L’eterno ritorno del Diverso
Di Francesco Vannutelli • 10 set 2009 • Categoria:Italia • 5 CommentiC’è un antico adagio romano che recita, nella sua forma più ripulita, “Quando voi stavate sugli alberi noi avevamo già scoperto l’omosessualità”, alludendo in questo modo alla superiorità culturale e civile di Roma e dell’Impero rispetto agli altri popoli antichi.
L’omosessualità era, nell’opinione comune, sinonimo di progresso culturale e civile, espressione di costumi sofisticati e colti, prova quasi di superiorità, rispetto a quanti ancora non avessero scoperto l’altra metà dell’amore. Come a Roma, nella Grecia dei filosofi e dei guerrieri l’omoerotismo era pratica diffusa e tollerata, cui veniva addirittura riconosciuto valore educativo, nel rapporto tra l’anziano mentore e il giovane discepolo. Non era ancora tempo di Pacs, Dico o Cus che siano, ma neanche tempo di persecuzioni e aggressioni. Si constatava semplicemente l’esistenza di un gusto e si lasciava che facesse il suo corso.
Sono passati duemila anni e l’impronta che Roma e la Grecia hanno lasciato nella cultura italiana è ancora ben visibile in tutto, dalla lingua all’architettura, dal diritto alla filosofia. Eppure qualcosa è cambiato nel giudizio sull’omosessualità. Non è più tempo di tolleranza, non è più tempo di comprensione. Le pagine dei giornali si riempiono sempre più spesso con la violenza omofoba. Le aggressioni verbali e fisiche si susseguono lungo il solco dell’intolleranza dilagante.
Nei giorni di fine estate i coltelli hanno tagliato l’indifferenza degli ombrelloni facendo colare il sangue di chi è colpevole solo di amare, mentre le bombe carta facevano tremare i muri delle strade di Roma. La violenza verso il diverso esplode di nuovo, più di un secolo dopo la prigionia di Oscar Wilde, più di trent’anni dopo la morte di uno dei più grandi intellettuali del ventesimo secolo, ucciso sulla spiaggia di Ostia al grido di “frocio demmerda”. Persone con abiti scuri e teste rasate battono le strade per battere gli “invertiti”, al seguito di eredità ideologiche sbagliate, alimentati col pane dell’ignoranza e del machismo senza ritegno. Gli omosessuali vengono aggrediti per strada, di notte, mentre fanno ritorno nelle loro case, dopo aver passato la serata in luoghi ed eventi a loro chiaramente riservati, come il Gay village, o la Gay street di Roma. Vengono assaliti da personaggi che si fanno chiamare Svastichella, che vanno in giro con il cranio liscio e gli stivali lucidi, che rivendicano un’appartenenza, che ostentano simboli, che li vanno a cercare nei loro luoghi, che li stanano, li circondano, li braccano, come i loro idoli di riferimento fecero oltre sessant’anni fa.
Il paese tutto sta a guardare, si confronta per l’ennesima volta con i gay, o froci, finocchi, culattoni come a molti viene più facile chiamarli. Le autorità si affannano a condannare, a proporre rimedi, tutti si proclamano amici, paladini, custodi, scivolando in pietose contraddizioni. Il sindaco di Roma Alemanno condanna i fatti della “Gay street” mentre nomina direttore generale dell’AMA un naziskin condannato a 4 anni di reclusione per aggressione a sfondo ideologico,continuando a portare al collo la stessa croce celtica venerata dalle teste rasate; Mara Carfagna parla di misure per introdurre l’aggravante di discriminazione sessuale quando in passato aveva definito i gay costituzionalmente sterili e aveva negato il patrocinio del suo dicastero delle Pari Opportunità alla manifestazione del Gay Pride. Intanto Vittorio Feltri sembra emergere vittorioso dalla campagna di stampa contro il direttore della testata L’Avvenire, verso cui è stata scagliata tra l’altro l’infamante accusa di omosessualità.
