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C’era una volta un Re…

28 marzo 2008
Pubblicato in Attualità, Fiori
di Vincenzo Gambini de Vera d'Aragona

Ci sono luoghi che ci affascinano per la loro architettura, altri che ci catturano per le loro bellezze naturali, altri ancora per il calore della gente che vi abita, i costumi, i sapori e le tradizioni. A volte ci capita di sognare vacanze in luoghi remoti alla ricerca di emozioni che provengono da storie e leggende millenarie: ebbene credo di aver trovato un luogo che contenga queste qualità tutte insieme.

Mi è capitato di viaggiare molto e di scoprire civiltà molto diverse tra loro, ma vorrei qui raccontarvi di una Città che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi è stato poi impossibile non amare, anche perché in essa si ritrova tutto quello che in genere si cerca quando si viaggia: una storia millenaria, una quantità infinita di opere d’arte, paesaggi meravigliosi che mettono con le loro bellezze in pace l’anima nello stesso istante in cui ritemprano il corpo, “pau si lipon” ( che scioglie ogni affanno ) per dirla alla greca; una natura rigogliosa e generosa di frutti di ogni tipo e tante tante altre piccole meraviglie che affascinano e seducono rendendo il popolo che ci vive aperto e generoso e quindi simpatico; un luogo dove, come in tanti altri, non mancano le insidie, ma la bellezza di quel popolo e dell’ambiente circostante è tanto più sovrastante da riuscire a far tollerare ogni amarezza.

Uno squarcio di una fontana nel Parco Reale della Reggia di Caserta

In questa meravigliosa Città fino a una generazione fa, al tempo dei nostri nonni per intenderci, c’era Regno con un Suo Re e una Sua bellissima Regina (sorella dell’Imperatrice Sissi) ai quali il popolo era fedelissimo e questo Amore era assolutamente reciproco, tale da identificarsi in una sintesi perfetta tra governati e governanti. Questo convergere di intenti e di sentimenti verso un “idem sentire” fu il terreno ideale sul quale, in quel Regno, fiorirono esempi di architettura, di tecnologie, di industrie e di attenzioni rivolte alla solidarietà sociale: ognuno di essi registrò primati assoluti ed indiscussi ancora oggi e nel mondo intero – basti ricordare la prima nave a vapore del mediterraneo e la prima linea ferroviaria d’Italia. In un’epoca in cui iniziavano ad affermarsi le industrie tessili in Inghilterra, questa meravigliosa Città – già prima che in altri Paesi – vedeva scorrere l’acqua corrente e svilupparsi le famose industrie di San Leucio, che arricchivano con prodotti di elevatissimo pregio i Palazzi Reali e le più importanti residenze aristocratiche d’Europa e del mondo, e l’elenco dei primati potrebbe continuare ancora a lungo.

Reggia di Caserta – Facciata esterna della residenza Reale più Maestosa d’Europa, voluta da S.M. Carlo III di Borbone Re di Napoli e due Sicilie

A questo scenario di progresso tecnologico che dava occupazione a gran parte della popolazione non rurale si affiancavano, ancor prima della rivoluzione francese, leggi all’avanguardia: alcune di esse, per esempio, oltre all’istruzione obbligatoria per tutti, disponevano che la corona si facesse carico di case e arredi per i giovani sposi e le donne non solo erano libere di sposarsi per amore senza l’obbligo della dote, ma avevano anche diritto d’usufrutto in caso di vedovanza. Le migliori famiglie aristocratiche del Regno, inoltre, si prendevano cura di coloro che nella loro vita incontravano la sfortuna economica ospitandoli in un Palazzo, il gigantesco Real Albergo dei Poveri, costruito appunto per loro e la cui architettura ci appare come una Reggia – a sottolineare ancora una volta l’identità tra governati e governanti in un gioco dove tutti erano chiamati a partecipare, nessuno escluso, e dove chi incontrava la sfortuna economica non veniva anche inquadrato come emarginato.

