Il torneo della democrazia

Di Erik Burckhardt • 4 giu 2009 • Categoria:Italia, Politica • 3 Commenti

VOTE da Flickr, album di Theresa ThompsonL’avvicinarsi delle elezioni mi provoca puntualmente una sensibile eccitazione. In genere si tratta di un’eccitazione dalla quale nasce il tipico buon umore di chi sa d’essere protagonista di una grande impresa.
I muri delle città si tappezzano di cartelloni raffiguranti omini che fanno di tutto per sembrare simpatici e che – accompagnati da slogan perlopiù patetici – risultano inevitabilmente ridicoli. Le trasmissioni televisive e radiofoniche vengono letteralmente invase da energici personaggi che – noncuranti delle eventuali contraddizioni – ci spiegano quanto i loro programmi si confacciano alle nostre esigenze. Le piazze si colorano di malinconici volantini accompagnati dai sorrisi delle persone che li distribuiscono. Durante o preferibilmente al termine d’ogni pasto i commensali sono portati a misurarsi con l’evento che inevitabilmente li travolge e li trascinerà nelle graziose scuole elementari che ospiteranno i seggi elettorali. Ancora una volta il miracoloso torneo della democrazia chiama tutti i cittadini a partecipare all’unico vero match nazionale: il solo che abbia come trofeo l’interesse ed il benessere di tutti.

Francamente – se talvolta sono riuscito a comprenderlo – non sono mai arrivato a giustificare chi da un lato si dichiara democratico e dall’altro disdegna con superbia le elezioni politiche. Ogni democrazia è subordinata alla responsabilità dei cittadini che hanno il dovere di salvaguardarla partecipando attivamente e vigorosamente al suo funzionamento.
Il più innocuo effetto dell’astensione (o del voto nullo) è quello di un voto contro se stessi: ci si affida così allo schieramento politico che meno si apprezza, ma che potrà contare sull’abbassamento del quorum causato dall’astensione. Il più grave è invece quello di infliggere un duro colpo alla democrazia distinguendosi per irresponsabilità, masochismo e vuoti di memoria storica. Nella convinzione di ribellarsi al dominio di una classe dirigente irresponsabile, ma dimentichi del fatto che l’unica alternativa al potere democratico è il potere occulto e la forza bruta, gli astensionisti la rafforzano. Non si può rifiutare logicamente di partecipare al sistema democratico senza decretarne in cuor proprio la morte e senza scaricare sui propri consociati la responsabilità della sua sopravvivenza.

Si aggiunga che l’appuntamento del 6 e del 7 giugno è volto –  oltre all’eventuale designazione di chi ci amministrerà in comune e provincia – ad eleggere i parlamentari che avranno il compito di rappresentarci in qualità di cittadini europei. Ora, il principale difetto della detta istituzione è proprio il deficit di democrazia nelle prerogative legislative ed esecutive, associate in effetti ad autorità dall’elevato profilo tecnico, ma d’insufficiente carattere politico. Ciò non può stupire se si considera che gli stessi cittadini sono ancora sprovvisti di quella coscienza politica europea necessaria ad appassionarli all’esercizio delle numerose funzioni che l’Unione è tenuta ad espletare. Tutto ciò si presenta come una grave inadeguatezza rispetto ad un progetto che ambiziosamente si propone di contribuire alla sempre più impellente esigenza di ridurre le disuguaglianze e le prepotenze nel mondo. Ma ecco che la democrazia ci offre la possibilità di risolvere questo problema. Essa ci invita a costituire e radicare l’appartenenza a questa nuova entità politica e ci obbliga a votare per dimostrare responsabilmente che sappiamo decidere per noi stessi.

La democrazia è un bene preziosissimo che abbiamo ereditato, ma come tutti i beni deve essere accuratamente conservato. L’astensione e la scheda bianca si propongono – anche se inconsciamente – di distruggerlo. Chi non partecipa alla vita politica non può pensare di sconfiggere il malgoverno, deve essere cosciente che è la politica stessa ad essere aggredita.
Il torneo della democrazia – a differenza dei mondiali di calcio o del campionato – non permette di vincere stando seduti in poltrona. Esso impone a tutti i cittadini di allenarsi e di giocare, d’informarsi e di votare. Ai pigri ricordo che non si può vincere senza essersi allenati, agli schizzinosi che per vincere si deve giocare. Ammetto che a volte il ruolo assegnatoci può non piacere, ma è sempre meglio che stare in panchina…
Sappiano quindi pigri e schizzinosi che questa volta giocheremo ancora per loro, ma che se restiamo in pochi, annullano il torneo.

Erik Burckhardt

Erik Burckhardt Erik Burckhardt, classe 1986, vive a Parigi dove segue un Master in “Filosofia del diritto e diritto politico” e si dedica ala stesura della tesi di Laurea franco-italiana in Diritto Comunitario e Internazionale. Di doppia nazionalità italo-svizzera - fusione di amabilità e rigore - ama sottrarsi al frastuono e ai ritmi frettolosi della vita parigina dedicandosi a lunghe passeggiate lungo la Senna, rimpiangendo di tanto in tanto il calore di un’Italia sempre presente nel cuore e nei pensieri. Ancora incerto sulla carriera professionale da intraprendere, sta lavorando a una crescita personale e culturale costante, reputata come base fondamentale su cui costruire il proprio futuro.
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Commenti: 3 »

  1. in italia ci vorrebbero 60.000.000 di Erik Burckhardt

    … e invece noi lo mandiamo a Parigi!!!

    I tuoi articoli sono sempre i migliori, i miei complimenti

  2. Non votare a volte é una scelta politica, ponderata e sofferta. Forse non condivisibile, ma sicuramente giustificabile - considerate le circostanze. Mi fa piacere che ci siano tanti idealisti a scrivere sul Tamarindo, tuttavia la realtá é leggermente diversa da quella comunemente immaginata. Il sistema é governato da una classe politica chiusa, interessata unicamente ai suoi interessi e distante da ogni percezione della realtá. L´astensionismo passivo - cioé subito- é ignavia. Chi invece é stanco di questo sistema e deluso anche dai partiti di opposizione ha scelto di non votare, ha intrapreso dunque la via dell´astensionismo attivo. L´hanno fatto in tanti. Per qualcuno sará un gesto deprecabile. Per me era e rimane un gesto saggio.

  3. Questo articolo ambiva alla dimostrazione del carattere antidemocratico dell’astensione: Un gesto che fuoriesce dalla logica democratica non può - a mio avviso - essere un gesto saggio.

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