Nella Roma che un tempo faceva dell’omofilia una bandiera di civiltà si respira un’aria diversa, più pesante, più carica di paura e pregiudizio. L’asse del Paese continua a inclinarsi verso destra, allontanandosi sempre più da quelli che negli altri paesi europei sono traguardi raggiunti da anni. L’Italia rimane l’unico paese dell’area Euro, insieme a Grecia e Irlanda, a non riconoscere nel proprio ordinamento le unioni di fatto, etero e omosessuali.
E mentre in Germania il partito liberale FDP, terzo per voti nel Bundestag, è guidato dal gay Guido Westerwelle, mentre a Parigi il sindaco Bertrand Delanoë che fece coming out nel 1999 viene rieletto per un secondo mandato e si candida per la segreteria del partito socialista, in Italia l’omofobia resta parte del costume e del gergo, fomentata dal celodurismo e dalla satirisia imperante. A ormai quasi trent’anni dalla nascita dei movimenti per gli uguali diritti dei gay e delle lesbiche, dai primi anni delle battaglie dell’Arcigay, nel Belpaese per un omosessuale sembra continuare a convenire il silenzio e la discrezione, piuttosto che la libera espressione della propria natura, per non cadere vittima dell’omofobia e della violenza.
Mentre le altre civiltà sono scese da tempo dagli alberi, l’Italia ha scoperto che in fondo, seduti su di un ramo non si sta tanto male.
Francesco Vannutelli , nato a Roma nel 1986, studia Scienze Politiche presso La Sapienza. Aspirante giornalista, aspirante scrittore, si interessa al cinema, alla fotografia e alla musica. È co-fondatore e co-gestore del blog yourspeakerscorner.blogspot.
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bell’articolo. noi siamo davvero tornati a sederci su un ramo, e purtroppo non è un ramo di Tamarindo.
mi permetto d’intervenire.
L’articolo è ben scritto ma non fa un’analisi propriamente corretta del fenomeno.
E’ vero che nell’antichità classica la pratica di rapporti omosessuali era tollerata quando non propriamente “consigliata” (almeno in Grecia), ma è anche vero, ad esempio, che l’idea di un matrimonio omosessuale non è stata mai nemmeno presa in considerazione. La pratica omosessuale era favorita da molteplici fattori, non ultimi la scarsa considerazione di cui dodevano donne e bambini. Le prime considerate sempre e comunque di un rango inferiore agli uomini (scriveva Aristotele che un’amicizia fra due uomini “vale di più” - e mi perdonerete la semplificazione - che quella fra un uomo e una donna), i secondi non cinsiderati in quanto tali.
Per quanto riguarda Roma poi, se è vero quello che dice l’autore del post, è anche vero che ai tempi di Elagabalo (per fare un esempio) molti autori predicavano contro la “grcizzazione dei costumi”, alludento proprio alle pratiche omosessuali e in genere di “femminizzazione” che andavano “di moda” nell’alta società.
Ci sarebbe poi da considerare la differenza sostanziale fra la pratica omosessuale (magari “esercitata” per cultura o per condizione) dall’omoaffettività tout court.
Detto ciò le aggressioni ai danni di qualsiasi persona solo in quanto omosessuale sono sempre e comunque da condannare senza appello. però, contemporaneamente, andrebbe fatto uno sforzo per capire, soprattutto con onestà…
Ti ringrazio per l’intervento.
Il mio articolo non intende certo esaurire in poche battute un fenomeno storicamente vario e complesso come è l’omosessualità, su cui sono stati scritti testi ben più approfonditi e dettagliati di questa mia breve e semplice esposizione (basti vedere, ad esempio, gli studi sui costumi sessuali dell’antichità di Eva Cantarella). Il riferimento alle civiltà del passato che faccio è chiaramente una semplificazione del raffronto, che si basa infatti su un comune modo di dire e non su un accademico studio antropologico.
Ciò che mi premeva maggiormente nella stesura dell’articolo era condannare la gravità dell’omofobia, a mio avviso incomprensibile nel ventunesimo secolo, in una società come la nostra che si figura come moderna e rampante, proiettata al futuro e al tutto e subito, ma pronta a scivolare in violenze primitive.
