Un dubbio: che cos’è il Brasile?
Di Eleonora Corsini • 30 mag 2009 • Categoria:Viaggi • Nessun commento“Il Brasile rimane un mistero. Un mistero che tutti tentano ancora di capire, molti vorrebbero insegnare, ma ancora nessuno sa realmente spiegare”; ed ancora “La verità - sospetto - è che gli stessi abitanti del Brasile non sappiano rispondere alla domanda ‘che cos’è il Brasile’ ed oramai abbiano anche smesso di porsela. Loro lo vivono questo paese [...]. Loro vivono, ballano, ridono e talvolta mangiano”.
Scadono i ricordi di un viaggio?
Queste parole, pubblicate nel mio primo articolo, erano il frutto della mia primissima impressione del paese, ed oggi quasi mi congratulo constatando quanto fossero corrette ed esaustive.
Cinque anni fa sono partita per tre mesi in Brasile, in qualità di volontaria e giornalista: è tardi per rispolverare tra i meandri delle immagini che mi sono rimaste? Posso ancora parlare del Brasile? Sinceramente, credo di sì. Almeno in parte.
Quel primo momento magico che si crea nel vivere lo scontro con una nuova cultura, quello rimane piuttosto intatto anche nel tempo.
Confrontandomi con brasiliani incontrati lungo strada negli ultimi anni, ogni volta abbiamo raggiunto questa conclusione: il Brasile è un mistero.
La stessa storia, quando racconta l’intera colonizzazione dell’America Latina, tanto è ricca di dettagli per paesi quali il Messico o il Perù, altrettanto è povera di spiegazioni sull’ex-colonia portoghese. Gli esploratori ancora non hanno finito di setacciare l’intera foresta amazzonica. Inutile dire che le specie animali e vegetali ivi racchiuse sono ancora fonti di scoperte entusiasmanti.
Il Brasile è innanzitutto immenso.
Immenso geograficamente, immenso culturalmente, socialmente. E questa immensità è la prima caratteristica che invade il viaggiatore che vi approda per la prima volta, e suppongo anche per le successive.
E’ un’immensità che si scinde in un unico contesto dal sapore acre e dolciastro che ti si appiccica sulla pelle. Miriade di frutti di ogni forma, colore e sapore emanano profumi saporiti, e la vegetazione, altrettanto variegata, né è la loro cornice di foglie verdi brillante e fiori dalle tinte calde.
Un’immensità che si ascolta nel ritmo dirompente delle percussioni e degli arpeggi sottili dei suonatori di strada. Sembra che il respiro stesso si coordini alla musica, dalla samba al forrò, dalla bossanova al reggae, dal country all’hip-pop, fino all’elettronica.
Un’immensità che si osserva nelle danze cadenzate della gente per strada. Perché lì prima di camminare, ballano. E’ una forma di espressione sensuale, quando si articola nel movimento del bacino, e l’eco di una lunga lotta durata anni, quando si esprime nelle acrobazie della capoeira - la danza degli schiavi.
E’ una vampata di aria nuova e fresca che si concretizza in volti neri, meticci e bianchi, che sorridendo, sempre e sinceri, ti accolgono nella loro festa. Quale? La vita di tutti i giorni, dall’alba al tramonto.
Non mi riferisco alla leggenda del brasiliano che balla samba e vive per il carnevale, bensì alla realtà del brasiliano che abbraccia la filosofia del vivere alla giornata. Rivalutando, in una scala di valori da noi ormai dimenticata, quelle piccole gioie quotidiane come i principali scopi del vivere umano, nonché la fonte della forza per sopravvivere, se necessario.
Il Brasile è spesso incredibile.
Un giro in autobus per una delle sue città, in questo caso citerò Salvador Bahia, può essere un buon esempio di ciò che voglio dire. Per prendere un autobus, lì, dopo esserti improvvisato acrobata, devi, correndo e gesticolando, richiamare l’attenzione dell’autista perché si fermi a raccattarti, poi, per scendere, devi patteggiare con lo stesso una via di mezzo tra dove vorresti scendere tu e dove vuole fermarsi lui. Il percorso del bus, districandosi tra le via a serpentina, permette di avere una visione quasi completa dei Barrios - quartieri - della città. L’impressione: aver visto città diverse. La realtà: è un tutt’uno. Difficile a credersi, ma l’enorme centro commerciale Iguatemi, quelle villette splendide ed ordinate ed i grattacieli colorati del barro Pituba, fanno parte della stessa città dove nel barro Capelinha infinite casupole fatte di nulla si accartocciano l’una sull’altra dando luogo ad una favela, dove le persone convivono con le fogne a cielo aperto.
Il Brasile è ricco.
Ricco di terre coltivabili, ricco di risorse energetiche, ricco di cultura e storia. E’ tra le prime colonie che si è resa indipendente. Eppure è ancora un Paese in via di sviluppo.
Recentemente, nelle sue acque territoriali, sono stati scoperti 8 miliardi di barili di petrolio, che renderebbero il Brasile un esportatore petrolifero alla stregua dei Paesi arabi o del Venezuela.
Sarà questo a cambiare il paese e la sua filosofia di vita? Difficile a dirsi, c’è solo da sperare che lo sviluppo economico e sociale ne tragga giovamento. Contemporaneamente si teme il puntuale arrivo di nuove “colonizzazioni” e l’esasperarsi dei già presenti giochi di potere e divari sociali.
Temo che questo possa comportare un cambiamento drastico, da qui a qualche anno, che renderà obsoleti i miei ricordi di un paese magico e affascinante. E questo, egoisticamente lo ammetto, mi rattrista.
Eleonora Corsini Italiana, nata a Roma nel’83, cresciuta tra Roma e Firenze. Laureata in Sociologia, ex collaboratrice per il quotidiano “il Corriere di Firenze” ed il settimanale “ l’Attenzione”. Da qualche anno a questa parte, quando posso, viaggio per lunghi periodi: Londra, Parigi, Brasile, Argentina, Messico, Stati Uniti, sono state le mete più importanti. Dopo i mesi trascorsi in Brasile come volontaria ho deciso di specializzarmi nel campo sociale ed antropologico, così ora frequento una doppia specialistica in “Sviluppo e Cooperazione” tra la Sapienza di Roma e la Soas di Londra.
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