Silvio Berlusconi è assolto per aver commesso il fatto
Di Alessandro Berni • 18 set 2009 • Categoria:Italia • 5 CommentiPremetto che questo non è un articolo denigratorio né tanto più apologetico nei confronti di Silvio Berlusconi. Nelle mie intenzioni, Silvio Berlusconi non è il soggetto dell’articolo, bensì l’oggetto. Il soggetto è il presunto accanimento mediatico dell’Unità e della Repubblica sulle marachelle sessuali del Presidente del Consiglio che taglia alberi e ruba spazio ad altri argomenti di maggiore valore informativo.
Viveur, ex pianista di piano bar, laureato con lode, gran compagnone, non propriamente un uomo colto o raffinato, ma uno che se ne intende di calcio di sicuro, Silvio Berlusconi è da quindici e più anni l’uomo quasi più ricco, quasi il più potente e, di sicuro, il più chiacchierato d’Italia. Professionalmente parlando, è nato imprenditore edile e si prospetta che morirà imprenditore poco meno che totale. C’è un luogo comune che dice che quest’uomo sia presente in ogni settore di ogni mercato. Non è vero: non produce armi né vaccini; non ha pozzi di petrolio; non fa grandi business con Internet. È fuori dall’alta politica mondiale insomma, dal giro degli illuminati.. le orecchie che devono hanno già capito, le altre.. ma che glielo dico a fare.
È notizia di questi giorni che abbia querelato Repubblica chiedendo un risarcimento di 1 miliore di Euro per le dieci domande sulla sua relazione con la giovine Noemi Letizia in quanto giudicate retoriche e palesemente diffamatorie e l’Unità reclamando risarcimenti per un totale 2 milioni di Euro a causa dei numerosi servizi dedicati al frizzante stile di vita sessuale del Presidente del Consiglio.
Ma insomma, ormai l’avete detto e lo sa chiunque e lo ha riconosciuto lui stesso: non è un santo e neanche un beato. Ora, basta. Va bene, si: un uomo di settantatre anni ha copulato con diverse ventenni e magari una di loro aveva diciassette anni e due figure. Di questo, sua moglie Veronica si è arrabbiata molto. Si, ha tradito e senz’altro ha sbagliato come ha dichiarato senza finora smentire a fare qualche invito alle serate a cui partecipava. Ora che lo sanno proprio tutti, per favore assolviamolo per aver commesso il fatto e non pensiamoci più. Questi pensieri sembrano essere il riassunto ottenuto interpretando i dati statistici della sua popolarità politica che dopo un lieve calo avvenuto proprio durante il nascere del più grande scandalo sessuale italiano di sempre ha ripreso tiepidamente a salire.
In un passaggio dell’intervista del corriere.it a Niccolo Ghedini, avvocato personale di Silvio Berlusconi: “Senta, scusi. Ma se io le dicessi che lei un gran porco? Eh? Un gran porco e per giunta, impotente? E lo dicessi a tutti gli italiani? Mi risponda sinceramente: si arrabbierebbe o no?”
In quanto considerati spiacevoli ed eccessivi in diversi passaggi, gli autori degli articoli dell’Unità in questione sono stati citati in giudizio e sarà un tribunale civile a decidere.
Per quanto riguarda le dieci domande di Giampiero Martinetti ancora presenti su repubblica.it, sono considerate indegne figlie dell’arte del dire, oltraggiose, fortemente datate oltre che ritenute colpevoli di costringere la duplice natura dell’amor sacro e amor profano ad argomento da confessionale.
E allora, perché no? togliamole. E al loro posto mettiamoci l’ultimo decolté di Jessica Biel oppure l’articolo: Berlusconi sei un mafioso? 11 domande al cavaliere per negarlo. Di Max Parisi, uscito ne La Padania, l’8 Luglio 1998 ovvero una pagina di storia della politica e del giornalismo d’Italia che merita ancora e davvero di continuare ad essere letta e dibattuta:
http://web.archive.org/web/20000620155012/http://www.lapadania.com/1998/luglio/08/080798p02a1.htm
http://www.alain.it/2009/04/15/berlusconi-sei-un-mafioso-rispondi-la-padania-1998/
Italiani, alzatevi dal lettone di Putin. Avete altre cose a cui pensare..
