Il diritti del malato terminale
Di Ernesto Benelli • 20 apr 2009 • Categoria:Europa, Italia • 2 CommentiScosse da alcuni fatti di cronaca particolarmente crudi, le opinioni pubbliche francese ed italiana hanno cominciato ad interrogarsi seriamente sulla necessità di disciplinare una materia tanto delicata quale quella inerente l’accompagnamento dei malati terminali verso il trapasso. Il dibattito si è articolato prevalentemente su due direttrici: la ferma rinuncia all’eutanasia attiva, contrariamente a quanto hanno scelto altri paesi europei, e l’elaborazione di un obbligo per i medici di prendere atto della volontà del malato prima di adottare misure irreversibili.
A questo proposito analizzeremo brevemente la legge francese dell’aprile 2005, per poi illustrare le maggiori differenze con il Disegno di legge Calabrò, recentemente approvato dal Senato.
Il parlamento transalpino ha approvato, il 22 aprile 2005, una legge relativa “Ai diritti dei malati ed alla fine della vita”. Timida, contraddittoria e lacunare, ma precorritrice ed audace se paragonata al vacuum che regna ancora nel nostro ordinamento, tale normativa prevede alcune soluzioni recentemente dibattute nelle anche nostre aule legislative.
Il dispositivo francese, applicabile solo a persone aventi un quadro clinico definitivamente compromesso, si fonda sul concetto di “eutanasia passiva”, in altri termini, è permessa l’interruzione di trattamenti aventi il solo scopo di prolungare artificialmente la durata della vita qualora si dimostrino inefficaci, lasciando sussistere le sole cure palliative.
Se il paziente, affetto da una patologia incurabile in fase terminale, sia in possesso delle sue facoltà mentali, può decidere la sospensione o limitazione ogni trattamento, comprese alimentazione ed idratazione. In tal caso, il medico curante è obbligato al rispettarne la volontà, dopo averlo delucidato, però, sulle conseguenze della sua scelta. Il legislatore transalpino, in questa fattispecie, ha applicato due principi fondamentali: il diritto a non essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la propria volontà, riconducibile, oltre che ad alcuni articoli del Code civil, a numerose convenzioni internazionali, tra cui la Dichiarazione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e quello, meno universale ma altrettanto importante, del consenso informato in materia di trattamenti sanitari, previsto, nel diritto francese, dal Codice della salute pubblica.
Tutte le persone maggiorenne, inoltre, hanno la possibilità di predisporre, in ogni momento della propria vita, una dichiarazione di volontà riportante direttive sulla limitazione o l’interruzione cure mediche a cui potranno essere sottoposta in futuro. Tale atto è revocabile in ogni momento dal solo interessato. Tuttavia, il medico curante sarà tenuto al rispetto di tali direttive solo se siano state redatte entro i tre anni precedenti la perdita della capacità di intendere e volere, altrimenti sarà obbligato solo alla loro mera consultazione.
Infine, se il paziente abbia perso la possibilità di esprimere la propria volontà e non vi sia la possibilità di basarsi sulle direttive anticipate, il medico curante, sotto la propria esclusiva responsabilità, può decidere di interrompere la terapia. Questa scelta è possibile, secondo la legge, se il quadro clinico è definitivamente compromesso e dopo aver informato, il malato, i parenti del degente ed il comitato consultativo dell’ospedale.
Se la normativa francese è stata definita “timida” e “contraddittoria”, il Disegno di legge “Calabrò”, approvato dal Senato della Repubblica il 26 marzo 2009, potrebbe fregiarsi di appellativi ancora migliori, ciò grazie anche ad alcune disposizioni alquanto “originali”.
Mosso da un imperioso afflato protettore della vita e della dignità della persona umana, il testo nostrano, oltre che introdurre una dubbiosa distinzione tra pratiche mediche e “forme di sostegno vitale”, quali alimentazione ed idratazione, riduce la portata della dichiarazione anticipata di trattamento prevista per il malato. Questa, curiosamente, ha validità quinquennale e non può contenere alcun riferimento all’alimentazione ed idratazione artificiale. Come nella legge francese, quindi, anche il legislatore italiano, rispondendo a mere logiche politiche, ha attuato un’inconcepibile ed inedita riduzione temporale della portata di un atto personalissimo che, per definizione, non può essere modificato se non dal titolare.
