Maestro unico o maestro prevalente: è questo il problema?

Di Alessandro Berni • 30 gen 2009 • Categoria:Società • 3 Commenti

“Scuola”, fino alla fine del Medioevo occidentale, ha significato quasi unicamente scuola ecclesiastica: monasteri e chiese erano i luoghi principe di trasmissione del sapere. Fino alla fine del medioevo occidentale, chi desiderava un’istruzione filosofica e artistica, per cominciare doveva inginocchiarsi e pregare.
Nel corso del rinascimento i livelli d’alfabetizzazione cominciarono ad aumentare considerevolmente soprattutto grazie alla diffusione della stampa a caratteri mobili. Solitamente, la domanda d’istruzione aveva obiettivi riconducibili all’esercizio di attività artigianali e mercantili, alla retorica applicata al potere politico.
Strozzate tra il culto di dio e quello per il denaro, l’arte e la filosofia hanno continuato a respirare fino ad uno ieri molto recente.
Strozzate da due imperi che contemporaneamente stanno crollando; la filosofia e l’arte sono ancora vive, in disparte a prendere fiato, ad aspettare.
Oggi, i rantoli del mondo sono più confusi. La parola Dio non vale più niente; il denaro, finito di comprare tutto, ha cominciato a vendere se stesso.
Sta finendo un’era. Quella dell’Essere dipendente dall’Avere.
“Siamo quello che abbiamo”, ha sorriso la televisione fino a quando tutti gli hanno creduto; fino a quando sempre più uomini sono arrivati a pensare: “Abbiamo tutto, tranne quello che siamo”.

Don Lorenzo Milani ha insegnato che a scuola non si va per imparare la legge, ma per permettere agli studenti di entrare con esse in contatto, in discussione con la propria coscienza. Può anche succedere che durante questo dibattito tra la legge e se stesso, lo studente incontri una legge che scopre sbagliata.  L’intimo processo che descrive il conflitto tra le leggi ed il suo cittadino si chiama obiezione di coscienza. Questo tipo di controversia la conoscono bene gli animi dei giudici, in quanto la tragedia del loro mestiere è sapere di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste. Don Lorenzo Milani ha insegnato che col proprio esempio di vita, con appena due lettere inviate al mondo, si può migliorare enormemente la società in cui si vive e quindi il suo futuro. Il dibattito tra maestro unico o maestro prevalente in sé non vale niente, e non vale niente nessun altro dibattito fino a quando la scuola non otterrà dalla sua società l’espresso ruolo di disturbatore della società stessa. Emancipare l’uomo dall’uomo, dal piacere di dominare, dovrebbero essere i primi due precetti di un sano stato di diritto che abbia il chiaro dichiarato ruolo di EDUCATORE.

educazionescuola
Alessandro Berni

Alessandro Berni Trentun’anni, quasi tutti in Europa. Ecrivain et révolutionnaire. Re musa: tutto ciò che lo tocca, si tramuta in poesia. Cintura nera di cose da niente, maestro zen d’utopie da inventare. Corteggiatore dell’ignoto. Innamorato, amato, dal nulla. Alla fine di un percorso accademico completo, decide di partire per Kibera, bidonville di Nairobi con un unico obiettivo: abiurare il suo io. Ripartire da zero. Dopo sei lunghi e strani anni torna a Parigi, arriva a zero. Oggi, finalmente oggi, spettatore convinto del cambiamento di un’era, vive infatuando l’Europa, per preparare la rivoluzione in America e, nel frattempo, mangia pasta ogni giorno, per non perdere il suo accento. Ammaliante nei bisogni, sedotto dal bisogno di raccontare, a proposito di tutti i suoi sbagli passati, ha due unici grandi rimpianti: avrebbe voluto commetterli prima, avrebbe voluto farne di più grandi. Segni particolari: una gabbia d’uragani al posto del cuore.
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Commenti: 3 »

  1. Caro Alessandro,
    condivido in pieno il richiamo al ruolo di educatore dello Stato. Si levano ogni giorno nuove voci, a ricordare che il futuro è nelle mani dell’istruzione. Mi piace molto anche il concetto di scuola come disturbatore della società stessa, volta ad un progresso grazie alla messa in discussione di traguardi raggiunti, non sempre giusti, analizzati a posteriori.

