Enrico Berlinguer, 25 anni dopo
Di Michelangela Di Giacomo • 12 giu 2009 • Categoria:Italia, Politica • 5 CommentiTorno a casa, dopo 5 ore in biblioteca a revisionare un saggio sull’”eurocomunismo” e apro il giornale a scopo di svago. Nella cronaca di Roma leggo “Alemanno commemora Enrico Berlinguer”, e strabuzzo. Avrò letto male, brutti scherzi della stanchezza.
Approfondisco: “”Enrico Berlinguer fu un grande leader popolare e, quando morì, non a caso, venne onorato dall’allora leader del Msi Giorgio Almirante”. Con queste parole il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha ricordato Enrico Berlinguer nel giorno del 25/o della sua morte. In particolare, Alemanno, ha sottolineato “il suo richiamo alla sobrietà, all’austerità come stile di vita contro il consumismo, un modo diverso di stare insieme e di mantenere la coesione sociale”".
Evidentemente non ho letto male, evidentemente sono io che non capisco più nulla della società in cui vivo, o che passo troppo tempo frequentando il passato da non comprendere il presente. Non voglio parlare di lotta di classe, non voglio parlare di rivoluzione. Ma qui siamo all’annichilimento del conflitto, strategia condivisa da destra e da sinistra per appiattire le coscienze e stremare le identità politiche, costrette a rifugiarsi nel giustizialismo come ultima sponda del senso delle istituzioni. E non lo dico solo per i risultati delle europee, che hanno mostrato un’Italia con uno spirito europeista mortificato da un ripiegamento protezionista, legalista e finanche xenofobo. Dov’è finito il sogno di Berlinguer di un’Europa antimonopolista, pacifista e socialista che portasse ad un progresso reale delle condizioni di vita di tutti i suoi cittadini e che interloquisse alla pari con le superpotenze? Se gli europei sembrano assolutamente disinteressati a rafforzarne le istituzioni, quando diventerà davvero una protagonista autonoma dello scenario mondiale?
Ricordiamolo Enrico, ma non perché era un uomo giusto, un uomo saggio, un uomo retto. Non sono queste doti che si presume siano richieste a chiunque voglia prendersi in carico la gestione della res publica? Non è forse paradossale che si ritengano doti eccezionali e che sia vista come prassi e ovvietà la totale assenza di tali doti nel nostro corpo politico? E’ il trionfo del grillismo, del “castismo”, dell’antipolitica pastrocchiona che attacca tutto e tutti senza accorgersi che proprio tali generalizzazioni uccidono quei residui di statalità e dignità che ancora restano alla nostra repubblica… che proprio gli uomini come Berlinguer hanno fondato.
Ho sentito ieri sera Veltroni, intervistato per il programma di Minoli a lui dedicato, dire che la difesa della presunta diversità morale dei comunisti è stato ciò che li ha isolati e distrutti. Sono convinta però che non l’abbiano difesa abbastanza, che si siano lasciati andare ad un lassismo che ha tentato, invano, di concorrere con craxiani prima e berlusconiani poi per attrarre i nuovi ceti medi di yuppismo, discoteche e protagonismo. Enrico era un capo carismatico, non un leader; era un Segretario generale, non un premier. E - non lo dico per rimpianto di tempi che non ho vissuto - magari ce ne fossero ancora.
Ricordiamolo Enrico, perché era un comunista italiano. Perché credeva profondamente nella possibilità di poter cambiare il mondo, perché sapeva sognare, essere utopico ma anche radicato alla realtà del mondo in cui viveva, perché aveva un ideale e lo seguiva, perché non voleva limitarsi ad amministrare lo stato di cose ma correggerne le ingiustizie. Perché era europeista ma non atlantista, perché era solidarista ma non internazionalista, perché era comunista ma non sovietico. Ricordiamolo per la complessità del suo pensiero, per la sua lungimiranza, perché aveva capito che la classe operaia non stava scomparendo ma solo trasformandosi e che dietro il brilluccichío dei nuovi lavori si sarebbe mostrato prima o poi solo qualche altro sfruttamento. Perché aveva capito che serve la politica per difendere gli oppressi. Ricordiamolo perché sapeva difendere le proprie idee, perché conosceva la propria identità ed era in grado di declinarla nel contesto del mondo occidentale senza doverla per questo snaturare o abdicare ai suoi presupposti.
