Paese che vai, italiano che trovi

Di Francesco Belcastro • 24 feb 2008 • Categoria:Società • 2 Commenti

C’è una cosa del vivere all’estero, del viaggiare, dello studiare fuori casa che riesce sempre a stupirmi. Per quanto lontano da casa si possa andare, per quanto tempo si possa passare distante dall’Italia, ci sono dei compagni di viaggio che sembrano davvero non volerti mai abbandonare. Chi sono? Gli stereotipi di cui noi Italiani siamo vittime.

Uno stereotipo è una convinzione non basata su una conoscenza diretta, ma a volte così radicata da essere difficilmente modificabile. Se si parla di popoli, uno stereotipo è quindi una caratteristica attribuita a tutti gli abitanti di una nazione, sulla base della loro appartenenza a un gruppo (il popolo appunto) che “si dice” abbia questa o quella particolarità.

Dunque i Francesi sono arroganti e puzzano d’aglio, i Tedeschi sono rigidi e mangiano wurstel e patate mentre gli Inglesi sono freddi e la domenica cacciano le volpi. E gli Italiani, come sono?

Italiani, popolo di santi, poeti e naviganti, recitava un vecchio adagio. Italiani, amati e odiati. Invidiati e derisi. Snobbati e imitati. Nel bene o nel male noi Italiani siamo sempre molto chiacchierati. Non deve dunque stupire la quantità di stereotipi di cui siamo vittime all’estero, né la pervicacia di chi ci attribuisce certe caratteristiche più o meno spiacevoli.

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Incredibile è però la varietà di caratteristiche attribuitaci: si va dal classico “Pizza-Spaghetti-Mandolino-Mafia”, un vero e proprio evergreen nonché il non plus ultra dell’arte dello stereotipo, ad altre qualità decisamente “particolari”: sembra per esempio che i primi ragazzi italiani che presero parte a programmi di scambio Intercultura negli Usa negli anni ‘50-’60 fossero particolarmente temuti dalle ragazze di Oltreoceano. Perché? Perché gli Italiani erano considerati essere avvezzi alla pratica del “Ass pinching”, il pizzicotto sul sedere. Se il titolo fosse meritato, difficile dirlo..

Dare un quadro completo di come “siamo stereotipati” dagli altri è impresa ardua. Paese che vai, Italiano che trovi. A volte gli stereotipi sono una forma “socialmente accettabile” di razzismo. Basti pensare che non è stao sufficiente il contributo di fatica e a volte sangue dato dai nostri connazionali nelle fabbriche e nelle miniere di Germania, Belgio o altri Paesi europei per liberarci completamente dell’odiosa etichetta di scansafatiche e lazzaroni spesso in quelle terre attribuitaci.

Ma come nasce uno stereotipo? E “i nostri”, in particolare, come sono nati?

Direi che c’è un fondo di verità alla base di ogni luogo comune, certo spesso completamente stravolto. Anche se generalizzare è sempre rischioso, credo si possano individuare delle “caratteristiche nazionali”, se non altro nel campo delle abitudini e dei modi di fare. Se è vero che noi Italiani mangiamo molta pasta (con pochissime eccezioni), se è altrettanto vero che abbiamo inventato la pizza, pochi tra noi sanno suonare il mandolino..

La nostra storia di popolo di migranti è forse la maggior causa del gran numero di stereotipi attribuitici. Gli Italiani che ad inizio ventesimo secolo erano costretti ad abbandonare il Bel Paese per cercare fortuna altrove si trovavano spesso a fare i conti con una ostilità diffusa da parte degli abitanti dei Paesi che li accoglievano. “Les Cheveliers du couteau” , i cavalieri del coltello, era il nomignolo affibbiatoci dai cugini d’Oltralpe per via della nostra supposta facilità nello sfoderare le armi da taglio. In Argentina si ricorreva a teorie fisiognomiche derivate da quelle dello studioso italiano Cesare Lombroso per spiegare come gli immigrati di origine italiana fossero naturalmente inclini a delinquere.

Non giovò di certo alla reputazione degli Italiani d’America l’avere esportato la Mafia da quelle parti, marchio di infamia per una comunità nella sua stragrande maggioranza onesta e operosa, che proprio grazie a queste caratteristiche ha saputo riscattare il proprio buon nome.

Né hanno portato grande giovamento agli Italiani sparsi per il mondo le tendenze anarchico-rivoluzionarie di alcuni dei nostri immigrati, autori a cavallo tra Ottocento e Novecento di atti clamorosi, come per esempio l’omicidio nel 1894 del presidente francese Sadi Carnot da parte di Sante Caserio o il tentato omicidio di Franklin Delano Roosevelt (non ancora diventato presidente) da parte del calabrese Pino Zangara.

Se oggi la realtà dell’emigrazione italiana è molto diversa, se è vero che i nostri connazionali sono spesso riusciti grazie alle loro qualità ad affermarsi all’interno delle loro comunità di adozione nonostante tutte le difficoltà incontrate, quei tempi che oggi sembrano lontani hanno lasciato in eredità una serie di stereotipi sugli Italiani. È per esempio abbastanza comune nei paesi del Nord Europa (ma non solo) considerarci “tutti poveri”, “gente che campa di espedienti” e “attaccabrighe”.

E ancora mammoni, imbroglioni, piagnoni, rumorosi, rissosi, disorganizzati, incivili, maleducati, ma anche creativi, poetici, generosi, estroversi, grandi cuochi, grandi cantanti e grandi amatori. Elencare tutte le caratteristiche che ci vengono attribuite sarebbe un’impresa impossibile. Ancora più difficile è dire dietro quali ci sia qualcosa di vero, quali siano totalmente false e quali siano vicine alla verità .