Alessandro Berni Trentun’anni, quasi tutti in Europa. Ecrivain et révolutionnaire. Re musa: tutto ciò che lo tocca, si tramuta in poesia. Cintura nera di cose da niente, maestro zen d’utopie da inventare. Corteggiatore dell’ignoto. Innamorato, amato, dal nulla. Alla fine di un percorso accademico completo, decide di partire per Kibera, bidonville di Nairobi con un unico obiettivo: abiurare il suo io. Ripartire da zero. Dopo sei lunghi e strani anni torna a Parigi, arriva a zero. Oggi, finalmente oggi, spettatore convinto del cambiamento di un’era, vive infatuando l’Europa, per preparare la rivoluzione in America e, nel frattempo, mangia pasta ogni giorno, per non perdere il suo accento. Ammaliante nei bisogni, sedotto dal bisogno di raccontare, a proposito di tutti i suoi sbagli passati, ha due unici grandi rimpianti: avrebbe voluto commetterli prima, avrebbe voluto farne di più grandi. Segni particolari: una gabbia d’uragani al posto del cuore.
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Complimenti Alessandro, articolo molto fine. Personalmente, penso che non risponderebbe nemmeno a quella domanda. Anzi, probabilmente darebbe incarico a Niccolò di agire in sede legale. E comunque perchè andare a scomodare la Padania di 11 anni fa? Basta forse rileggere o riascoltare alcune sue dichiarazioni su personalità del calibro di Vittorio Mangano, che era stato assunto come fattore ad Arcore, condannato all’ergastolo per duplice omicidio e condannato per traffico di stupefacenti ed estorsione - a suo dire un “eroe” - o quelle su Marcello Dell’Utri, suo amico personale e dirigente del suo partito dal 1994, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato in via definitiva per false fatture e frode fiscale a 2 anni e 3 mesi. La stragrande maggioranza degli italiani è a conoscenza di questi dettagli. Tuttavia, non gliene importa nulla. Ecco perchè nessuno si alza dal lettone di Putin. Troppo comodo per farlo.
Bell’articolo…ma non si parla un po’ troppo di Berlusconi? Propongo articoli sulla carriera politica di altri/vari politici. Prepariamoci in tempo per le prossime elezioni!
Antea
no, antea. non si parla troppo di Berlusconi, o meglio forse si, ma è inevitabile. Il confronto con vari-altri politici non regge. Berlusconi non è solo il più longevo presidente del Consiglio della storia d’Italia, egli è l’inventore dell’attuale sistema politico italiano, che è nato con la sua discesa in campo e tutt’ora di definisce in base alla sua persona (berlusconiani vs antiberlusconiani per semplificare), egli è l’uomo più ricco d’Italia, egli è soprattutto l’inventore e il padre della televisione commerciale, ovvero dello strumento di acculturazione piu importante per la stragrande maggioranza degli italiani. Nel bene e nel male l’Italia di oggi deve a Berlusconi più che a chiunque altro, Berlusconi ne è il padre e il frutto. Berlusconi è l’autobiografia della nazione.
Dire che si parla troppo di Berlusconi è come dire che durante l’Impero in Francia si parlava troppo di Napoleone, che durante il grande reich in Germania erano ossessionati con Adolf Hitler, che nell’Atene del V secolo discutevano troppo di Pericle.
Se vuoi si può dire che se ne parla male, che si dicono sempre le stesse cose, che se ne parla in modo cieco e partigiano…
Ma in Italia c’è un regime oppure no? Chi dice di sì è un pirla, chi nega, uno gnocco allineato. La verità è che certe parole non ci raccontano più, non ce la fanno, arrancano. Sono fuorvianti. Il nostro premier è un dittatore? Tu pensi a Hitler, a Stalin, al generalissimo Franco. Sorridi arguto e storicamente compassionevole: ma che cacchio vai dicendo? Pensi agli orrori, ai gulag, ai lager, alle deportazioni. Storia dolente ma bacucca, da bisnonni. In Italia siamo liberi di votare e di sceglierci il premier che più ci aggrada. E il Nostro è graditissimo. Il dissenso? Quattro gatti (ed è paurosamente vero).
La democrazia si fabbrica col consenso? Allora questo governo ha un livello di consenso paragonabile alla quantità di spaghetti consumata dai suoi elettori.
