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I grandi dell’arte contemporanea: Mario Schifano (1934-1998)

17 settembre 2008
Pubblicato in Dossier, Segnalazioni
di Alessandra Denza

Una retrospettiva per la figura di uno dei maggiori esponenti dell’arte italiana. Che dagli anni ‘60 non ha mai smesso di far parlare di sé. Dipinti, disegni, fotografie e filmati…

A Roma è in mostra, alla GNAM, uno dei più grandi artisti italiani dal secondo dopoguerra ad oggi: Mario Schifano. Nato ad Homs (la moderna Leptis Magna) nel 1934 quando la Libia era territorio italiano, Schifano ha esibito alla Biennale di Venezia, al Centre G. Pompidou di Parigi, al S. R. Guggenheim di New York. La mostra è una grande retrospettiva itinerante in onore dei 10 anni dalla sua scomparsa ed è curata da Achille Bonito Oliva in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano gestito dalla vedova Monica de Bei Schifano.

Schifano entra di diritto nella schiera dei grandi artisti dell’arte contemporanea per il suo contributo con i suoi celebri monocromi, le tele emulsionate della Pop art italiana e la multimedialità. Si è ispirato ai suoi colleghi contemporanei Rauschenberg, Kline, Jones e soprattutto Warhol (frequentato nel 1962 a NYC). Artisti conosciuti in occasione della mostra “The New Realists” alla Sidney Janis Gallery e frequentati ai tempi della sua collaborazione con la celebre gallerista Ileana Sonnabend (prima moglie di Leo Castelli).
Il percorso illustra i diversi lavori eseguiti dall’artista seguendo un filo cronologico, le opere degli anni ’50 quando comincia la sua espressione artistica per poi continuare con i lavori Pop (le scritte della Coca-Cola o della compagnia petrolifera Esso) fino alle fotografie che riproducono gli schermi di televisori di facile consumo. Spesso paesaggi e spesso scene erotiche. Una delle sue tecniche più riconosciute sono quelle delle tele emulsionate, ovvero l’uso di riprodurre delle sagome o silhouettes su una tela e poi intervenire con pittura acrilica aggiungendo nuovi elementi e scritte. È anche amante delle grandi dimensioni, tele da 2×3m su cui sviluppare scritte con i gessetti che danzano sopra la superficie pittorica negli anni ‘70 o tele che riprendono grandi campi di grano negli anni ’80 in cui torna il suo amore per la pittura vera e propria o i deserti della sua natia Libia negli anni ’90.
Schifano lavora per cicli tematici – i monocromi, gli incidenti, i paesaggi anemici della Biennale di Venezia nel ‘64 – fino a sconfinare nel linguaggio multimediale del cinema e della televisione. I soggetti più celebri sono la Coca-cola, le palme, il “Futurismo rivisitato” cioè la sagoma della celebre fotografia in cui sono immortalati Tommaso Marinetti con gli esponenti del Futurismo. Novità assoluta di questa mostra è la cartella realizzata con il poeta Frank O’Hara contenente diverse polaroid che immortalano istanti di vita che l’artista spesso trasferisce sulla tela.
La mostra termina con un montaggio antologico di Luca Ronchi dei film girati dall’artista.
Mario Schifano ha vissuto tutta la sua carriera a Roma dopo un periodo passato in America. E’ noto anche per la sua vita privata controversa, è stato contestato per l’uso di alcolici e droghe. E’ inserito tra gli artisti maledetti, pigro e trasgressivo. Trova la sua ‘serenità’ quando conosce la futura moglie presso un gallerista milanese a metà anni Ottanta.
Il suo lavoro esprime al massimo il suo vivere nella società contemporanea consumistica, il mondo esterno fa parte delle opere. I marchi più visti nella pubblicità come le scene della televisione. È un uomo moderno a tutti gli effetti. L’equazione artistica di Schifano si muove nel senso di quantità-qualità-quantità, non è una pittura calcolata, come per Warhol vale la produzione di massa di icone del nostro tempo. Trasferitosi a Roma nel dopoguerra comincia a dipingere. I suoi debutti sono tele ad alto spessore materico solcate da un’accorta gestualità. Abbandonata l’esperienza informale, dipinge quadri monocromi, grandi carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore. Il dipinto diventa schermo in cui affioreranno cifre, lettere, frammenti segnici della civiltà consumistica. I monocromi degli anni ‘60 sono un’espressione per estendere la materia sulla superficie, come fosse spazio e tempo. La pittura acrilica da lui usata ha sempre compreso le cornici che delimitavano le tele, Schifano non si è mai fermato alla tradizionale superficie pittorica bidimensionale. La cornice entra a far parte dell’opera così come il mondo reale.

Mario Schifano. ROMA, GNAM
DATA /giovedì 12 giugno 2008/domenica 28 settembre 2008
CURATORE / Achille Bonito Oliva
CATALOGO / Electa ISDN 978883706230
Roma, Gnam dal 12 giugno al 28 settembre 2008
Milano, Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Accademia di Brera e Fondazione Stelline dal 17 ottobre 2008 al 1 febbraio 2009,
Saint-Etienne, Musée d’art moderne da febbraio ad aprile 2009.



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