Manipolati e contenti

Di Giacomo Valtolina • 5 mar 2008 • Categoria:Società • 13 Commenti

Nella voragine di parole ed immagini da cui siamo inghiottiti giorno dopo giorno, non ci stupiamo che il servizio d’informazione non compia più il proprio dovere. Grave è la diffusa abitudine ad un utilizzo strumentale dell’informazione che, tendendo sempre più a confondere l’opinione pubblica con vaghe e semplicistiche speculazioni teoriche, distoglie la nostra attenzione dalle complesse dinamiche reali.
È presente un losco interesse da parte dei media a dirottare lo sguardo del pubblico da gravi crimini e segreti a questioni di dubbia rilevanza, rendendo notizia il nulla e abbandonando al pozzo dell’oblio i veri scandali.
Il rischio sociale di questo uso spregiudicato dei mezzi informativi è semplicemente la follia (come volle metaforicamente dimostrarci Orson Welles tramite la sua celeberrima radiocronaca in diretta di un’invasione aliena, che scatenò il panico negli Stati Uniti).

Evidentemente questo tipo di tecniche, che hanno come scopo la massificazione informe della società, passano anche e soprattutto dal sistema radiotelevisivo dell’intrattenimento. Talk show e reality perseguono, neanche troppo velatamente, la svalutazione di vite individuali reali in favore di vite allestite. Tutto ciò per creare un’oasi di presunta serenità nell’apocalittico ingorgo di problemi e insoddisfazioni che è la vita, riproducendo così pericolose analogie o con il concetto marxista di alienazione (il lavoratore, esausto dopo la giornata in fabbrica, ritrovava sé stesso nell’assecondare i suoi più fisiologici bisogni animali, nel lasciarsi andare spegnendo il cervello) o con l’illusione religiosa in Feuerbach o Nietzsche.
Viene dunque alla luce una situazione in cui ci vediamo anche noi spinti ad accettare d’essere privati della conoscenza, in cambio di un ipotetico quanto fallace “viver tranquilli”.
L’informazione, incontrando l’economia, ha manifestato un’inclinazione a contraddire due volte la propria funzione: in primo luogo evitando accuratamente di mettere le persone in condizione di conoscere, capire e giudicare correttamente gli accadimenti; successivamente spogliandosi del nobile ruolo di smascheratrice, di grande occhio saggio ed attento, pronto a denunciare le bieche logiche oscurantiste del potere.
Così il linguaggio diventa una temibile arma. Il senso diviene possibilità di significato.
Questo uso dell’informazione si rivela quindi un potente feticcio ingannatore, un vetro specchiato da dietro il quale i carcerieri scrutano di nascosto i loro inconsapevoli prigionieri.
Come definire tutto ciò se non controllo o manipolazione? Non è questa una gentile imposizione, un cordiale ordine ad una volontaria ed incosciente accettazione del sistema? Come dire, signora Harendt,…totalitarismo?

Giacomo Valtolina

Giacomo Valtolina Giacomo Valtolina, giornalista milanese, classe 1983.
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Commenti: 13 »

  1. Questo interessante articolo mi ha fatto venirein mente due articoli scritti da uno dei più grandi giornalisti inglesi (Auberon Waugh, figlio di Evelyn Waugh). Ve li copio:

    “The role of journalists is to ridicule, humiliate and generally torment politicians, pour scorn on everything they propose to do and laugh at them when they do it.

    We should never, never suggest new ways for them to spend money or taxes they could increase, or new laws they could pass. There is nothing so ridiculous as the posture of journalists who see themselves as part of the sane and pragmatic decision-taking process.
    (The Spectator 28/5/88 & 4/7/81)”

    Ancora, sulla contraddizione più o meno velata dell’informazione, riporto un suo pezzo riguardo al “Sun” inglese:

    “The Sun’s motives in whipping up hatred against an imaginary ‘elite’ of educated cultivated people are clear enough: ‘Up your arias!’ it shouted on Saturday in its diatribe against funding which put ‘rich bums on opera-house seats.’ If ever the Sun’s readers lift their snouts from their newspaper’s hideous, half-naked women to glimpse the sublime through music, opera, the pictorial and plastic arts or literature, then they will never look at The Sun again. It is The Sun’s function to keep its readers ignorant and smug in their own unpleasant, hypocritical, proletarian culture.
    (The Daily Telegraph 24/7/95)”

    Probabilmente è per questi motivi che c’è una proliferazione di blog e giornali su internet, ormai letti molto di più dei giornali veri e propri, come sostiene il mio professore di economia politica.

