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Gianni Colombo: Arte partecipativa e democratica

28 settembre 2009
Pubblicato in Attualità, Dossier, Segnalazioni
di Luigi Galimberti Faussone

sales 1967 ca. (Courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano; Foto Marianne Boutrit)” src=”https://thetamarind.eu/wp-content/files/2009/09/zoomsquares-206×300.jpg” alt=”Progetto per Zoom Squares, 1967 ca. (Courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano; Foto Marianne Boutrit)” width=”206″ height=”300″ />L’opera artistica di Gianni Colombo (Milano, 1937 – Melzo, 1993) è rimasta a lungo negletta, forse ancor più in Italia che all’estero. La retrospettiva in corso al Castello di Rivoli – curata da Carolyn Christov-Bakargiev, facente gli onori di casa e futura direttrice artistica di documenta 13 (Kassel, 2012), e da Marco Scotini, curatore dell’Archivio Gianni Colombo – si propone di porre rimedio a tale grave lacuna e senza dubbio riesce nel suo intento. La mostra copre con più di cento opere la lunga carriera artistica di Colombo, dalle prime ceramiche degli anni Cinquanta, fino a dei modelli per installazioni ambientali dei primi anni Novanta.

L’opera di Colombo risente dell’ambiente artistico milanese degli anni Cinquanta e Sessanta, in cui egli si forma. Molteplici sono le influenze, tra cui il nuclearismo (Enrico Baj) e ancor più lo spazialismo (Lucio Fontana), che egli tuttavia cercherà di superare e porterà all’estremo alcuni elementi distintivi propri di tale corrente. Con la Fondazione del Gruppo T nel 1959 – con Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gabriele Devecchi e, più tardi, Grazia Varisco – ha inizio l’arte cinetica, programmata e ottica, che caratterizzerà tutta la produzione artistica di Colombo, pur con significative evoluzioni. È forte “l’esigenza di rottura degli schemi percettivi” per giungere alla “liberazione dell’uomo dalle abitudini formali acquisite”, come scrisse Umberto Eco nel 1962 in Arte programmata. Arte Cinetica. Opere Moltiplicate. Opera Aperta. L’obiettivo di Colombo è instaurare un rapporto diretto con lo spettatore che è chiamato ad attivare, anche manualmente, i meccanismi che costituiscono le sue opere, portandolo così dall’essere un mero osservatore passivo a diventare partecipe dell’opera. Inoltre, Colombo si dedica alla moltiplicazione dell’opera d’arte rendendola così fruibile da molti. Si tratta, difatti, di un’arte “partecipativa e democratica”, come ha sottolineato la curatrice Carolyn Christov-Bakargiev alla presentazione della mostra.

Gianni Colombo in Spazio elastico, 1967 (Courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano; Foto Eckart Schuster)È nel 1967 che Colombo si affermerà sulla scena internazionale con l’opera Spazio Elastico, che sarà premiata alla XXXVI Biennale di Venezia dell’anno seguente. Non si tratta di un’opera plastica, bensì di “un esperimento attraverso il quale studiare le reazioni di chi accetta di parteciparvi”, come scrive Marcella Benatti in uno dei saggi presenti nel catalogo della mostra. È l’evoluzione dell’uomo e della donna davanti all’opera a interessare in particolar modo Colombo, secondo il quale “la trasformazione più larga possibile di un pubblico di spettatori in un pubblico di tecnici è una delle mete a cui il nostro lavoro aspira”. In seguito, con la fine degli anni Sessanta, Colombo concentra la sua attenzione sull’uso di componenti elettroniche applicate alla creazione di strutture percettive dinamiche, come nell’ambiente Zoom Squares. Tra gli anni Settanta e Ottanta, invece, è la realizzazione di ambienti praticabili a diventare l’oggetto di ricerca privilegiato dell’artista. In questi ambienti, come le Bariestesie e le Topoestesie (1974-1975), la condizione di transito del visitatore costituisce la componente essenziale dell’opera, rimanendo così saldo il principio di arte partecipativa proprio di tutta la produzione artistica di Colombo. La retrospettiva si chiude con diversi modelli d’installazioni ambientali, le Architetture cacogoniometriche, di cui si possono citare alcune tra quelle realizzate, come l’Architettura cacogoniometrica-colonne a Morterone (Lecco) e l’Architettura cacogoniometrica alpina a Bruno Taut al Furkapass (Svizzera).

Gianni Colombo, Bariestesia, 1975 (Courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano; Foto Maria Mulas)A lato della mostra, viene proposta la rassegna cinematografica Gianni Colombo – Spazio Filmico curata da Gianluca e Massimiliano De Serio, che presenta diversi film che hanno influenzato la poetica dell’artista (come, ad esempio, i lavori degli anni Venti di Buster Keaton) o che ne condividono le tematiche (film di Murnau e di Welles, ma anche titoli più recenti come The Hole del “taiwanese” Tsai Ming Liang), in aggiunta ad alcuni film opera dei curatori stessi.

Il catalogo della mostra, a cura di Marcella Beccaria, è pubblicato da Skira (2009, edizione italiana e inglese, 312 pagine, €55). Tra i molteplici meriti di questo volume, v’è soprattutto da segnalare che si tratta della prima classificazione completa delle opere e delle esposizioni di Gianni Colombo, presentandone così la carriera nella sua interezza, dagli esordi degli anni Cinquanta fino alla sua scomparsa nei primi anni Novanta. Diverse le interviste presenti, così come i saggi elaborati dai curatori della mostra (Carolyn Christov-Bakargiev e Marco Scotini), da Marcella Beccaria e da Guy Brett.

Gianni Colombo

16 settembre 2009 – 10 gennaio 2010

Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda di Savoia – 10098 Rivoli (TO)
Tel. 0039 (0)11 9565220 – www.castellodirivoli.org
Orari: mar-giov, 10-17; ven-dom:10-21; lun chiuso.
Biglietto: €6,50 intero, €4,50 ridotto.



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