    Mi permetto di discostarmi invece da un tuo pensiero “la parola di Dio non vale più nulla”. Non penso. Io credo che la Chiesa abbia saputo adattarsi nel tempo, ed accostarsi ultimamente all’importanza del denaro, come fece in passato attribuendosi il compito di legiferare, facendo del diritto qualcosa di giusto perchè divinamente illuminato.
    Il mondo cattolico ha una storia millenaria, perchè le religioni hanno la capacità (essendo alla base Filosofia) di vestire i panni necessari ad un determinato momento storico. Anzi, credo che proprio in questo momento di ricerca dei valori, di vuoto spirituale, di delusione in quella tecno-scienza-economia cui l’uomo si è affidato per rispondere alle domande della vita nell’ultimo secolo, la Chiesa trovi terreno fertile per discostarsi nuovamente da ciò che sta crollando.
    La Chiesa è multiforme, questa è la sua forza. E credo veramente che sottovaluti con quel pensiero la potenza di una religione che ha portato determinati valori, che poi l’uomo ha laicizzato ed iscritto i carte di principi fondamentali.
    “Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” e “la libertà personale si ferma dove comincia la libertà altrui” sono principi decisamente prossimi, quasi coincidenti.

    Penso che la Chiesa dovrebbe ritrovare la sua forza ammodernizzandosi, riconoscendo l’epoca in cui vive. Invece di richiamare fedeli con discorsi retrogradi (non tutti, ma molti), soprattutto in un paese come l’Italia, se si facesse portatrice di cultura e senso della RESPONSABILITà, troverebbe un largo seguito. A mio parere, la parola di Dio non è morta, potrebbe tornare molto forte. Ed è capace di discostarsi dall’ “Essere uguale ad avere”.

    Grazie per l’articolo.
    Viola Nicodano

  2. Cara Viola,
    grazie per le profondità della tua riflessione.

    L’articolo che ha ispirato il tuo commento non è fatto di verità assolute tanto meno relative, bensì di emozioni scritte dal cielo ideale in cui abito. So bene che è pieno d’imperfezioni, facilmente attaccabile ad ogni capoverso. Potrei mettermi a distruggere io stesso ogni frase scritta dimostrando decisamente il contrario di quanto affermato, ma almeno stasera preferisco lasciar riposare le mie personalità in fila per tre e col resto di due e concentrarmi su un tentativo di risposta per le tue parole.

    I valori che chiami in causa esistevano anche prima della nascita della chiesa (quella cristiana e cattolica immagino) che nomini. E per esistere ancora non hanno bisogno di essere accompagnati da alcun dogma religioso.

    Considerata la storia millenaria di questa religione che ricordi, non ci penso nemmeno a mettermi a fare un bilancio lungo venti secoli sull’utilità della chiesa (sempre quella cattolica e cristiana) per l’uomo. Probabilmente il risultato finale è positivo. Senz’altro il sangue dei martiri e quello delle cosiddette guerre sante sono state due voci fortemente negative, ma non basterebbe una vita per ricordare tutte le azioni positive. Per questo, parlando al passato ho smesso di considerare Dio e la religione come una perdita di secoli per l’umanità. Pensando al futuro continuo ad essere convinto che nel giro di un paio di secoli non ci sarà più spazio per loro.

    Puntualizzo che io non ho scritto che la parola di Dio è morta, ma è proprio il termine Dio ad essere finito, sbriciolato dal suo uso: le parole degli uomini lo hanno totalmente consumato come il vento che a forza di soffiare si porta via le montagne. Lo scrivo ancora: oggi questa parola non vale più niente. Lo dimostra il fatto che la “parola di Dio” intesa come i tanti valori positivi che comprende ogni religione inclusi quelli che tu hai chiamato in causa possono esistere anche senza Dio.