La gran quantità di capolavori d’arte di raffinata bellezza generati dal genio di artisti di fama universale è la testimonianza più tangibile di quanto questa Città, con il più alto numero di riviste, teatri e conservatori, sia stata anche il centro di attrazione culturale d’Europa e del mondo di allora e, insieme a Pompei, meta irrinunciabile del Gran Tour. Gli artisti erano quasi coccolati, la gran parte delle case aristocratiche lasciavano loro le proprie soffitte ed essi ricambiavano generando quel patrimonio unico di inestimabile valore ammirato da tutto il mondo e che oggi arricchisce Chiese, Palazzi e Musei. Insomma un vero e proprio paradiso dove gli artisti, nel loro vivere di poco, vedevano intorno a sé una natura ricca e generosa che non lasciava troppo spazio alle ansie della fame.

Poggio Reale di pesca al Fusaro, anch’essa dello stesso architetto della Reggia di Caserta, Vanvitelli

Il bello della natura diveniva così fonte di altra ricchezza e non solo artistica, perché in questo magico equilibrio armonioso la gente figlia di questa terra non poteva non essere altrettanto generosa. Insomma un circolo virtuoso che attraverso la natura passa per la ricchezza economica e da questa finisce per rifiorire in altra ricchezza artistica, ma sopratutto umana e sociale. E poiché il percorso che qui sintetizziamo dura da millenni, il sedimento positivo nelle genti si è radicato in ciascuno a tal punto da divenire esse stesse richiamo di un benessere oggettivamente riconosciuto. La gente di questa Città è infatti sempre stata vista con dolce e affettuosa simpatia e considerata alle volte un po’ eccentrica, ma sicuramente piacevole. La vivacità dei giovanissimi che anima già con i loro occhi l’ambiente che li circonda senza lasciare scampo alla monotonia; la prontezza dell’umorismo su cui si stabiliscono addirittura dei rapporti di forza, a mo’ di gioco, in un esercizio continuo e senza fine; una carica di ottimismo nella vita che si avvita dentro ognuno di essi come un unico comune denominatore, fanno di questo popolo sicuramente uno dei più piacevoli e simpatici che si possa incontrare.

A questo punto sarà ben chiaro a tutti che stiamo parlando di Napoli e ogni lettore sicuramente si chiederà, basito di fronte al contrasto delle notizie che giungono da lì, dove tanta magnificenza si sia oggi smarrita e cosa vi è accaduto da allora.

Ciò che accadde fu che un bel giorno in quella Capitale quel popolo si accorse che il Re non c’era più e al suo posto ce n’era un altro. Ma il dolore fu scoprire che la propria Città non era più la Capitale ma una città di provincia come tante: tutto accadde per una volontà maturatasi al di fuori di quei confini che giunse imponendosi di fatto senza lasciare a quel popolo, abituato a sentirsi coinvolto e non emarginato, partecipazione alcuna. A tal proposito vale la pena ricordare ai tanti che lo ignorano che a Napoli, nella odierna San Lorenzo, aveva sede il primo Parlamento d’Europa.

Sedili di Napoli

In realtà, pur rimanendo i Palazzi Reali architettonicamente immutati, non si instaurò tra i “nuovi” Sovrani e i “nuovi” sudditi un rapporto di reciproca identità e questo determinò, nell’impossibilità di partecipare a quel nuovo corso della storia, un “morirsi dentro” di quelle genti fino al punto da negare e negarsi ogni ordine perché percepito come “imposto da fuori“. Così, mentre i vincitori scrivevano la “loro” storia, i Re sconfitti, le grandi famiglie aristocratiche del Regno insieme a più di 20 milioni di abitanti abbandonarono la propria terra, i propri ricchissimi Palazzi e le proprie ville, in uno degli esodi più giganteschi che la storia moderna ci ricordi. Alla fine nessuno rimase a guardia della memoria storica dei luoghi con grave perdita per tutti.

In definitiva “mentre la rivoluzione francese decapita i sovrani, qui fu decapitato un popolo intero” etichettato in una superficiale tattica di generalizzazione come “brigante” prima e “mafioso” oggi. Tirando le somme, “i vincitori” finirono per assomigliare a Napoleone dopo la “vittoriosa” conquista di Mosca.

