L’Abituazione ed il Cavaliere Esistente

Di Marco dall'Olio • 15 apr 2009 • Categoria:Italia • 7 Commenti

LumacaAbituazione è un anglismo, da “habituation” , dal gergo delle persone anglofone in camice bianco. Neuroscienziati e psicologi usano questa parola per riferirsi al cosiddetto fenomeno dell’ “adattamento neurale”, quando la sovraesposizione ad uno stimolo causa una decrescita graduale nella reazione nervosa.
È un fenomeno universale in ogni specie dotata di sistema nervoso, dai molluschi ai mammiferi, dagli scarafaggi agli esseri umani.
Toccate una lumaca, e si ritrarrà. Continuate a toccarla e diventerà indifferente al vostro fastidioso dito. Allo stesso modo, la fauna di parchi e riserve si abitua gradualmente ai turisti, e gli animali si fanno sempre più coraggiosi nei confronti degli insediamenti umani.

Esistono diverse ipotesi sulle ragioni del fenomeno. Dal punto di vista evolutivo la funzione è chiara, se c’è qualcosa di neutro nell’ambiente circostante, meglio non sprecare tempo e risorse ad interagirci. Dal punto di vista fisiologico, le cause sono state scoperte da Eric Kandel , premio Nobel per la medicina nel 2000, che ha dimostrato come le riserve di neurotrasmettitori in ogni neurone siano limitate, e si scarichino, se sovrautilizzate.
Tutti siamo familiari con il fenomeno, se non con la parola(ccia). Se ripeto una parola ad alta voce consecutivamente, un esempio a caso, “Cavaliere”, mi accorgo che il significato, e le reazioni psicosomatiche ad esso associate, svaniscono gradualmente. E qual è il modo migliore per rovinarsi il gusto di una canzone? Ascoltarla ossessivamente tutto il giorno. Le note che fino a qualche dozzina d’ascolti fa vi davano brividi lungo la schiena, ora passano inosservate.
Questo principio è universale, trascende le culture e fa parte della nostra natura fisiologica. Grazie ad esso siamo in grado di adattarci al più crudele degli ambienti, ed a ritrovare un senso di normalità anche nelle condizioni di vita più abbiette.

Dove sta dunque il collegamento tra abituazione e politica italiana?
Per introdurlo, lasciate che vi presenti Jack. Jack è un loquace studente di filosofia londinese, nonchè mio coinquilino. Avendo vissuto nel paese, conosce la politica italiana, ed è quantomeno turbato dalla figura di Silvio Berlusconi. Nelle nostre frequenti interazioni verbali, non ci è voluto molto perchè Jack s’accorgesse di quanto quel nome sia un “conversation closer” con il sottoscritto. Non importa quali strade la conversazione abbia preso fino a quel momento, lui ormai sa che gli basta sterzare in direzione Arcore per abbandonare all’istante qualsiasi altro argomento.
“Marco, it doesn’t matter how hard you try to explain, I still can’t understand how that’s possible”. Questa è la cantilena che mi devo sorbire settimanalmente. Ai suoi occhi, la sola esistenza di un tale personaggio nel bel mezzo dell’Europa democratica è incomprensibile e sconcertante.
Io ho provato a spiegarglielo, ho fatto del mio meglio. Nelle ore ed ore di autopsia verbale, abbiamo provato di tutto, abbiamo comparato le radici culturali delle nostre patrie, abbiamo analizzato l’evoluzione storica della politica italiana, la condizione dei media, le vicissitudini personali del Cavaliere, ma nulla, il turbamento di fronte alla sua esistenza non è calato affatto.
Ma questi scambi non sono stati vani. Non ho risolto la sua incredulità, ma grazie a lui ho capito che, dopo tanti mesi lontano dalla patria, anche io stavo incominciando a condividere il suo stupore ed a sentire una profonda dissonanza nei confronti dell’esistenza del Cavaliere. Non fraintendetemi, la sua esistenza ha sempre suscitato in me emozioni forti. Ma stupore mai. Ovvio che esiste! è sempre lì, con il suo sorriso odioso, ad intasare il discorso politico ed a condurre la sua personale battaglia contro l’invecchiamento. Ma la sua mera esistenza non mi aveva mai stupito. Non finché ho lasciato il paese. Ora, dopo quasi un anno, sono allibito, sconvolto. Come è possibile che nessuno si renda conto che siamo in una tirannia morbida? Stupore.

E questo stupore ci riporta all’abituazione. Essendomi sottratto al bombardamento mediatico della vita nazionale, i miei neuroni si sono disintossicati pian piano dal Cavaliere, ed hanno riaperto le porte alle reazioni emotive. Quelle frequentate strade neurali legate alla sua figura si sono spopolate. Risultato: il solo nominare il Cavaliere mi fa aumentare la pressione, mi chiude lo stomaco e mi da un principio di nausea.
Questa epifania sulle mie reazioni emotive mi ha mostrato un’ulteriore ragione dietro l’esistenza del Cavaliere. Non solo la sua storia personale, la corruzione ed i legami con l’establishment politico degli anni ‘80. Non solo le acrobazie finanziarie e la conquista dell’impero mediatico. Ma l’abitudine, il senso di disumana ordinarietà che oramai circonda la sua figura, l’anestesia neurale che attanaglia tutti.
Oramai nessuno è più sorpreso dalla sua esistenza. L’abituazione ha vinto, lo sconcerto è scomparso. Lo spettro emotivo che il Cavaliere suscita è ancora vasto, dalla simpatia all’odio, dall’ammirazione al disprezzo. Ma il senso dell’assurdo non più. La sovraesposizione ce lo ha normalizzato, ci ha costretti ad accettarlo.