    Concludo con una citazione irreverente e un po’ amara, ma fatta con ironia: “Invece di un solo pezzo da novanta che controlla i media ora ci sono migliaia di stramboscemi che fotocopiano le loro inutili opinioni”. (Homer Simpson)

  2. A tale proposito è interessante leggere “Carte False” di Pansa. Purtoppo è una questione vecchia come il mondo, non rassegniamoci!

  3. effettivamente la questione è vecchia come il mondo. ma anche l’articolo non scherza. risale almeno a 4 anni fa. chiedo venia. gv

  4. Mi capita sempre più spesso di sentirmi d’accordo con una presa di posizione, ma al contempo di sentirmene distante e costretto ad osteggiarla alla luce delle argomentazioni con cui la si difende.
    È, sfortunatamente, il caso di questo articolo, che pecca dello stesso semplicismo e della stessa vaghezza concettuale che voleva denunciare.
    A che pro riflettere sul “senso” e sul “significato” dei concetti, se poi proprio da parte dell’autore li si dilata, li si snatura adattandoli ad una polemica sterile?
    Si, credo che sia sterile, perché si spara nel mucchio, si lascia intendere una macchinazione, si prefigura un complotto… Nessuno nega il fascino letterario della macchinazione, la forza evocativa di concetti quali “manipolazione” o “controllo”, ma non credo possano essere utili ad un dibattito serio, nè, ben più importante, possano essere alla base di un reale rinnovamento dello status quo. E, in fondo, sono semplificazioni aberranti di problemi ben più profondi. Indaghi su questi, e non ipotizzi carcerieri e società segrete adibite al controllo del mondo. Nessuno crede davvero a James Bond. E, soprattutto, la stessa Harendt, ci aveva già insegnato che il male, quello vero, è molto più banale.
    Questo articolo ha però anche una sua drammatica (ed inconsapevole) grandezza. È l’esempio di quanto sia difficile cambiare le cose, di quanta umiltà ed onestà intellettuale ci voglia e di quanto rigore (concettuale) ci sia bisogno per cambiare le cose. Proprio per evitare che anche chi parte con le migliori intenzioni, non faccia il gioco dei “carcerieri”.
    Chiedo venia per la durezza. Cordialmente, AAA.

  5. tranne la caduta di “senso”, per l’appunto, sulla harendt, tutto quasi vero. bravo l’anonimo criticatore. che però arriva tardi e commenta con altrettanta leggerezza e banalità pensieri dell’adolescenza altrui, confondendoli e interpretandoli. spero soltanto che la dovuta maturazione avvenuta nell’ignoto caio bracco non sia così tardiva e targata 2008. aspettiamo tutti rigore, metodo e austerità. forse si capisce anche chi è che ha scritto il commento, ma poi si griderebbe alla magia e, francamente, non vorrei sentirmi rispondere che la magia non esiste o che gli animali pensano o che i dentisti sono cari. gv

  6. Non era certo mia intenzione confondere i pensieri altrui (già abbastanza confusi, ma per l’interpretazione, beh, quella è inevitabile, è la condanna più grande (o il maggior pregio?) del testo scritto…
    Non ero al corrente dell’”attenuante” dell’adolescenza, non conoscendo l’Autore. Sicuro di non conoscerLa (vale il contrario), non capisco la tardiva muturazione…
    Sarà perché diffido delle Sue doti magiche?

  7. non si preoccupi, ho apprezzato la chiara e schietta semplicità del suo testo. ad ogni modo il complottismo ha un confine labile. l’importante in questo sito di dibattito è non attaccare etichette e giungere a facili conclusioni. gv

  8. Concordo pienamente.

  9. Voi dite bene, ma noi bisogna che lavoriamo il nostro orto.

  10. Ciao Mahmoud!
    :)

  11. Caro Ahmadinejad,
    in Italia l’ostacolo principale ad ogni tentativo di modificare -in bene o in male- il modo in cui i cittadini agiscono, pensano e in generale vivono è proprio quello che sollevi tu, in altri tempi sintetizzato nel ‘franza o spagna, basta che se magna’. In fondo tutto ciò denota un notevole campanilismo, o meglio una filosofia di vita che mette la famiglia al centro e non la società intera, come invece accade in Paesi di vecchia e consolidata tradizione democratica come la Francia e la Gran Bretagna. Certo questo a volte è un bene- il fascismo italiano non riuscì e trasformarsi in vero e proprio totalitarismo- ma purtroppo il rischio che si corre è di ridurre o annullare la portata delle iniziative più meritevoli. Ammetto di guardare con un pò di invidia il popolo francese, capace di scendere in piazza quando reputa leso un suo diritto. Il meglio che a noi possa capitare è che il torto venga strumentalizzato dall’opposizione a scopi elettorali.

  12. voltaire - candido

  13. Non succede tutti i giorni di essere paragonati a Leibniz! Immagino che l’autore ne sarà felice.

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