Italiani brava gente

Di Vincenzo Ruocco • 18 dic 2008 • Categoria:Società • 14 Commenti

Dichiaro fin da subito, offrendo al lettore l’opportunità di attivare preventivamente una personale forma cautelativa, di utilizzare questo spazio per lamentarmi.

Finalmente! Non ce la faccio più. È passata la mezzanotte, nella mia testa rimbombano le parole lette, e quindi afone, di un messaggio scritto da un amico. Rimbomba “The sound of silence”, il silenzio del nulla, del vuoto, che una ragazza, lontano amore, utilizza come strumento di punizione, forse, nei miei confronti. Esistono poi altri vuoti, altri silenzi. L’Italia e i suoi malvezzi. Anche oggi, l’ennesima conferma qualora ce ne fosse stato bisogno, non ho ricevuto risposta alcuna, anagrammando in lacuna, alla mia candidatura via mail per un’offerta di lavoro. Gli amici che, come me, hanno avuto l’opportunità di scontrarsi con una qualunque realtà estera continuano a ripetere:

“non prendertela, è così in Italia, nessuno risponde alle mail”.
Correggo: “nessuno risponde alle mai”.

Ricevo invece risposte da New York, dal MoMA, dagli Istituti Culturali e le scuole private di Manhattan, dalle piccole testate giornalistiche di Brooklyn.
In the meanwhile sento di perdere a poco a poco qualcosa. Che cosa? Posso perdere le chiavi di casa, posso perdere tempo prezioso, troppo, la mattina nel prepararmi, posso perdere il numero di un contatto utile, posso perdere l’autobus, posso perdere di vista l’obiettivo, posso perdere la testa per una sconosciuta, posso perdere il replay di un gol di Coppa, posso perdere il sonno per il troppo pensare, posso perdere i capelli. Nessuna di queste perdite sembra essere in realtà ciò che mi crea ansietà, agitazione, inquietudine.

Ho spento la televisione da qualche ora, quella scatola nera parecchio grande e pesante che si trova nel salone di casa. Questa sera ho guardato ANNOZERO.
Questo pomeriggio mi sono presentato a un colloquio di lavoro, un’azienda seria, depuratore domestico per acqua, telefonate outbound verso i privati, full-time cinque giorni a settimana, €4,37 nette all’ora. No malattia, no ferie maturate.
Questa mattina uscendo di casa ho visto la coppia di vicini, lui in Mercedes berlina cinque porte, elegante l’auto e il conducente, lei, la moglie, in un SUV Rexton arrogante e tarchiato, l’auto solo non la conducente.

È vero, ANNOZERO è una trasmissione di parte, Santoro si è attirato l’antipatia di molta gente, Travaglio ha votato Di Pietro, Formigli è pro Berlusconi, Vauro è comunista. Quindi? Si è dibattuto su come aiutare il paese, volutamente con la pi minuscola.
“Lo Stato deve salvare l’auto?”

Conosco diverse persone che si sono arricchite negli anni passati. In che modo? Rubando. Immobiliari, reti di gioco d’azzardo, investimenti di denari riciclati, prestanome, fiere di libri antichi, compravendite di beni artistici, commercialisti col pelo sullo stomaco, piccoli artigiani dediti alla doppia fatturazione. Di volta in volta il grande saggio di turno mi ha proposto di fare una camminata, la camminata, i “due passi” liturgici quasi avessero la funzione di farmi digerire ciò che mi è rimasto sullo stomaco, le italiane ingiustizie. Sottobraccio, nel giardino di casa, di fronte all’albero piantato il giorno della nascita del primogenito maschio, mi si dichiara apertamente l’assoluta verità:

“in Italia se vuoi fare i soldi devi rubare, se vuoi arrivare lontano devi avere le conoscenze giuste, se vuoi dormire sonni tranquilli devi dare prova di fedeltà”.

Fedeltà, non meritocrazia.