Chiudo con un umile richiesta: idee per disabituarci?

BerlusconiPolitica
Marco dall'Olio

Marco dall'Olio Emerge dalle marroni acque della riviera romagnola. Si contorce per i successivi 24 anni in cerca di un’identitá, mutando come lo Zelig di Allen. Appassionato fin dalla tenera etá di filosofia e scienze morbide, matura presto la convinzione di essere il depositario del Sapere Umano. E se ne lamenta costantemente. Affascinato dalla sorprendente capacitá dei suoi simili di emettere suoni e trasmettere significato, studia linguistica a Bologna. In un rapporto costante di amore/odio con l'America ed i suoi pensatori, attualmente situato in California, Berkeley, dove insegue metafore concettuali e si mantiene a stento come scrittore di libri di self-help, ed annunciatore part-time di Fine del Mondo.
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Commenti: 7 »

  1. La prima volta che dici una cazzata è una cazzata, la seconda volta è una cazzata già sentita, quando tutti i tg nazionali la ripetono per la milionesima volta è un fatto aquisito.
    Cfr i sondaggi del 2003 su USToday il 70% degli americani si dichiarava convinto che Saddam Hussein fosse personalmente implicato con gli attentati dell’11 Settembre.
    Il bello è che la trentesima volta che la ripeto mi ci convinco pure io. Craxi è morto in esilio, Andreotti è stato dichiarato innocente, io sono perseguitato dai giudici comunisti. Se non finissi per crederci pur io non credo che sarei cosi bravo a convincerne gli altri.

    PS è fenomenale come quegli altri non abbiano ancora capito niente. Micromega e Di Pietro parlano di regime ininterrottamente da 15 anni, la maggior parte delle volte completamente a spropostio. Ormai gli italiani cambiano canale appena sentono la parola,se non è abituazione questa… La volta che mi venisse voglia di farla grossa e quelli dovranno urlare al lupo per davvero non li ascolterà più nessuno. Comunque stiano tranquilli non credo che farò pazzie, con l’opposizione al 25% la democrazia non è poi cosi male.

  2. Silvio, non so nemmeno se lo fai apposta. A volte mi sembra quasi che non ci sia nulla di pianificato o costruito nella tua persona e nelle tue credenze. Secondo me al tuo essere il salvatore della patria e santo martire perseguitato ci credi sinceramente.

  3. Articolo delizioso.

    Complimenti!

  4. SEGNALO: Il compagno Silvan invece ha chiuso.

    L’Unità - domenica 19 aprile 2009 - pag. 3

    Domenica in (ginocchio) - di Marco Travaglio

    Cronache di ordinario regimetto. Domenica In, sette giorni fa: Lorena Bianchetti, pia conduttrice di ascendenze vaticane, ospita il mago Silvan che armeggia con bacchetta e foulard per farle sparire l’anello dal dito. Il prestigiatore, con grave sprezzo del pericolo e del contraddittorio, azzarda una battuta: «La bacchetta magica la impresteremo a Berlusconi» (che aveva confidato dall’Aquila di non averne una). Alla parola «Berlusconi » cala in studio un gelo polare. La Bianchetti vede passare dinanzi a sé tutto il film della sua vita (una serie di fotogrammi vuoti): il cerone si fa bianco-cadavere e poi verde-bile, la mandibola si contrae in un’orrenda paresi, l’occhio sbarrato cerca un aiuto che non arriva. Maschera di terrore. Le telecamere non documentano quel che avviene in studio: un agitarsi convulso di assistenti, autori e funzionari che mimano il cappio al collo, o la raffica di mitragliatrice, o la V di Vauro, poi congiungono le mani in preghiera. Intanto l’anello sparisce e l’ingenuo Silvan sorride in attesa dell’applauso. Niente. Pochi istanti di vuoto, poi la poveretta ritrova la favella e, con un fil di voce, esala: «La tua battuta era assolutamente personale. Colgo l’occasione per ringraziare le istituzioni molto presenti sul campo con grande impegno concreto e tutti i volontari e le persone che stanno dimostrando grande unità. Perdonami, Silvan, è un’osservazione che personalmente volevo fare». Stacco pubblicitario: la portano via. Se la caverà con una settimana di sospensione, al massimo con un deferimento al Comitato Etico. Il compagno Silvan invece ha chiuso.