    Che Dio sia morto lo ha scritto e ben spiegato Nietzsche più di cento anni fa. E per il resto della sua vita questo immenso filosofo con diversi libri ha spiegato meglio i significati di questa affermazione rallentando ed interropendo di fatto l’evolversi del suo pensiero filosofico.
    Io no. Io vorrei andare avanti. Che Dio sia morto è stato già detto troppe volte, da troppe voci e per troppi motivi. È il momento di guardare, prepararsi al dopo. Dio è morto ed il suo funerale è ancora in corso. È durante questo funerale che stiamo vivendo, che stanno uccidendo anche il prossimo. Ignorando le sue urla e la sua gioia di vivere lo stanno seppellendo vivo. Siamo la just me-generation. A pensarci bene non siamo neanche una generazione. Ognuno è troppo preso da se stesso. Non considero delle verità neanche quello che sto scrivendo adesso e non sento come delle verità tutto quello che ha scritto Nietzsche. Da scimmie a uomini, da uomini a super-scimmie. Ecco cosa diventeremo se la pietà abbandonerà totalmente i nostri cuori.

    Ma a questo punto non dimentichiamoci che la morte di Dio ha un ruolo marginale nell’articolo di cui stiamo parlando. È stato messo in causa per contestualizzare il momento storico che stiamo vivendo: il crollo di un’era. Perché le ere si sa non finiscono solamente, ma cadono dolorosamente, crollano per lunghi anni addosso ai valori di chi le abita.

    L’argomento madre è l’istruzione, qual è il suo ruolo, chi lo ha diretto, chi dovrebbe dirigerlo e verso quali direzioni. Tutti aspetti che riconosco di aver appena accennato senza dire poi molto.

    Cinque anni fa, lessi che in un angolo sperduto della Russia era stato trovato un bambino di circa sette anni che camminava e guaiva come un cane. Si scoprì che questo bambino, ritrovato in un bosco, era stato allevato da un gruppo di cani selvaggi.
    Non dimentichiamoci che senza educazione un uomo è capace di tutto. Anche di camminare a quattro zampe e abbaiare per tutta la vita. Educato da una società totalmente senza Dio, chissà..

  3. Russia: trovata bimba di 5 anni allevata
    da cani e gatti, non parla, ma abbaia
    Rinvenuta in un appartamento fatiscente da cui non poteva uscire.

    http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_28/russia_bimba_allevata_cani_gatti_aca11922-4b6e-11de-a6f4-00144f02aabc.shtml

    MOSCA (RUSSIA) - Una bambina ignorata dai genitori e dai nonni e «allevata» da cani e gatti, di cui ha finito per apprendere il linguaggio: è la storia di degrado scoperta dagli agenti per la protezione dell’infanzia a Tchita, in Siberia Orientale. La bambina, di cinque anni, è stata trovata in un appartamento fatiscente da cui non poteva mai uscire, dove non aveva imparato a parlare e in cui cercava di comunicare abbaiando.

    LA STORIA - «Durante cinque anni è stata allevata da diversi cani e gatti, e non è mai uscita una sola volta - ha spiegato la polizia locale in un comunicato - la piccola si è buttata sugli agenti come un cagnolino». Pur comprendendo il russo, la bambina non era però in grado di parlarlo e cercava di esprimersi «parlando il linguaggio degli animali». Il particolare più inquietante riguarda le abitudini alimentari assunte dalla bambina: «Non mangia con il cucchiaio, lo mette da parte e lecca», ha raccontato al canale tv «Rossia» Nina Emeltchougova, lavoratrice nell’istituto dove la bambina sta ricevendo assistenza medica e psichiatrica. La bambina, soprannominata dalla polizia «Mowgli» come il bimbo allevato dagli animali ne «Il libro della giugla», salta sulle porte abbaiando quando viene lasciata sola in una stanza. La famiglia, secondo i vicini, era estremamente asociale, fino al punto di uscire solo di notte per non incontrare nessuno. Lo scorso marzo, il presidente russo Dmitri Medvedev aveva chiesto di agire con urgenza per mettere fine alle violenze sui bambini: Medvedev aveva affermato che in Russia vi sono 760.000 minori in «condizioni socialmente pericolose».

    28 maggio 2009

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