Sala del Trono – Reggia di Caserta

Alla fine di tutto questo ragionamento è quasi superfluo chiedersi cosa sia successo a danno di tanta magnificenza. Una capitale come per noi oggi Londra o Parigi non può vivere se non in depressione un ruolo diverso da quello di capitale e questo è ciò che accadde a Napoli. Quando le ricchissime finanze del Regno divennero bottino di guerra e i nuclei produttivi (“le tante Malpensa” di oggi per intenderci) vennero dismessi, la profonda depressione sfogò inevitabilmente in quella gigantesca emigrazione. La fuga impoverì ulteriormente l’ex Capitale delle migliori energie, inaridì l’attrazione di talenti e intelletti da fuori e produsse in coloro che rimasero un profondo e inarrestabile “morirsi dentro“, per dirla alla spagnola un ” vivir desviviendose“, nel senso che se da un lato la assoluta bellezza continuava a spingere alla vita, dall’altro il contesto e quindi l’anima avvertivano un disagio inconsolabile, lo stesso che traspare anche da quei toni lamentosi di tante e talvolta poco artistiche canzoni che assomigliano un po’ al blues degli schiavi negri del nuovo continente e in netto contrasto con quelle precedenti e allegre ereditate dalla cultura ellenica.

Quella causa scatenante generò quindi in sequenza altri fallimenti. Senza dilungarci oltre in questa veloce analisi storica, in definitiva una classe dirigente valida oggi è totalmente scomparsa. Se ne è sostituita una nuova sempre meno preparata e, man mano che l’emigrazione procedeva inesorabile, sempre più improvvisata e quindi sempre più sensibile ed esposta a ogni tipo di “condizionamento” (si consenta questo eufemismo) di tanti, ormai troppi, pronti a sfruttare senza scrupoli.

Insomma, è mancato sempre più Amore per questa Terra e la sovrapposizione di problemi, non trovando una classe dirigente in grado di risolverli, sedimentandosi ha generato le conseguenze a cui assistiamo noi oggi da ogni parte del mondo, sbigottiti e impotenti.

Cosa fare, allora. Innanzitutto, tenendo in considerazione il grande arretrato accumulato nel corso del tempo, anche le scelte migliori produrranno i propri frutti nel lungo termine. Ma il punto di partenza da cui discende ogni giusta azione a vantaggio di questa Capitale, delle sue genti e dei suoi territori è, a mio avviso, l’Amore urgente che ciascuno di noi deve provare per essa.

In una democrazia l’amministrazione e il governo di un popolo appartengono a tutti, ma se gli stessi non si ritrovano in un patto sociale fondato sull’imprescindibile Amore per la propria Terra, alla fine sarà inutile aspettarsi che l’amministrazione che andranno a esprimere sia efficiente e vantaggiosa.

E’, questa, la condizione imprescindibile, il punto zero da cui partire; l’unico terreno dove poter vedere di nuovo fiorire primati; il nutrimento migliore per valorizzare i migliori talenti e l’antidoto più efficace per neutralizzare i peggiori; la premessa dove ritrovare la serenità di un popolo; l’unico baluardo contro chi si presenta in contrasto con gli interessi di questa Capitale; l’unica condizione da cui possa rifiorire quella seduzione che animava quel flusso culturale e intellettuale da ogni dove.

Allora nell’ammirare la magnificenza della Reggia più maestosa d’Europa o la raffinata eleganza del chiostro maiolicato di Santa Chiara c’è da chiedersi quale contributo ciascuno di noi possa dare.

Nel proprio piccolo, se ciascuno di noi dedicasse con il cuore una sola ora a questa Capitale già si sarebbe ottenuto un primo enorme contributo immediato. Facciamo conoscere questi luoghi: organizziamo per una volta, anziché in Madagascar o in Messico, una bella vacanza in barca a vela tra le perle di Ischia, Procida, Capri, Sorrento, Amalfi, Pompei; tuffiamoci in un tour tra i plurimillenari decumani lasciandoci cullare dalla storia e dai ricchi e unici capolavori d’arte e architettura; regaliamoci una visita negli incredibili scavi di Pompei ed Ercolano; troviamo il coraggio di superare i luoghi comuni e decidere di trasformarci in sentinelle trovandoci, addirittura, una casa in Napoli o lungo le sue meravigliose coste.