Il riferimento a Roma e alla Grecia è servito solo come confronto, eccessivamente semplicistico forse, tra quella che era la tolleranza nel passato e quella che è l’omofobia oggi. Società come Roma e la Grecia tolleravano la pratica dell’omosessualità senza porsi troppe domande. Come scrivo nell’articolo, non era ancora tempo di Pacs o Dico, infatti.
Che poi esistessero forti opposizioni all’omosessualità in sè o come semplice pratica è del tutto vero, ma questo non toglie che facesse in qualche parte modo del costume. Lo stesso Eliogabalo citato, come ci riportano gli storici dell’epoca, pur avendo avuto cinque diverse mogli, predilisse sempre la compagnia dell’auriga Ierocle.
Detto questo, ribadisco che non pretendevo certo esaurire l’argomento omosessualità nel poco spazio a disposizione, non avendo nè i mezzi nè le conoscenze adatte ad analizzare a fondo il fenomeno. Mi limito semplicemente ad avere gli occhi, e ad usarli per osservare quanto accade intorno a me, cercando di capire e di analizzare.
Ottimo articolo.
Vorrei aggiungere solo un commento. Quando si parla di omosessualità, occorre innanzitutto partire dal presupposto che è una cosa perfettamente naturale. Credo che così come una persona eterosessuale non decide di essere attratta dal sesso opposto, allo stesso modo una persona omosessuale non decide di essere attratta dal suo stesso sesso. Se si prende come buona questa considerazione, se si considera l’omosessualità come un fatto di natura (non contro natura) non vi è più motivo razionale di discriminazione. Purtroppo la storia delle civiltà ha fatto sì che l’omosessualità fosse o meno osteggiata, a seconda delle condizioni storiche, politiche, geografiche o demografiche del luogo nel quale queste stesse civiltà erano insediate. Prendiamo l’esempio della società greca, che accettava l’omosessualità: la Grecia era ed è un territorio non molto generoso per quanto riguarda i doni della terra, cosa che ha spinto i Greci, evidentemente troppi, a continue guerre e a colonizzare molti territori oltremare. Naturale quindi che l’omosessualità, in quanto strumento di controllo delle nascite, non fosse condannata. L’esercito tebano aveva addirittura un battaglione, il “Battaglione Sacro”, composto da 150 coppie di amanti omosessuali, che fu sconfitto solo da Filippo il Grande nella battaglia di Cheronea del 338 a.C. Dalla Grecia la tolleranza per l’omosessualità si diffuse poi a Roma. Prendiamo invece l’esempio della Palestina: qui il territorio era fertile e, proprio per questo, costituiva un boccone succulento per i paesi confinanti, che infatti lo invasero a più riprese nel corso di tutta la sua storia. Erano quindi necessari molti uomini, sia per coltivare la terra, sia per difenderla dalle invasioni. L’omosessualità era quindi vista come un pericolo e, in quanto tale, combattuta. Dato che il Cristianesimo discende dall’Ebraismo, ecco spiegato il perché dell’ostilità nei confronti dell’omosessualità. Dato poi che il Cristianesimo ha forgiato le civilità occidentali, ecco spiegato il perché dell’ostilità delle civiltà occidentali nei confronti dell’omosessualità. Mi ritengo ignorante per quanto riguarda l’Estremo Oriente, c’è qualcno che può illuminarmi?
Non avevo mai considerato l’omosessualità come uno strumento di controllo delle nascite nei popoli antichi e lo trovo uno spunto di riflessione decisamente interessante. C’è da aggiungere comunque che le civiltà occidentali hanno trovato, in seguito, nella religione cristiana quell’instrumentum regni, per dirla con Polibio, in grado di portare avanti quell’ideale di società che vede la famiglia alla base della città e dello stato, come garanzia di stabilità e ordine.
Questa visione della famiglia come necessario collante sociale per le nuove civiltà dell’alto medievo ha portato, a mio avviso, ad un’inevitabile condanna dell’omosessualità che si affianca al ruolo preminente della religione cattolica in Europa nel periodo in questione.