Vorrei tornare a casa un pomeriggio, dopo 5 ore passate a studiare Berlinguer e il suo pensiero, e non trovare la città invasa da manifesti delle più varie forze politiche che se ne arrogano l’eredità morale. Non era socialdemocratico, non era democristiano, non era progressista. Berlinguer era comunista. E questo non era un difetto ma un pregio. Gli eredi, noi, possiamo credere di seguirne il tracciato come meglio ci sembra opportuno per le congiunture in cui viviamo, ma nessuno può distorcere la storia per giustificare il proprio presente, nessuno può ricordare un grande uomo per legittimare le proprie piccolezze. E io vorrei che oggi Berlinguer fosse ricordato perché ha dato tutta la sua vita alla creazione della nostra Repubblica, alla costruzione di uno stato sociale e alla garanzia di tutti i nostri diritti in un’Italia e in un’Europa pluralista e democratica.
Michelangela Di Giacomo Nata a Roma nell’anno 1983, cullò dalla tenera età velleità da palcoscenico e da pennino a china. Dopo aver perso qualche diottria traducendo greco antico, scartate come possibilità di carriera le pulsioni all’arte, al design e al giornalismo, decise di diventare uno storico. Cinque anni in Sapienza, sette mesi a Madrid, si avvia ora in terre senesi per intraprendere un dottorato. Interessata a tutto, appassionata alla vita, tenta di cogliere spunti di riflessione nel caos comunicativo dell’era contemporanea. Tra i suoi svaghi, il ballo in tutte le sue forme, il teatro, il fumetto, l’arte e la lettura. Tra le sue ambizioni, un libro con Einaudi e la Presidenza della Repubblica. Ci sta lavorando su.
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E’ il miglior articolo che mi sia capitato di leggere su
Enrico Berlinguer. Natalia Ginzburg scrisse all’ indomani
della morte di Enrico che ascoltare i suoi discorsi era
come uscire dalle tenebre e ritrovarsi in un’ atmosfera
improvvisamente aurea e pulita. Ecco, per me leggere
il suo articolo è stato come vedere un faro nell’ oscurità.
L’ Italia di oggi è tremenda. Se Berlinguer non fosse
morto improvvisamente oggi la situazione sarebbe
immensamente migliore. Mia madre ha sempre detto
di non credere che sia morto di morte naturale. Ma
io so che anche Togliatti diceva che seguire la trama
dei romanzi gialli non serve a niente.
Grazie per aver scritto questo articolo.
Dolfi Vinicio, Pistoia.
grazie mille!
Grazie a te Michelangela, sei una persona in gamba.
Io avevo 18 anni quando Berlinguer morì e mi ricordo
il clima di quei giorni. Mio padre è stato un’ operaio
molto attivo, a livello di base, sia nel sindacato che
nel partito. Io invece, per motivi personali, ho
sempre vissuto un pò in disparte la politica,
anche se l’ ho sempre seguita. Oggi poi ho
un lavoro che mi impegna molto e non ho
molto tempo per altre cose. Ma devo dire,
purtroppo, che quello che vedo intorno non
mi piace. Sono tra coloro che nel 1989
contrastarono la svolta della Bolognina.
E dopo non mi è affatto piaciuto il passaggio al
sistema maggioritario della cosidetta Seconda Repubblica.
Sono convinto che se Berlinguer non fosse morto tutto
questo non sarebbe successo. Lo so che la storia non
si fa con i se, ma io non posso fare a meno di pensarci.
Mi perdoni se le ho scritto di nuovo e per la mia
prolissità, ma io sentivo il bisogno di farlo.
Di nuovo cordiali saluti e auguri di pieno successo
in ogni campo.
Dolfi Vinicio, Pistoia.
Tutto giusto quello scritto, altamente condivisibile e davvero ben scritto ma ricordiamo pure Berlinguer per altre cose. E’ lui che ha radiato il gruppo del “Manifesto” che non fu certo un gesto di tolleranza ed apertura, è lui che ha dato una lettura sbagliata del golpe Pinochet cominciando un dialogo con la Dc fallimentare fin dall’inizio accettando un governo Andreotti impresentabile (questo prima del sequestro Moro). E’ sempre lui a disperdere un patrimonio del 34,4% di voti senza riuscire a concretizzarlo in un’opzione politica credibile che non era rappresentata dal venire a patti con una forza politica corrotta e tentacolare come la Dc. Pure io ho trovato gli interventi di Veltroni da Minoli ridicoli ma siamo proprio sicuri che se la solidarietà nazionale fosse andata avanti non si sarebbe finito a fare una sorta di Pd ante litteram? Insomma esaltiamo Berlinguer per ciò che ha rappresentato e facciamo bene a ricordarlo perchè vale più di tanti politici attuali, ma ricordiamolo criticamente perchè glorificarlo non gli rende giustizia.
Antonio Lenzi
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