Se questo può sembrare poca cosa, in realtà nel suo complesso, nella somma delle nostre singole iniziative diviene un contributo gigantesco per quei territori oltre che per il nostro benessere, un “diluvio d’Amore” che, in questa coincidenza di intenti e di reciproci vantaggi, disegni la strada da seguire, guida nelle scelte più opportune, spazzando via tutto il superfluo.

Se anche gli imprenditori aderissero all’invito mostrando più coraggio nel riscoprire Napoli come una risorsa – e non più come una terra di conquista per le sue sterminate ricchezze, piantate nel cuore del Mediterraneo, oltre che per una enorme quantità di giovane manodopera – all’Europa e all’Italia non resterebbe che il compito amministrativo insostituibile di garantire infrastrutture moderne ed efficienti.

A tutti quindi un invito, ma ai Napoletani in particolare e alle genti di quell’antico Regno aggiungerei l’imperativo a irrobustire, da ogni parte del mondo, l’orgoglio di sentirsi appartenenti a un glorioso passato; il dovere quindi di conoscere e di far conoscere la Città non attraverso la sua superficiale immagine folcloristica o le stereotipate canzonette, ma attraverso il consolidamento e la cura della propria memoria storica e quindi dei monumenti e dei luoghi per i quali tanti sacrificarono addirittura la propria vita; rivendicando a sé il diritto di monitorare gli eventi locali seguendoli anche dall’estero come tanti angeli custodi, se non addirittura partecipandovi direttamente in prima persona. I mali gravissimi di questa meravigliosa Capitale si scioglieranno come neve al sole sorprendendo tutti, ancora una volta, con le sue incredibili capacità di recupero.

Poiché questo articolo è stato scritto durante i giorni della Santa Pasqua 2008, sarebbe bello associare questa Capitale, a mo’ di augurio, all’immagine della Resurrezione.

Appuntamento a tutti quindi nella più bella Città del mondo, Napoli.



11 Responses to “C’era una volta un Re…”

  1. Anna Gilbert scrive:

    Innanzitutto complimenti per l’articolo molto poetico e sentito.
    Scrivo perchè lavoro come agente booking di un Tour Operator che ha sempre lavorato moltissimo sulla zona della Costiera Amalfitana e di Ischia. Effettivamente l’azienda propone un sacco di tour nella zona, le settimane termali ad Ischia sono sempre state un punto forte come anche il mercatino di Sapccanapoli a Natale… eppure le prenotazioni per la prossima stagione sono tragiche, diminuite di oltre il 50%. Purtroppo la realtà sbandierata in tv spaventa e chi parte con la voglia di andare in villegiatura, purtroppo, non pensa ad aiutare la popolazione locale.
    Se non ricordo male, quando ci fu lo tzunami, però, in molti corseso a cogliere l’occasione d’oro di una vacaza tropicale.
    Non so, credo che ci sia il pregiudizio (fondato o meno non lo so, ma nessuno si merita di vivere in quelle condizioni) che Monnezzopoli sia anche un po’ colpa della gente comune.
    Come sempre stabilire se la stampa abbia speculato o fatto il suo dovere con le immagini terrificanti delle discariche in città, è cosa ardua.
    Forse, però, è giunta l’ora di smettere di dire che i rifiuti sono un problema napoletano e di ammettere che sono un problema italiano, che gli Italiani sono chiamati a risolvere o, perlomeno, ad arginare.

  2. Marie-Isabelle Corradi scrive:

    Bellissimo articolo pieno di cenni storici veramente pertinenti!

    Ho vissuto anche io a Napoli per un’estate, mentre lavoravo al Museo Duca di Martina alla Floridiana e ho potuto ammirare il patrimonio artistico-culturale di questa città sia materiale che immateriale, a cui i Napoletani sono legatissimi, forse più che in altre regioni d’Italia.

