Lancio un piccolo dado da Bruxelles, no rx in quanto studente qui emigrata (temporaneamente, e ne resto convinta) da ormai un paio d’anni. Scrivendo da questa città, non posso che parlare di Europa…
Purtroppo, l’Unione Europea (UE) è un tema che stenta ad avere visibilità nei quotidiani italiani: se ne parla poco e, comunque, trova sempre spazio “a giornale inoltrato”, dopo pagine e pagine (troppe!) sulla politica italiana e la cronaca nazionale. Questa constatazione è preoccupante. Tuttavia, ciò che risulta ancora più sconcertante notare è che quando la stampa italiana parla di UE lo fa, molto spesso, con riferimento alle “minacce” della Commissione Europea, alle “accuse” e agli “ultimatum” di Bruxelles. Questo vocabolario rivela, a mio avviso, una connotazione fortemente negativa dell’impatto europeo sull’Italia. Ciò che il cittadino italiano medio, con una formazione sull’argomento estremamente ridotta se non inesistente, percepisce è la figura di un’UE “occhiuta” che interviene per riprendere la pecora nera Italia per le sue innumerevoli mancanze (vedi l’ultimissima sul “Velenitaly”, quella sulla mozzarella campana alla diossina, quelle sul deficit pubblico eccessivo, ecc.). In breve, l’immagine dell’UE che viene trasmessa è sostanzialmente negativa.
Inoltre, l’informazione europea è limitata alle istituzioni europee. Questo è un panorama piuttosto parziale, considerato l’enorme, e crescente, numero di attori della società civile (lobby economiche, ambientali, dei consumatori, sindacati, ecc.) che gravitano attorno alle istituzioni e che tentano in diversi modi di influenzarle.
C’è poi, a mio avviso, un problema legato alla “nazionalizzazione” del discorso sull’Europa, che pervade anche i media degli altri Paesi europei. Ciò si concretizza in un trattamento delle informazioni europee fortemente influenzato dall’agenda e dal contesto politico nazionale e nell’emergere di toni critici o favorevoli in funzione di ciò. L’ottica nazionale, purtroppo, contribuisce a descrivere una visione inadeguata, e comunque “orientata”, di ciò che avviene nell’UE.
Per questo, lo scenario informativo sull’Europa manca, certamente, anche di un media europeo di massa (multilingue) in grado di raggiungere un pubblico transnazionale e di informare sull’attualità europea senza un orientamento nazionale. Le esperienze che si sono sviluppate in questa direzione fino ad ora hanno visto il loro limite maggiore nel restare confinate in un pubblico ristretto ed elitario.
Al di là della visione – spesso distorta – dell’Unione Europea che si disegna sulle pagine dei giornali, è utile evidenziare che un ostacolo rilevante ad una corretta comprensione di questo “oggetto non bene identificato” si trova nella mancanza di un’educazione adeguata sull’argomento. Ciò porta anche ad un’indifferenza diffusa rispetto all’attualità europea.
Infatti, se in Italia si parla poco (e spesso male) di Europa, è anche perché l’interesse per questa tematica è molto ridotto fra i cittadini italiani. Questo è dovuto, in parte, alla mancanza di una formazione sull’Unione Europea nel sistema educativo italiano sin dalla scuola dell’obbligo. La diseducazione alimenta il disinteresse e non favorisce la comprensione del complesso (!) sistema burocratico-legislativo e decisionale che regge le istituzioni europee. Di conseguenza, diventa più difficile capire anche le politiche che vengono attuate in questo quadro.
Contrariamente a ciò che emerge dai quotidiani, l’Italia può trarre enormi vantaggi dalla sua presenza in Europa anche solo adeguandosi ai limiti che le vengono imposti dall’UE. E la classe politica dovrebbe evitare di nascondere le sue inadempienze dietro a smentite altisonanti quanto poco credibili. Sarebbe utile, invece, che i politici traessero un insegnamento dagli errori commessi in passato ed agissero di conseguenza, prendendo atto che l’Europa è una realtà vantaggiosa per l’Italia. Troppo spesso si trascurano gli effetti positivi del meccanismo di controllo europeo.
Solo con l’appoggio dei suoi cittadini l’Europa può realizzare pienamente il suo ruolo propulsivo, sfruttando la ricchezza che un confronto virtuoso con le altre società europee può portarci. La conoscenza e la consapevolezza delle pratiche civiche e politiche che si sviluppano fuori dal nostro paese devono rappresentare uno stimolo per abbandonare il conservatorismo dell’Italia e le logiche che questo atteggiamento porta con sé. Anche da questa “comparazione” con gli altri paesi membri dell’UE, potremo indubbiamente trarre beneficio.
Complimenti per l’articolo Fabrizia, ben argomentato e tristemente vero. Interessante l’iniziale analisi lessicale dei giornali italiani, ah…il potere della parola!
Purtroppo, però, temo che siamo ancora troppo regionali per essere Europei.