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Voci di Anime

12 marzo 2011
Pubblicato in Segnalazioni
di Laura Zunica

“Voci di Anime” è un viaggio tra le pagine della Siria, and attraverso i sedici racconti del giovane Shady Hamadi che, cialis come un beduino nel deserto, va alla ricerca delle risposte a domande esistenziali proprie della condizione umana.

Shady, nome noto ai lettori del Tamarindo, utilizza l’espressione letteraria come esplorazione interiore alla scoperta di sé e della sua identità, spaccata in due tra le origini siriane e la società occidentale nella quale è cresciuto. Egli è parte di due mondi agli antipodi e, contemporaneamente, non appartiene fino in fondo a nessuno dei due. Si manifesta così il ritratto di una nuova generazione alla ricerca delle proprie radici e il loro quotidiano incontro-scontro con la realtà, stranieri in ogni terra essendo caratterizzati dalla duplice identità data da un lato dalla terra d’origine e dall’altro da quella in cui sono stati educati e cresciuti.

Le tematiche dominanti di questi racconti vanno dall’amore fraterno al dolore, ontologicamente proprio dell’uomo, spaziando dalla solitudine all’impatto dell’individuo dalla molteplice identità, con una realtà cruda e a tratti indifferente – il tutto in una suggestiva cornice mediorientale.

Il motivo onnipresente del dolore è interpretato in chiavi interessanti dal giovane autore, che usa costantemente l’amore e la riscoperta di valori perduti come unica cura a questo inevitabile malessere: un esempio è la bellezza di una madre patria lontana non per scelta, che porta ad apprezzare questa stessa terra con maggior riguardo. L’amore come rimedio lascia trapelare una recondita speranza di redenzione, e quest’amore, inteso anche come senso di fede, salva il giovane dalla tristezza donandogli la consapevolezza di un domani migliore, terrestre o extraterreno che sia, come indennizzo per le proprie sofferenze, ricordandoci spesso che su questa terra siamo solo di passaggio.

Il senso trascendentale di fede in qualcosa di più grande e il dolore, li ritroviamo nelle immagini della prigione e della schiavitù come metafora della condizione umana: tutti soffriamo, e tutti siamo vittime. Anche i carnefici non sono altro che vittime, di se stessi, e prigionieri delle loro convinzioni e falsità.

Ognuno trova il proprio modo per evadere dal dolore: Asho diventa pazzo in uno degli ultimi racconti, l’autore invece, con un’ottima padronanza della lingua e sfruttando la solitudine come incentivo alla riflessione, lo fa esternando il lato più introspettivo di se stesso, contornato da un’affascinante descrizione di luoghi lontani del medio oriente in cui ci insegna la cultura, le tradizioni, i fascini e i peccati.

Le ombre sono un’immagine poetica e ricorrente, per ovvi motivi d’indagine introspettiva, di cui riassumerei il significato con una riga del libro: “Il giorno mostra solo i corpi, mentre la notte svela le ombre che sono le parti più nascoste di noi”.

Shady, aprendosi in quest’analisi autobiografica, svolge un ruolo importante: nella società odierna, dove la compenetrazione di culture diverse è all’ordine del giorno, questi racconti contribuiscono ad abbattere la paura dell’ignoto suggerendo in sostituzione la scoperta del diverso e la curiosità.



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