila come attuazione d’una politica europea per il Mediterraneo. In questo caso, però, toccherebbe all’Italia un ruolo da protagonista ed alla Spagna quello di comprimario. Pensi, Thomas, che lo accetterebbe?
Per cercare di tornare in tema, mi pare di poter argomentare che il ruolo di Italia e Spagna sia abbastanza bene
consolidato. Basta osservare quanta fatica è costata a Zapatero elemosinare un posto da esterno non votante (assieme alla piccolissima Olanda) all\’interno dell\’assemblea del G20di Washington per capire quale è la differenza di peso specifico tra i due paesi. Un posto concesso poi da Sarkozy che ha scelto di essere presente come presidente di turno dell\’UE, lasciando sguarnito il posto riservato alla Francia.
Ma la prematura affermazione di Zapatero su un sorpasso sul nostro paese (ancora tutto da dimostrare dato che io nel PIL pro capite vedo ancora una differenza di circa 3000 euro l\’anno, nonostante quello che dicono gli indicatori eurostat) ha suscitato innanzitutto ilarità nei confronti del primo ministro da parte degli stessi iberici, che prendevano in giro il loro leader per avere detto che \”la Spagna ha la finanza piu\’ solida al mondo!\”. Non so a voi, ma a me queste sembrano un po\’ delle Berlusconate…
La mia riflessione si basa su una prevenzione di un ruolo ostile o rivale da parte della Spagna. Perchè avere un paese rivale quando puoi avere un paese alleato in lotte comuni?
Molto di piu\’ sarebbe possibile ottenere stabilendo chiaramente le linee di influenza dei due paesi,e mettendosi d\’accordo su come rendere piu\’ presente il quadrante sud dell\’Unione Europea. Il tutto tenendo ben presente, con rispetto parlando, la differenza di status tra i due paesi. Siamo noi che vediamo la Spagna ben piu\’ insidiosa di quello che sia. In realtà, anche le parole di Zapatero spesso non confermano altro che la presenza di un ben radicato complesso di inferiorità degli spagnoli nei confronti di altri paesi. Non sono parole che vogliono provocare reazioni internazionali, sono parole venate di un leggero populismo rivolte all\’elettorato interno.
Non credo che avere la Spagna rivale o alleata nel mediterraneo dipenda esclusivamente dalla nostra (e loro) buona volonta. I nostri interessi nazionali sono in parte incompatibili. Non sto dicendo che non ci sia spazio per la politica (vedi ad esempio la possibile scelta di delegare a Burxelles la politica mediterranea) ma che questa e’ obbligata ad operare in una situazione data, e la situazione non facilita certo la cooperazione.
Per di piu nel gioco tra noi e la spagna tanto per cambiare c’e’ di mezzo la Francia e noi siamo nella scomoda posizione di mezzo: troppo grandi per non entrare in competizione con la Francia e troppo sfigati per non essere minacciati dalla Spagna. Non e’ un caso che la Francia non abbia problemi ad allargare il G8, unico forum internazionale di un qualche rilevo dove siamo dentro anche noi (nonostante l’opposizione francese dell’epoca, mi pare fosse Giscard d’Estaing).
Comunque le due discussioni che si intrecciano qui sotto mi sembrano interessanti. Non esiste un’identita europea tanto che stiamo qui a discutere di Italia vs Francia vs Spagna ma peggio ancora non esiste nemmeno un’identita italiana tanto che siamo ancora a Savoia vs Borboni vs Serenissima. Stiamo cercando di costruire l’europa senza aver ancora fatto gli Italiani. Aguri.
Per il resto, ca va sans dire, Franza o Spagna purche’ se magna.
Commento censurato dalla redazione perché inequivocabilmente diffamatorio. La redazione ricorda a tutti i lettori che la responsabilità penale è personale: gli autori di commenti diffamatori possono essere perseguiti dalle autorità competenti che sono perfettamente in grado di rintracciarli. Rimuovendo tale commento la redazione tutela inoltre se stessa, in quanto la mancata rimozione la renderebbe perseguibile per negligenza. La redazione coglie l’occasione per ribadire il suo desiderio di ospitare sulle pagine elettroniche del proprio giornale ogni tipo di opinione, purché espressa in toni civili e nel rispetto delle opinioni altrui. A nostro avviso non c’è bisogno di diffamare per dare valore alle proprie argomentazioni, che al contrario così facendo perdono ogni tipo di autorevolezza.
Redazione non si può cancellare quanto sopra? Non bastasse il fatto che è una sbrodolata demenziale senza capo ne coda (e dovrebbe bastare) ci sono pure gli estremi della diffamazione. Da “satantista camorrista pedofila e depravata sessuale” a “bastardo assassino” (questo secondo per altro riferito al Presidente del Consiglio e Cavaliere del Lavoro Onorevole Silvio Berlusconi, Protettore dei terremotati, Principe di Milanello e Duca di Arcore).
Per altro trovo che se la massnoeria italiana smettesse di tramare ai danni dello stato e di andare in giro con dei buffi grembiulini e si desse veramente allo sterminio di tutti i cristiani della terra sarebbe un enorme passo in avanti.
Siete solo dei vermi puzzoni satanisti, e lo diro´, nonche´scrivero´ in tutto il mondo. Voi assassinate, voi ladrate, voi complottate a morte, l ´ottimo post: ” l´omicidio massonico, tuitti se ne accorgono tranne gli inquirenti” e´dedicato a voi. Porro´qs sito, e specie il commento del puzzone lurido Cpadica..oCatone su una denuncia/querela che mandero´a Hernry J Woodcock, il grandioso bastonatore della Massoneria Italiana, e se non bastera´, faro´un casino tale dall´Australia al Niger, dal Cile alla Norvegia, che per il mondo sarete i bastardi satanisti mafiosi killer del web.
Niente di piu´luridamente codardo vi e´, che tappare la bocca, e poi, mentre l´altro ha le mani legate, mettersi a denigrare. Per qs vi portero´in Tribunale al piu´presto, subito. Pagherete caro, pagherete tutto, specie il cesso pieno di colera e Hiv di Cacacaz.ocatoneeime..a
Gennariello Squazzaglione, presso Napulitana Investigations sril di Tottono Cicorione, Quartieri Spagnoli, Naples