Un’emozione Infinita al Teatro Astra di Torino
Pubblicato in Segnalazioni
di Anna Gallo Selva
Uno spettacolo della Familie Flöz è un’esperienza inversamente proporzionale alla lettura di un buon libro: se è vero che, dove le parole funzionano, esse riescono ad immergere il lettore in un’atmosfera visionaria al punto da fargli vedere ciò che sta leggendo, così è impossibile uscire da uno spettacolo come Infinita senza avere nelle orecchie l’eco di frasi che non c’erano, ma che tutti giureremmo di aver sentito.
Si assiste all’incanto – raro ma non utopico, come il recente successo cinematografico di The Artist ci ha ben saputo dimostrare – per cui corpo, gesto e immagini divengono testo dello spettacolo, fino a farsi udibili.
Assistere non è peraltro il termine esatto, per Infinita, perché ad uno spettacolo così non si assiste: si partecipa.
Lo spettatore è continuamente chiamato a confrontarsi con le proprie emozioni, è coinvolto in un rito collettivo che si accende con la mestizia di una processione funebre sommessa, esplode nella giocosa vitalità di una scomposta partita a pallone, si chiude con l’irresistibile nonsense ritmico di tre anziani seduti su una panchina.
Il teatro della Familie Flöz – di una pulizia e di una precisione formale non frequenti nel teatro occidentale – non è incasellabile all’interno di alcun genere: danza, musica, mimo e teatro di figura si fondono poeticamente con una raffinata drammaturgia, trovando nel lavoro sul personaggio la chiave di volta di una comunicazione totale.
La cura con cui gli attori della Familie Flöz costruiscono, si approcciano, indossano ed infine diventano le proprie maschere ha un che di sacro o, forse meglio, di profanamente devozionale: chi ha avuto il privilegio di frequentare un loro laboratorio non può dimenticare la sensazione di legame indissolubile che si crea con esse.
È nell’intimità di questa relazione che sta il segreto per conquistare lo spettatore, per riuscire a toccarne le corde del pianto e del riso, insieme.
Infinita parla di vecchi e di bambini, le categorie improduttive per eccellenza: un messaggio forte in un società alla deriva, che arriva al cuore senza bisogno di enfasi retoriche, nel sussurro gentile di uno sguardo poetico.
Per approfondimenti: http://fondazionetpe.it/; http://www.floez.net/floez/