Mi chiedo spesso cosa c’entrino queste cose col diritto al lavoro, alla dignità, con la voglia di impegnarsi in qualcosa, con il desiderio di realizzare i propri sogni. C’entrano eccome in un paese come l’Italia, sono le leggi non scritte, si chiamano consuetudini.

Per quale motivo non denuncio i miei vicini di casa alla Guardia di Finanza? L’amico che spaccia marijuana, cocaina ed exctasi? Il conoscente che ha fatto i soldi grazie agli agganci con la politica e le banche? Il commercialista, l’imprenditore del settore tessile, il padrone delle pizzerie, il dentista, il gestore del bordello?
Ecco cosa ho perso quest’oggi, la fiducia. La fiducia nell’Italia, la fiducia nella Giustizia, la fiducia nell’onestà.

“Fidarsi degli uomini è già farsi uccidere un po’”. Chi è stato ucciso dall’Italia, nell’Italia?

Che strana sensazione, mi sento desideroso di vendetta e dispensatore di grazie nello stesso tempo. Come è possibile? Complicità, connivenza, omertà. Interessante apprendere dal dizionario che l’omertà è una forma di solidarietà. Strano destino. L’Italia quindi è formata da un popolo prevalentemente omertoso e solidale in cui non si denuncia il vicino di casa e si inveisce contro i “patrioti” della Cai, c’è un qualcosa di comunista in tutto questo. Perché mai dovremmo essere complici? Di chi poi? Basta la mancanza di fiducia nella Giustizia a suffragare questo modello comportamentale? C’è dell’altro, immancabilmente dell’altro. C’è la voglia di salvaguardare i propri interessi, interessi che non esistono qui nell’oggi ma che si spera di avere in futuro. Un discorso quindi di speranza e di atti di fede, d’altronde il Vaticano poggia le fondamenta sul territorio italiano. C’è il timore, anche, di ritorsioni, di conseguenze negative che potrebbero colpire non solo il singolo ma tutta la comunità ad esso legata, caso Saviano 2.0? Atto di fede, speranza, timori. Religione? Regime, meglio. E non inteso come sistema politico, forma di governo, organizzazione statuale bensì come ordine delle cose, status quo, consuetudine, nuovamente.

Esiste Fabrizio De André, per fortuna, esiste una canzone nell’album “Storia di un impiegato” dal titolo “Canzone del maggio” di cui desidero citare due passaggi:

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credervi assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le “verità” della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.

La non risposta alle candidature via mail costituisce uno dei tanti malvezzi che fanno di questo paese una barzelletta in giro per il mondo. Questo comportamento procrastina quel riscatto socio-culturale che tanti giovani in Italia anelano da ormai fin troppo tempo. Ma esistono ancora i giovani? Esistono dei drogati, di droga e di Sistema, che finanziano il Sistema, che sono utili al Sistema, che sono di interesse assoluto al Sistema, che non sono in grado di sfuggire, reagire, rivoluzionare il Sistema.

Ancora prendo a prestito le parole di una canzone, questa volta di John Lennon, libero pensatore ucciso da un altro Sistema, che poi forse è il medesimo.
Da “Revolution” scelgo di isolare tre parole chiave:

Revolution
Evolution
Solution

Quali risposte posso darmi? Quali risposte può dare il paese? In fondo, ultimo omaggio a John Lennon, ciò che la gente chiede è solo un po’ di verità. “Gimme some true”.

castacorruzionegiustiziaItaliani
Vincenzo Ruocco

Vincenzo Ruocco "Tento di essere un elastico. In cerca, sempre, di un perno che mi permetta di allungarmi quanto basta per spingermi oltre"
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Commenti: 14 »