    Fra l’altro riguardo ai cenni storici, vorrei ricordare la famosa frase “Amore mio uccidi Garibaldi!”, tanto sentita negli animi dei Napoletani del secolo scorso.

    Viene da sorridere nostalgicamente quando perfino i taxisti di Napoli fra una chiacchiera e l’altra ancora oggi vi confessano, “Si stava meglio sotto ai Borboni!”

  3. G scrive:

    Bellissimo articolo!
    complimenti!

  4. gQ scrive:

    non inizino i giochetti! g sono io! non quello sopra! malefici blogger, sfruttate il kaos del web. votantonio votantonio votantonio

  5. Guicciardo scrive:

    Caro Vincenzo, che bello leggere il tuo meraviglioso articolo, che risveglia dall’oblio i fasti del passato e le gioie che ancora oggi può dare Napoli.
    In un periodo in cui non si fa altro che tingere questa città di fosche tinte…fonte di ogni immagine negativa dell’Italia all’estero, senza mai proporre qualcosa, manifestando solo lamentele. Far critica, non costruttiva, che non analizza, non studia un problema è semplice , ancor più facile seguire l’onda delle critiche.
    Ben altra cosa è proporre idee e nuovo entusiasmo, come hai fatto tu.
    Grazie!
    Napoli è una città meravigliosa. Ogni volta che ne parlo vengo preso per nostalgico,romantico o eccentrico.Mi si risponde: è pericolosa, sporca, rumorosa.
    Cerco sempre di trasmettere nei dubbiosi l’atmosfera che si respira, palazzi, arte e soprattutto energia , euforia, visi, espressioni, battute che solo a Napoli si vedono e si sentono.
    Un amico nella sua casa a Posillipo conserva un quadro davvero speciale, che custodisce con particolare cura, situato sul lato della casa che da verso la Capitale.
    Si tratta di una finesta, incorniciata, da cui si può godere ‘il quadro più bello del mondo’,ossia la magnifica vista di Napoli e del Vesuvio sullo sfondo.
    Ma questo non è che uno, il più famoso di un’infinità di quadri, scatti, profumi, voci, suoni, colori, diversità,contrasti, magnificenza, decadenza, povertà, ingegno,…
    si sente dire: chissà cosa sarebbero in grado di fare i napoletani se canalizzassero la loro fantasia in qualcosa di più utile che…le finte bare con scritto sopra Milan, quando il Napoli vinse lo scudetto ai tempi di Maradona, oppure …guidare la macchina con la cintura di sicurezza disegnata sulla maglietta in modo da far credere ai vigili di indossarla…
    Pochi Napoletani possono privarsi della vista del loro mare, del sapore del pane che sfornano(più che della pizza), del sole; salvo sentire sugli Eurostar le vecchiette lamentarsi sulle condizioni di Napoli mentre vanno a trovare i figli e i nipoti che lavorano nelle regioni dove c è lavoro.
    Ma alla domanda ‘Lei lascerebbe Napoli’ ? la risposta è quasi sempre…’Nonostante tutto,no ‘.
    E come dargli torto?
    Accogliendo appieno l’invito di Vincenzo mi metto subito nella lista per una prossima visita a Napoli!

    ,

  6. Guicciardo scrive:

    non preoccuparti Gq ero io che stavo iniziando un commento e mi è partito l’-invia il tuo commento-prima che potessi terminare, anzi avevo appena iniziato, di scrivere.

  7. Vincenzo scrive:

    Caro Guicciardo,

    sono felice di aver suscitato entusiasmo tra i miei amici nel riscoprire questa meravigliosa Capitale. A maggio sarò a Napoli con alcuni di loro che vengono espressamente dagli Stati Uniti e li accompagnerò in un tour tra Capri e la costiera per poi addentrarmi alla riscoperta della Campania Felix; a giugno, invece, sarò di nuovo a Napoli ma con altri amici che verranno con il loro panfilo da Montecarlo ed a loro ho promesso di accompagnarli in immersioni subaquee alla scoperta di questa magnifica “Pompei” sottomarina che pochi,AHIME’, conoscono.
    Per quanto riguarda la lista degli invitati, ti posso assicurare che tu ne hai sempre fatto parte e quindi non ti rimane che prendere un volo con direzione Capodichino – Napoli.
    Appuntamento a Napoli quindi

  8. Margo scrive:

    Cher Vincenzo,
    merci beaucoup pour cet article magnifique! Je revais de voir Naples et je vais réaliser ce reve demain!! J’avoue que j’y pensais avec un peu d’appréhension, mais grace à ton texte si poétique, je pars avec un regard différent et des aspirations plus belles!!