Inoltre, differentemente dall’omologa disciplina francese, il medico curante non ha un potere decisionale completo. In casi di contrasto con parenti e conoscenti del degente, deve rimettersi al parere vincolante di un comitato di colleghi che, pur non essendo a contatto con il malato, ha comunque l’ultima parola in merito ai trattamenti applicabili. Non solo, al medico curante è vietato anche di intraprendere atti che possano cagionare la morte del paziente, il che, in certi casi, può condannare il corpo sanitario all’immobilità. Inoltre, in ossequio alla Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 “sui diritti delle persone con disabilità” (del cui corretto impiego, in questo caso, si dubita), neanche il più prestigioso dei medici può ipotizzare la sospensione di alimentazione ed idratazione anche qualora, come nella fattispecie riportata dal legislatore francese, abbiano il solo risultato di prolungare artificialmente la vita del malato.
In conclusione, ambe due i dispositivi non possono essere ritenuti soddisfacenti, soprattutto in merito alla portata della dichiarazione di volontà del malato. Sia in diritto francese che in quello italiano esistono, infatti, atti definiti “personalissimi”, che possono venir prodotti solo da una persona determinata, ad esempio i testamenti. In tali casi, la volontà del redattore dell’atto è limitata solo se lede dei diritti altrui e, comunque, l’ordinamento giuridico cerca sempre di attuare un certo “equilibrio” tra le parti in causa. Nelle leggi sul fine della vita, la limitazione della volontà del malato è giustificata non dalla violazione di un diritto di un terzo ma, paradossalmente, dalla lesione di un diritto della stessa persona del paziente, ad esempio il diritto alla vita. I poteri pubblici francese ed italiano, basandosi su norme generali e di carattere spesso meramente programmatico, come certi articoli della nostra costituzione, arbitrariamente si sostituiscono alla volontà del malato, riducendone di fatto la facoltà di autodeterminarsi che pure è garantita dalla legge.
La normativa italiana, in questo senso, è un vero capolavoro. Non solo la dichiarazione di volontà è caduca dopo soli cinque anni, ma al malato viene imposto un vero e proprio “obbligo di permanenza in vita”, fondato su una visione integralista dello stesso “diritto alla vita”, attuata mediante la distinzione tra misure mediche e somministrazioni necessarie all’esistenza. Il disegno di legge Calabrò limita di fatto anche altre dichiarazioni di volontà del paziente, ad esempio l’autorizzazione all’espianto degli organi. Così si arriva alla situazione paradossale in cui ad persona malata terminale si nega pure il diritto di aiutarne un’altra che invece potrebbe sopravvive grazie ad un trapianto. Questo, palesemente, è il disconoscimento di quel diritto alla vita che è, sedicentemente, il fondamento della legge stessa.
Ernesto Benelli classe 1982, giurista di formazione, si è laureato in giurisprudenza dopo aver frequentato i corsi della Doppia Laurea Italo-Francese. Vive da tempo tra Parigi, sua città d'adozione, e l'Italia. Si interessa a quelle questioni di attualità, politica e diritto (non necessariamente in quest'ordine) che, per effetto di quel misterioso fenomeno detto globalizzazione, riguardano i due lati delle Alpi.
| Tutti gli articoli di Ernesto Benelli
Complimenti per l’articolo davvero ben articolato. Credo sia molto importante parlare di questo argomento e fare chiarezza sui punti cardinali su cui si basa la la proposta di legge Calabrò. La salute ed i diritti personali sono beni comuni ad ogni essere umano. Per questo noi tutti dovremmo essere informati.Bravo.
Bravo Ernesto, ottimo articolo! Preciso e puntuale. Non avevo dubbi in proposito…