  1. Non sono più giovane (classe ‘60) ma condivido con Vincenzo la stessa disperata sensazione di sbattere contro il costante muro di gomma della laissez-faire all’italiana. La mia professione mi costringe a rivolgermi costantemente ad amministrazioni, enti e quant’altro, per non parlare del mio ruolo di genitore … quante fatiche, tempi sprecati, sforzi annegati in questa inazione generale che uccide qualsiasi tentativo di vita condivisa. Le stesse reti alternative (dai GAS alle reti ambientaliste, gruppi di sinistra e quant’altro) in Italia spesso agiscono così! A meno che tu non sia il BERLUSCONI di turno (con tutto il back-ground di “connection” che tale nome sottintende) non ti prende sul serio nessuno, neanche per dirti “Non mi interessa la tua proposta”. E se sei giovane … ancora peggio - credo che l’Italia sia l’unico paese fra quelli cosidetti “civilizzati” nel quale essere giovane significa essere un nulla. Basta guardare come i nostri governanti (e non solo quelli di centro destra) si preoccupano della scuola, o come gli stessi operatori del “settore” (dal dirigente scolastico al bidello) alla fin fine hanno come priorità assoluta la salvezza del proprio posto di lavoro (e mi dispiace generalizzare, perché so che ci sono delle persone deliziose che fanno bene il loro lavoro - ma alla fin fine, così vige in un paese “democratico”, vale la maggioranza pecorona).
    Non solo, quello che fa paura è la percezione che ognuno di noi, a meno che non abbia il borsellino pierno, ma veramente pieno di soldi, non ha alcun dignità. In questo paese sono passate delle leggi sul lavoro che hanno trasformato ogni persona in “risorsa” e che come tale va sfruttata, fino all’osso. Per non parlare delle soluzioni proposte per la gestione delle “risorse” che provengono dall’estero.
    60 anni di democrazia per arrivare a questo?
    Non so purtroppo che risposte dare. Non ho soldi e non dunque non vengo ascoltata. Per ora mi accontento di tenere fede io a quei valori fondamentali in cui credo che sono il rispetto, la coerenza, la ricerca di valori più alti di quelli puramente materiali.
    Quando ero adolescente - era il periodo dei grandi idoli: Gandhi, Martin Luter King, … - avevo la sensazione che avrei potuto cambiare il mondo, tutto attorno a me mi diceva “Yes, we can”. Ora sono contenta se riesco a far sopravvivere, nella mia famiglia e nel piccolo cerchio di persone che incontro quotidianamente, almeno la sensazione che si può vivere in modo diverso.
    Ai giovani dico … andatevene per un po’ dall’Italia, provate a vivere in modo diverso e poi tornate: io vi aspetto.

  2. Leggo - potrei privarmi di questi momenti di bonheur? - il tuo articolo, Vincenzo. E immediatamente dopo il commento di Cecilia.

    Se il tuo articolo mi ha fatto a volte sorridere, condividere, avvampare, il commento di Cecilia mi ha commosso un po’. Quel “io vi aspetto” è meraviglioso, e io ringrazio Cecilia.

    Parli di meritocrazia e la opponi alla fedeltà. Sono opponibili? Sono cosi’ impossibili da fondere l’una nell’altra? Io, lo ammetto, sono un fedele. Non sono io che giudico i miei meriti e, ti diro’, quando me ne parlano, non prendo in considerazione quello che sentono le mie orecchie. Il mio metro, forse questa giovinezza turbolenta è un passaggio e forse cambiero’ e mi pentiro’ amaramente, sono le cose, sono gli obiettivi a cui miro e quel qualcuno conquistato è nella mia borsa, ad accompagnarmi sempre.
    Io sono un fedele, Vincenzo. Un mio merito è anche questo.

    Meritocrazia e fedeltà: mi pare l’opposizione intelligenza/sensibilità. Conosco fior di dirigenti di grosse -grosse - aziende e che sono, Vincenzo mio, dei deficienti calzati e vestiti, se parliamo in termini di intelligenza. Ma se parliamo in termini di sensibilità - agli affari, umana… - allora, Vincenzo, nel campo professionale la sensibilità aiuta la poca intelligenza.