Ma se una sana democrazia dovesse misurarsi anche con la capacità di consentire il dissenso, la nostra è paragonabile a quella dei consumatori di formiche fritte o in umido.
C’è poi una domanda che ormai non si pone più quasi nessuno. Può esserci piena democrazia se quel consenso è stato manipolato, con la menzogna, il raggiro, e la concentrazione dei poteri in poche mani? No, “la democrazia trapassa in dispotismo”. Non l’ha detto Marco Travaglio ma Platone. Quindi viviamo sotto schiaffo di un governo dispotico? Neppure questo è esatto.
Le parole della nostra politica sono sfinite. Logorate, vuote, appartengono a una civiltà estinta. Non reggono alla spregiudicatezza dei tempi. Alla tecnologica sofisticazione del potere. Il consenso non si raccoglie nei comizi elettorali o nei talk show, quello è marginale, poiché riguarda una minoranza intellettuale. Il consenso si fabbrica (ma sarebbe più esatto dire si ruba) imponendo modelli di comportamento, gusti, bisogni, costumi e consumi di massa; semplificando le complessità; omettendo le verità sgradevoli; blandendo o aizzando gli animi a seconda del risultato politico che s’intenda conseguire, attraverso slogan seduttivi e di facile presa popolare. Ladri di consenso. Per rubarlo a mani basse è necessario il controllo dei sistemi di comunicazione di massa, pubblici e privati, e il logorio dei cosiddetti poteri di controllo e di vigilanza, primi fra tutti la magistratura e la stampa.
Quello che è accaduto in Italia non ha una parola che lo esprima. il danno che è stato dolosamente provocato nel cervello e nell’inconscio collettivo degli italiani è stato incommensurabile. Se le dittature del Novecento avevano bisogno di deportare i dissidenti, questa “cosa senza nome” che stiamo subendo in Italia, per lo più ignari, non ne ha avuto neppure il bisogno. Ci ha “lagerizzato” il cervello. Idee e pensieri sono circondati da matasse d’invisibile filo spinato. Come dirlo e a chi dirlo? E con quali parole politiche esprimerlo senza essere presi per paranoici o apocalittici?
Se soltanto dieci anni fa, per esempio, la televisione ci avesse informato (oramai l’ignavia lo vieta) dell’esistenza di un presunto “papiello”, scritto di proprio pugno da Vito Ciancimino, riguardante la complicità di pezzi dello Stato e di uomini ancora oggi al potere, con Bernardo Provenzano e Totò Riina, che culminò con le stragi di Capaci e di via d’Amelio, saremmo scesi in piazza in decine di migliaia, pretendendo di far luce sui fatti. In nome di Falcone e Borsellino. Gli editorialisti del Corriere o de La Stampa avrebbero forse ancora posto dieci domande al premier sul suo sodale Dell’Utri (fondatore di Forza Italia) prima delle quali, questa: lei e Mr Silvio, avete mai ricevuto lettere da Bernardo Provenzano? Perché il figlio di Vito Ciancimino sostiene di sì. Ed è vero che il governo di allora intavolò una trattativa con la mafia? Silenzio.
Diego,
mi sa che sei fin troppo positivo! Riguardo alle ultime righe del tuo commento: il figlio di Ciancimino sostiene di sì, lettere d’amore, d’auguri, minacce o quant’altro, codificate o non, scritte su angoli ammuffiti della carta sottile usata per le Bibbie…chissà. Ma non si tratta solo di cartoline; da anni parenti e familiari delle vittime della mafia - quelle vere, non i rapinatori di tir fatti fuori perchè disturbavano l’organizzazione di stampo mafioso - raccontano, più o meno ufficialmente, degli accordi, dei patti, delle responsabilità a livello governativo. Quindi ti chiedo, la cosa ha mai interessato nessuno? Nessuno, se non il gruppetto di consumatori di formiche fritte, per usare una tua espressione? Oggi la mafia uccide poco, perchè non ne ha più bisogno: è ovunque. E’ nel modo di pensare, nel modo di fare amicizia, di fare accordi, di fare politica, di prestare ascolto e raccontare un fatto. Se un intero popolo è soggiogato da questo modo di pensare e il governo è parte di quel popolo e a sua volta si rifocilla e fiorisce in questa mentalità, chi fa la differenza? Chi ascolta parole diverse…ma soprattutto chi ha voglia di dirle?
Antea