Nan Goldin, la star di “FotoGrafia”
Di Benedetta Baserga • 1 giu 2009 • Categoria:Arte, Cultura, Eventi, Segnalazioni • Nessun commentoIl Festival internazionale di Roma “FotoGrafia”, giunto all’ottava edizione, dal 29 maggio al 2 agosto ospiterà al Palazzo delle Esposizioni la retrospettiva “Heartbeat” della fotografa americana Nan Goldin, a cura di Guido Costa, .
Nan Goldin nasce a Washington il 12 settembre 1953 da genitori ebrei, appartenenti alla piccola borghesia. Il 12 aprile 1965 la sorella maggiore Barbara Holly, all’età di diciotto anni, si suicida, evento che segnerà in maniera indelebile la vita di Nan.
I Goldin si rifiutano di accettare e di raccontare l’accaduto sia all’esterno delle mura domestiche - per mantenere una certa rispettabilità nei confronti dei vicini piuttosto conservatori - sia all’interno della famiglia, convinti che un simile atteggiamento potesse aiutare a sopravvivere i tre figli rimasti. L’effetto ottenuto è l’opposto: Nancy dubita dei genitori e sviluppa un’ossessione che la porterà a ricercare per tutta la sua vita la verità, per quanto cruda e dolorosa.
Nel 1969 s’ iscrive alla “Satya Community School”, da lei stessa soprannominata la “hippie free school” per le idee più aperte che vi circolano e comincia ad avvicinarsi alla fotografia per cristallizzare le persone che ha intorno, tra cui David Armstrong e Suzanne Fletcher, che influenzeranno il suo percorso artistico e personale, introducendola nei locali underground e nella subcultura delle drag queens.
L’artista subirà il fascino di quel mondo eccessivo, sregolato, ma estremamente sincero e molti dei suoi migliori lavori avranno proprio come sfondo il mondo notturno e le creature che lo popolano, che in qualche modo diventano la sua famiglia d’adozione. In questo periodo frequenta assiduamente i club underground di Times Square, che diventano la causa primaria della sua vita sregolata e della conseguente dipendenza da alcol e droghe, ma che sono tuttavia fonte d’ispirazione.
La Goldin definisce proprio in questi anni il suo caratteristico “sguardo”, abbandona il bianco e nero per il colore, allo scopo di enfatizzare i toni della quotidianità e ricorre frequentemente all’uso costante del flash, ritraendo solo la sua vita e quella degli amici più vicini e proiettando le sue fotografie in slide show, come fossero filmati, in club aperti alla sperimentazione.
Nel 1986 vi è sufficiente materiale per allestire una mostra alla Burden Gallery di New York e per pubblicare un libro fotografico dal titolo “The Ballad of Sexual Dependency”, in cui la maggior parte delle immagini presentate racconta relazioni sentimentali in bilico tra voglia d’essere liberi ad ogni costo e bisogno di legami.
Il successo di critica e pubblico è immediato, ma la Goldin è stremata dal dolore causato dalla morte tragica e prematura di molti amici stroncati dall’AIDS.
Questo periodo la porterà a riconsiderare il suo stile di vita, ha una grossa crisi interiore e non esita ad entrare in riabilitazione, senza però mai smettere di fotografare. La Goldin intensifica i viaggi che le forniscono nuove occasioni per fotografare e i lavori di questi anni presentano ancora temi legati a una visione sofferta della vita, espressi tuttavia in modo più metaforico, basti citare la suggestiva “Honda brothers in cherry blossom storm” , nella quale la pioggia di fiori di ciliegio è simbolo della brevità della vita e di quanto sia effimera la bellezza e ”The sky on the twilight of Philippine’s suicide” (scattata in Svizzera nel 1997), in cui un tempestoso cielo dai toni rossi esprime l’intenso dolore provato per il suicidio dell’amica.
Tuttavia Nan conserva una visione del mondo positiva, che esprime in alcuni scatti intimi, l’amore ora non è sinonimo di sregolatezza, notte e dipendenze reciproche.
Nan Goldin successivamente allestisce nel 1996 al Whitney Museum di New York la mostra retrospettiva ”I’ll Be Your Mirror” (titolo ispirato dall’omonima canzone di Lou Reed). Sulla copertina del catalogo c’è un autoritratto scattato in Germania nel 1992, i cui colori tenui e la tranquillità dell’atmosfera dell’immagine concretizzano il percorso dell’artista che, dopo un lungo e doloroso viaggio, sembra indirizzarsi verso una nuova stagione di maturità e di serenità.
Nan Goldin è un’artista che non lascia indifferenti ed ogni sua opera è un pugno allo stomaco, ci colpisce, ci rappresenta un mondo underground e dannato, in cui i valori universali sono tuttavia presenti.
Un mondo fatto di tossici, di drag queen, di donne pestate, ma anche di scatti pieni d’amore per l’umanità. La fotografa entra nella vita delle persone, è un efficace mezzo per ritrarre la vita, per quanto a volte malconcia e tragica.
Trovandoci davanti alle sue opere, siamo affascinati dal gioco delle luci, dai suoi famosi autoscatti, che sembrano quasi casuali e invece sanno colpirci e commuoverci.
Nan non è glamour, non usa i suoi protagonisti per una denuncia sociale o per lanciare un messaggio, bensì fotografa la vita e sa rendere i suoi soggetti unici, malinconici, ma allo stesso tempo allegri, appassionati, curiosi, solidali e sempre estremamente umani.
Nan porta la vita nella fotografia, senza mai cadere nella subdola trappola del vittimismo, sceglie sapientemente ogni scatto e ogni istante, e la sua grandezza è proprio nel trasformare la vita quotidiana in un’arte reale ed evocatrice di interrogativi.
«Io credo – ha scritto lei stessa – che uno dovrebbe creare da ciò che conosce e parlare della sua tribù… Tu puoi parlare solamente della tua reale comprensione ed empatia con ciò di cui fai esperienza».
Festival Internazionale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194
http://www.fotografiafestival.it/
Benedetta Baserga survit au Lycee classique Galvani de Bologna et décide d'aller à expérimenter la vie parisienne, un choix imprudent car elle va passer sa vie entre un avion et l'autre, et commence à penser et rêver en français à Bologna et en italien en France. Elle ne se voyait pas du tout avocat, donc devint speaker dans une radio fantastique, adore donner des conseils(pas toujours demandés) sur livres et chaussures, proie facile du shopping compulsif, a néanmoins des moments de repentir qui la portent a partager son savoir (peu) et ses chaussures (dont le numéro des paires est toujours un mystère). Bene ne porterait jamais des sandales avec les bas et pense que Proust soit un génie.
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