    Il mio merito è di essere Fedele, Vincenzo, eppure vivo all’estero, e non per essermi sollevato contro il Sistema, di queste cose io ci capisco poco, ho le mie idee che sono completamente appollaiate su un alto ramo di baobab e ci resteranno finché una raffica di vento o un uccello maldestro non le faranno cadere, o planare verso altri alberi più bassi.

    Il mio merito è quello di interessarmi poco al sistema: è quello di seguire, come te, una passione. Pensa che penso proprio che accettero’ la proposta di lavorare in un sandwich bar. Per potermi dedicare alle mie passioni, Vincenzo, per portare a termine la mia scuola di teatro e per buttarmici dentro a quattro piedi, per continuare ad amare questo Tamarindo chéri. Si chiama “lavoro alimentare”.

    Non mi umilio, sono contento. E Vincenzo, ti diro’: sono divertito di essere un Dottore che tosta panini. Non lo sapevo, ma era la vita che volevo questa che sto facendo.

    E me ne sono accorto prima che il Sistema mi incenerisse in un ufficio.

    Bonne journée, Vincenzo.

    Grazie Cecilia!

  3. Una riflessione sulla colonna sonora, mai così calzante:
    dal Faber di Storia di un impiegato a Lennon, parlando di sistema. Il primo, uno dei miei dischi, geniale per lucidità: la parabola del piccolo borghese, dalle ambizioni frustrate e dagli alibi che cascano addosso, che cerca di riscattare delusioni personali e lavorative con un manto di ideologia ed il gesto eclatante dei poveri di spirito. La bomba contro il Sistema (concetto da sempre oscuro) che esplode, ridicola, in un chiosco di giornali. La salvezza, alla fine, nel carcere e nell’abbandono dell’io verso il noi, nel capire la velleità del concetto di questa rivoluzione. Un capolavoro anarchico, contro ogni violenza, da non far ascoltare nelle scuole perché facilmente ideologizzabile e di difficile comprensione.
    Quanto calzi l’ex Beatles con la rivoluzione ho da capirlo ancora: il sistema non lo ha colpito, anzi. Membro della più grande boy band della storia, ha trovato fama, successo, soldi grazie al sistema, e proprio grazie a questo si è costruito una fama di libero pensatore (libero poi da cosa?) e musicista, ritrovandosi rivoluzionario post ‘68, ergo nella fase discendendente di quella che è la rivoluzione fallita del secolo scorso. Il resto è retorica. Il Sistema che fa rivoluzione?
    La chiave, hai proprio ragione Misha, è la passione. Salvarsi prima dell’ufficio e prima di avere una Mercedes berlina.

  4. Cecilia, ti sento vicina e anch’io come Misha, ho provato un filo di commozione nel leggere il tuo commento. Forse partirò, scriverò altri articoli, ne sono certo, aspettami.

    Misha, la passione da sola non basta a salvarci. Esigo un Sistema capace di garantire la Giustizia, l’Uguaglianza e il Diritto. Ultima considerazione: la Fedeltà imposta può dirsi Fedeltà?

    Riccardo il Sistema ha colpito John Lennon. Analizza con lucidità la sua vicenda personale, gli anni newyorkesi. Se riesci, lo dico di cuore, visiona quel grande documento storico che è: “The U.S. vs. John Lennon”. Dopo averlo fatto, se lo desideri, torna negli spazi del Tamarindo per continuare questa chiacchierata. Sarò io allora, come Cecilia, ad aspettarti, aperto, sempre, al confronto, capace, sempre, di cambiare opinione.