    Je voudrais ajouter une citation de Stendhal à ton article:
    “Naples, la grande ville riche d’histoire, avec Paris, l’unique possible capitale d’Europe.”

    Complimenti! Saluto i tui idee!!

  9. Normanno Malguti scrive:

    Caro Signore,
    Ho avuto occasione di incontrarLa di transenna in csa della Sua mamma.
    Si parlava di elezioni per il sindaco di Bologna, era il tempo della discesa in città della venerata immagine della B.V. dfi San luca e mi ricordo che Ella si apprestava al nobile servizio del questuante.
    Sento che ora sta rendendo un bel servigio alla Storia, leggermente diversa dalle “storie” favoleggiate dalle cattedre sugli ignari ragazzini,, che imparano a falciare giudizi ingiusti su tutto e su tutti perché preparati accuratemente a divenire magistratoi malamente e faziosamente informati.
    Opera preziosa dunque, anche perché resa gradevole da una prosa cristallina. chi ha mai detto che e3splorare la storia deve essere arcigno e sciatto?

    I Borbone, (certo non tutti) quelli di Sicilia Napoli ebbero fra le donne la venerabile Maria Crsitina di Savoia, anima eletta morta partorendo l’ultimo principe degno del nome di Re fra quanti furonmo sovrani nell”800 in questa nostra meravigliosa, ineguagliabile Patria.

    Mi felicito dunque per la forma e per lo …sprezzo del politicamente corretto, che ci viene ammanito dall’altro delle anguste cattedre dell’intelligentsjia conteòporanea.
    La prego, continui così!

    Con viva stima, Normanno Malaguti

  10. il Faber scrive:

    Leggo per la prima volta questo articolo, spigolando qua e là nel web e debbo complimentarmi per la lucidità e finalmente il coraggio di dire le cose come stanno. ho vissuto a Napoli e a Salerno. ho avuto modo di scoprire un popolo di rara cultura popolare e scolare, gelosa e fiera della propria terra, come da nessuna altra parte in Italia.Ho avuto la percezione che se c’è un luogo in Italia dove la fabbrica della cultura è in pieno fermento produttivo è proprio Napoli. Molti in Italia per demolire l’immagine FALSA di un popolo indolente, ladro e inaffidabile, dovrebbero addentrarsi in esso per vedere e toccare con mano com’è la realtà. I napoletani certamente dovrebbero rischiare di più su loro stessi, ma anche questo muro prima o poi crollerà e dopo aver sciacquato i panni in Arno andremo a sciqcquare l’anima nel golfo.

  11. Guendalina scrive:

    Caro Vincenzo,

    leggendo questo articolo, la domanda che viene veramente da porsi, è come la bellezza di questa terra possa rimanere quasi muta anche tra gli stessi napoletani. Muta, perchè non sufficientemente acclamata, come hai detto anche tu nelle tue ultime righe. Se ognuno di loro manifestasse più forte quell’amore che questa città merita, basterebbe a far riconoscere al resto d’Italia la grandezza della sua storia.
    L’amore che tu ci racconti è un amore che comunica e incoraggia, un amore bisognoso ma che desidera soprattutto dare. Noi tutti dovremmo chiamare il nome di Napoli con voce assordante e rivendicarne la bellezza.
    Queste mie parole nascono dal desiderio che tu hai suscitato in me di conoscerla, nonostante io sia quasi completamente estranea a questa città. E così oggi me ne ritrovo complice. E domani o presto, visiterò tutti quei luoghi, e potrò anch’io trasmettere quell’ora d‘amore che ha reso questo articolo veramente unico.

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