  5. il punto di vista è interessante, su certi aspetti condivido.

    eppure, se chiedi al tuo amico quale era il nome del candidato che al plenipotente Silvio si opponeva, immagino troverai un discreto silenzio come risposta.

    se gli dovessi poi chiedere un’opinione generica sulla politica italiana al di là del suddetto plenipotente, ti potresti sentire qualcosa come ‘ah, 500 partiti, 50 governi in 50 anni’.

    la prima risposta denota da una parte un leggero stereotipo, dall’altra l’incapacità di proporre qualcuno o qualcosa che riesca perlomeno a far ricordare il suo nome (per non dire rimanere sulla sua poltrona) per qualche mese, al fuori di Roma.

    la seconda risposta denota quel pregiudizio e, in definitiva, quella profonda ignoranza, che molto spesso ci viene riservata da scandinavi e anglosassoni, nel loro assunto mito (habituation?) di vivere in un posto migliore.

    non ritengo gli inglesi dei barbari perché non hanno una Costituzione.
    né perché insistono a mettere una anziana signora abbigliata in rosa confetto in mezzo ad un raduno di capi di governo che lì sono per tutt’altri motivi.
    né, tanto per cambiare prospettiva, perché dispongono di un arredamento del bagno estremamente semplificato o camminano su moquette la cui vecchiezza è per noi scandalo igienico permanente.

    credo che lo stereotipo che ci circonda in Europa non sia prodotto e risultato dell’azione dell’allmighty Silvio.
    I suoi comportamenti certo ricordano e rafforzano la dubbia immagine di grossolano pastasciuttaio che espone anche chi, evidentemente, non vorrebbe esserne associato, ad un ludibrio che, però, altri trovano divertente ed in qualche modo accettabile.

    in conclusione, credo che per la maggioranza dei sostenitori del plenipotente si tratti più di un fenomeno di ‘identification’, che di mera ‘habituation’.

    ovviamente, spero abbia ragione tu (ed io di avere torto): se fosse solo habituation, potremmo almeno sperare che, passato Silvio, non ne arrivi un altro.

  6. Caro Marco
    sono il babbo della Beatrice. La tua mamma mi ha detto del blog. Ho letto il tuo pezzo. Ci accomuna lo stordimento che il nostro premier arreca alla nostra idea di politica. Vorrei dirti che la tua tesi sul fenomeno ha tratti di suggestione, ma deve essere corredata da consapevolezze storico-culturali. Ho potuto capire quanto di mostruoso ora sta accadendo nel nostro sventurato paese, avendo letto diversi anni fa due brevi libri che ti caldeggerei: di Carlo Tullio Altan - Italia, una nazione senza religione civile - Istituto Editoriale Veneto Friulano e di Antonio Gambino - Inventario Italiano - Gli Struzzi Einaudi. Una altra frase di Pasolini racchiude il senso del degrado italiano, aggravato ora da una crisi mondiale economico-finanziaria di cui non si conoscono gli sviluppi futuri. Pasolini, un chiaro preveggente, si scagliò verso l’omologazione culturale che la televisione avrebbe arrecato, ed ebbe a dire negli anni ‘60 degli italiani : “il popolo più analfabeta e la borghesia più ignorante d’Europa”. Ecco è questo il brodo culturale dove il fenomeno Berlusconi ha avuto gioco facile. Sembra proprio che il nostro paese abbia una facilità strabiliante a sfornare regimi illiberali. Ebbene un paese ignorante ha anche una facilità speciale nel portare ai vertici venditori di sogni. Perché di questo abbiamo a che fare. B. è un insuperabile maestro in questo, certamente suffragato da un controllo mediatico pressoché totale. La realtà in Italia è quella che decide lui. A questo si è arrivati. Tecniche raffinate di persuasione nella percezione della realtà. La reiterazione linguistica che tu analizzi è una di queste.
    Tu tutto sommato sei in una condizione ideale, sei fuori dalle balle da questo bailamme politico-culturale che sta appestando l’aria. Ci sono migliaia e migliaia di italiani allo stremo a causa della campagna di persuasione mediatica e dello stravolgimento delle regole civili e democratiche. La memoria storica è calpestata sistematicamente da un revisionismo becero e odioso. La coesione sociale minata da leggi inique e ingiuste. Tu puoi però avere un compito non indifferente. Testimoniare fuori dai confini del nostro paese a tutti i tuoi amici il disagio che i cittadini italiani democratici stanno soffrendo e che dovranno soffrire a lungo e metterli al corrente che l’infezione può diffondersi, specie in momenti di crisi come l’attuale, affinché i loro paesi non debbano correre questi rischi e affinché i loro paesi sappiano isolare il rischio di nuovi fascismi. Ecco, la parola ! La madre di tutte le infezioni.
    P.S. L’ habituation peggiore è quella dell’ indifferenza di un popolo rispetto ai sentimenti di indignazione.
    Ciao e buona fortuna

  7. [...] ma il risultato è chiaro. A un certo punto ci si stanca anche di indignarsi. È il fenomeno dell’abituazione di cui parlava Marco qualche tempo fa qui sul Tamarindo. Ogni volta è peggio. Ogni nuova sparata [...]

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