    V

  5. Ragazzi, che emozione … finalmente un muro che mi rimbalza la sua eco. Non ho molto tempo, per cui vado velocissima. Vi ricordate quella canzone di Gaber che diceva “un’idea, un concetta, un’idea … se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione” … tutto il testo è una “epifania” … la mia generazione, quella che voleva fare la rivoluzione, appena si è trovata dalla parte opposta della barricata, ovverosia ho ottenuto un qualche potere economico o politico, ha adottato gli stessi schemi di pensiero di quelli che loro stessi avevano combattuto e hanno cominciato a proteggere la propria seggiolina … forse solo chi ha fatto scelte “insicure”, scelte di “non-potere”, ha mantenuto la propria sofferta innocenza. E visto che sono comunque sopravvissuta finora anche senza la sicura seggiolina, non ho perso la speranza di riuscire a creare qualche oasi di condivisone e confronto, e voi ne siete la prova. Alla prossima e grazie ancora.

  6. Sono le stesse cose che si dicevano 20 anni fa’…poi adesso e’ sicuramente peggio! Non puo’ esistere un popolo di Premi Nobel ed una classe politica di merda, e/o viceversa.
    Eh bravo Vinz

  7. Cecilia la tua generazione, ci dici, gridava Viva la Revoluciòn.
    Ieri qui a Berkeley è passato un ragazzo con una maglietta rossa. Sopra aveva una scimmia con il basco da rivoluzionaria e la scritta “Viva la Evoluciòn”.
    Voi credevate nella Rivoluzione e vi siete sbagliati. Noi abbiamo provato a credere nella Evoluzione e forse ci siamo sbagliati di nuovo. Qui si va a passo di gambero come dice Umberto Eco. Indietro tutta. Un paese che sprofonda.
    Per completare il trittico di Lennon ci manca di trovare la Soluciòn.
    Oggi il New York Times parlava dello stato della cultura italiana. Questo l’attacco:

    “We are very, very very old” said Antonio Paolucci, the director of the Vatican Museums, when asked one recent morning whether Italy, rather than moving around the deck chairs of its cultural policy, as it has done for ages, might someday acutally consider real reform…

    Moving around the deck chairs of its cultural policy… come dirlo meglio?

  8. Sono un sognatore, Vincenzo. Fino ad oggi la potenza della passione mi ha sempre fatto del bene. Mi ha fatto scegliere strade controverse, e sono qua a raccontarle sul Tamarindo. cito una frase (liberalmente tradotta dal film che ho visto - the sixth gate, credo), che dice: ho molta più fiducia in una fedeltà che compro piuttosto che in una fedeltà spontanea.

    Una fedeltà imposta ha qualcosa di diverso da una fedeltà sincera? Una fedeltà imposte non ha molte più possibilità di essere durare il tempo che deve durare? LE persone che ti circondano ti sono sempre state fedeli, Vincenzo? E tu, sei sempre stato fedele a Loro? e ancora, quando qualcuno ci è fedele, o quando lo siamo noi in qualcuno, non va questa fedentà nutrita, curata, limata, ricostituita, reinventata ogni giorno?

  9. caro Misha, io credo di credere nella libertà individuale. Combatterò per la mia libertà, concederò libertà alle persone che amo. La fedeltà non penso si possa comprare, la complicità sì.
    Mi trovo in assoluto accordo con te quando sostieni che la fedeltà debba essere nutrita, curata, reinventata ogni giorno.

    V

  10. Lungi da me fare proselitismo, ma vorrei citare qualche parola di Osho che può rispecchiare la realtà non solo dell’Italia ma del mondo intero: “E’ necessario che siate consapevoli di chi sono i veri criminali. Il problema è che quanti vengono ritenuti grandi leader, grandi simboli di santità e di rispettabilità, sono autentici criminali: è necessario smascherare tutte queste persone, in quanto loro sono le cause dei vostri problemi…I politici e i preti da sempre cospirano tra di loro, lavorano insieme mano nella mano…Il politico protegge il prete e il prete benedice il politico; le masse vengono sfruttate e il loro sangue è succhiato da entrambi. Creando professioni di fede intorno a finzioni, le religioni hanno instupidito la mente dell’uomo; e i politici hanno distrutto l’uomo creando una vita assolutamente priva di dignità, dato che il loro potere si fonda sulla vostra schiavitù. Questi ostacoli devono essere abbattuti”.