Credo sia invece importante sottolineare la sinistra assonanza tra ciò che veniva imputato ai nostri migranti all’estero fino a pochi anni fa (e forse a volte ancora oggi) e ciò di cui noi spesso accusiamo gli stranieri che vivono oggi in Italia, nonché la ferocia di certi stereotipi di cui spesso sono vittima i meridionali residenti nel Nord Italia. Se spesso possiamo fare poco per eliminare gli stereotipi di cui noi Italiani siamo vittima, di certo possiamo evitare di giudicare a nostra volta gli altri sulla base di luoghi comuni.

Francesco Belcastro
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Commenti: 2 »

  1. Scrivo solo per testimoniare quanto possano essere duri a morire questi tanto decantati stereotipi, lo faccio basandomi sull’esperienza di cvita di una meridionale in Friuli. Lezione dopo lezione, all’università, sentivo bisbigliare i vicini leghisti che la motivazione per cui ero arrivata con 5 banali minuti di ritardo era da attribuirsi alle mie origini terrone. A poco serviva sottolineare che il loro civilissimo servizio bus del nord-est procedeva con i rispettivi 5 minuti di ritardo. Allo stesso modo mi sentivo chiamare nei momenti di pausa con frasi “Anna dai vieni qua tu che ci tiri su il morale”. Insomma il sinolo composto da “voja de lavorà zompame addosso” e da “facce ride” pare essere indissolubile. Purtroppo o per fortuna. Comunque continuo a preferirlo al “laùra, laùra”.

  2. Sono un Italiano divenuto Italo-Americano.
    Vivo a Bensonhurst,Brooklyn, uno dei tanti quartieri italiani della grande mela.
    Da quando sono nato ho vissuto le discriminazioni da voi riportate.
    Sono nato a Brescia (BS), da famiglia originaria della Piana Degli Albanesi (PA), e ho assaporato ogni tipo di derisione.
    Prima per il mio cognome, fino ad arrivare, ovviamente, alla mia origine.
    Ora ho quasi vent’anni, da diverso tempo vivo,lavoro e studio negli Stati Uniti, spronato dalla voglia di essere parte della comunità italina più bella e più florida al mondo. Ovviamente il problema degli stereotipi è un fatto del giorno per un italo-americano.
    Un recente censimento (2004 o 2005, non ricordo) ha chiarito che gli americani con la doppia cittadinanza (ITA-USA) sommati a coloro che hanno origine (+o- recente) italiana, arrivano a ben 21 milioni. Unendo anche il Canada, gli italiani del Nord America si avvicinano ad essere 30 milioni!
    Un censimento ancora più recente (2007) ha invece constatato che quasi il 70% degli americani tra i 18 ed i 25 anni pensano che un Italo-Americano debba avere (chi più, chi meno) delle connessioni con la Cosa Nostra! Se quardiamo il risultato per le fasce più adulte la solfa non cambia, si raggiunge il 44%.
    Lavorando nell’Istituto Italo/Americano JOHN D. CALANDRA (check the site) ho potuto confrontare diverse posizioni su questo argomento da parte di diversi ricercatori e professori italo-americani.
    Ciò che esce è contrastante: c’è una parte che si sente offesa e che risponde con numerosi reclami contro tutto ciò che stereotipa l’”italoamericanità”.
    C’è chi, invece, ci sorride sopra aggiungendo che, se nel 2008 ci sono persone che, notando un cognome che finisce per una vocale
    pensano che quel individuo debba essere Mobbed Up (termine slang brooklynese traducibile in “Mafiosizzato”) non bisogna preoccuparsi, perchè, le pietre lanciate dal basso non feriscono.
    Parlando di crimine organizzato, invece, la malavita Italo-Americana non è mai stata così fiorente. Nonostante gli arresti, i pentiti e la tecnologia della RICO (L’Antimafia USA) la Cosa Nostra americana continua ad essere tra le organizzazioni criminali più influenti sul territorio americano.
    Grazie anche alla continua derisione e presa in giro da parte delle autorità stesse. Contando, per quanto ci è dato di sapere, le 20 famiglie, dalla costa atlantica alla costa pacifica, la LCN (La Cosa Nostra in Us) è un business da 180 miliardi di $ l’anno.
    Ho voluto specificare questi dati, confermati dalla RICO stessa, solo per dire che come esiste una parte di italiani che delinque, ne esiste un’altra (la maggiorparte) che ha fatto della legalità e del lavoro i suoi fondamenti massimi.Non bisogna aspettare che la Malavita venga debellata per cambiare atteggiamento. Ci sarà sempre la Mafia in America ed in Canada, ma sta alle persone capire che ogni etnia, ogni popolo ha le proprie mele marce.

    Comunque, e qui do un giudizio personale, non si può paragonare la situazione dell’immigrazione in Italia con quella degli italiani in nord america, per il semplice fatto che, in America, ci sono leggi dure e giustamente severe, mentre, almeno per ora, in Italia, stuprata dal buonismo mediatico e politico, si è arrivati ad un punto di rottura dove, non solo non si tutelano i cittadini italiani, ma, non punendo adeguatamente criminali stranieri e clandestini, si danneggia anche l’immagine di tutti gli immigrati che, come i paesani d’oltreocenao, vivono nella legalità e nel rispetto.

    Concludo aggiungeno alcune mail che posso interessare a tutti coloro che vogliono scoprire l’ITALO-AMERICANITA’:
    http://WWW.I-ITALY.US blog di condivisione sull’America Tricolore e http://WWW.QC.CUNY.EDU/CALANDRA/ sito ufficiale dell’istituto Italo Americano John D. Calandra di Manhattan, NY.

    Con questo vi saluto e vi auguro un futuro felice ricco ed Italiano!

    P.S.
    Sentitevi liberi di contattarmi:

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