  11. Villo, amico mio, illuminante citazione. Non credo che tra di noi ci siano persone che vogliano abbattere e distruggere nessuno. Il diritto non si può ottenere attraverso la soppressione dei diritti altrui.

    Non ho letto Osho, il suo ragionamento mi sembra calzante ma anche pericolosamente libero alla sensibilità interpretativa di ogni persona.

    Ora, i poteri devono esistere, non credo all’anarchia. Dico, anzi, per fortuna che c’è la Chiesa.

    Ho scritto: Rivoluzione, Evoluzione, Soluzione? Il punto interrogativo cambia il modo di interpretare queste parole. Ogni ideologia, filosofia, credo, religione, ha in sé la capacità di ottundere la mente dell’uomo.
    Io non so, non sono in grado di dare soluzioni, cosa che tu sembri riuscire a fare. Non so dire se tu sia uno step avanti o dietro di me.

    Mi fermo, continuo a leggere, pensare, proporre.

    Grazie per il tuo commento. V

  12. Potrei risponderti con altre mille citazioni, ma preferisco non farlo.

    Ma “per fortuna che c’è la Chiesa” proprio non me lo aspettavo…Scherzo!

  13. Vedi, considero la Chiesa, nonostante gli immani errori che ha commesso, un’istituzione fondamentale. Il punto credo sia come gestire questo potere. Vorrei garantire la libertà di espressione a chiunque. Se la Chiesa, o chi altri, non riesce a concedere ciò non capisco dove sia la filantropia sbanderiata ma certo non posso mettermi a fare la guerra contro tutti.

    Ho letto Sun - Tzu, L’arte della guerra, non l’ho trovato molto interessante. C’è però una frase che desidero citare:
    “Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore”.

    V

  14. salve, sono stata assente tutto questo fine settimana e quindi posso commentare solo ora -
    per quanto riguarda l’importanza o meno della chiesa, di un potere di controllo, di un’autorità riconosciuta … sono anch’io d’accordo che ci vuole “qualcuno” (come in una famiglia, se non c’è il papaà e la mamma che “giudano” andrebbe tutto a catafascio) - il problema oggi, come 2000 anni fa, è che chi assume il “potere” prima o poi cede alle sue lusinghe e perde di vista il fine ultimo di questo “potere” che dovrebbe essere “essere al servizio degli altri”.
    Vorrei citare l’ultimo volume della serie di “Harry Potter”: alla fine di tutto, dopo la sconfitta di Voldemort, Harry chiede al ritratto di Silente perché tutto questo è accaduto proprio a lui. E Silente risponde che il miglior leader è colui che non lo vuole diventare, ma che si rende conto di dovesi farsi carico di questa responsabilità che gli viene data perché lui è in possesso delle doti necessarie per farsene carico (non cito letteralmente). Il nostro problema oggi, è che tutti si arrogano il diritto di autodefinirsi “capi” e hanno dimenticato che tale potere (sia esso in senso economico, politico, religioso, spirituale, mediatico, …) dovrebbe venir concesso e non acquisito. Chi vuole avere potere è automaticamente destinato a sbagliare perché l’obiettivo (il desiderio di potere) è sbagliato.
    In teoria ogni uomo/donna che ha oggi potere dovrebbe guardarsi allo specchio ogni sera e dire “Allontanate da me questo calice, ma sia fatta la vostra volontà”. Ma basta guardare il nostro Silvio o tutto il resto della banda per capire che tale “forma mentis” è distante da loro mille anni luce.
    Mosè non voleva prendersi cura del suo popolo, eppure lo ha portato fuori dalla terra d’Egitto.
    Mi auguro prima o poi di sperimentare un uomo/donna di questo tipo.
    Cecilia

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