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In crociera da Anchorage a Vancouver

8 dicembre 2008
Pubblicato in Attualità
di Roberto Priolo

Rientrando ad Anchorage, si può decidere di visitare il Panhandle -“manico”, il sottile lembo di terra che si spinge verso sud lungo la costa pacifica, e ospita alcuni dei più importanti centri abitati dell’Alaska. Per farlo io optai per una crociera Princess di 6 giorni fino a Vancouver.
Il primo giorno di viaggio fu dedicato alla visita al Glacier Bay National Park, un’altra riserva naturale che, come il Kenai Fjords, è possibile visitare solo dall’acqua. La grandissima nave si destreggiava tra un braccio di mare e l’altro, alla scoperta dei bellissimi ghiacciai della zona.
I ghiacciai dell’Alaska scendono lungo i pendii delle montagne fino al mare, dove formano un muro di ghiaccio alto svariati metri. Piccoli iceberg galleggiano tutto intorno.
Dalla sala della colazione notai che la nave si trovava in un meraviglioso corridoio marittimo nel quale una decina di ghiacciai si gettano in mare come cascate solide. Lingue di ghiaccio aguzze e seghettate, con una colorazione unica, bianco intenso in alcuni punti e azzurro in altri. In prossimità dei ghiacciai il mare cambiava tinta, diventando di un colore a metà tra il blu e il verde.
Proseguendo a sud lungo la costa, nei giorni seguenti scoprii le cittadine dell’Alaska sud-orientale.
C’è Skagway, terra di cercatori d’oro. Un luogo abbastanza surreale, fatto di una via principale con casette in legno, saloon e vecchi alberghi, moltissimi negozietti che cercano di rievocare i tempi della gold rush, nonostante i giacimenti auriferi fossero già belli che esauriti nel 1900. Oggi Skagway vive solo ed esclusivamente di turisti, con quasi un milione di visitatori ogni anno. Dalla cittadina si può effettuare, superando il White Pass, un’escursione nei villaggi dimenticati dello Yukon canadese (per sentirsi un Paperon dè Paperoni nel corso delle sue avventure nel Klondike).
Poi c’è Juneau, la capitale dell’Alaska, nonché luogo di lavoro di Sarah Palin e uno dei luoghi più sperduti d’America. La cittadina, con poco meno di 31.000 abitanti, si affaccia minuscola sul Gastineau Channel, e rappresenta il cuore politico dello stato. Anche per Juneau, tuttavia, gli introiti maggiori derivano dal turismo, in particolare quello che arriva con le navi da crociera.
Juneau, infatti, non è raggiungibile via terra. È isolata dal resto del continente. Ci si può arrivare solo via mare o volando. Per questo una crociera, modalità di viaggio che solitamente non prediligo, si rivelò il modo migliore di visitare il “manico” dell’Alaska.
Di fronte al triste e scuro Alaska State Capitol sorge la statua di bronzo di un orso che tiene sotto le zampe un salmone. Fuggii dal centro di Juneau (credo in tutto più piccolo della nave da crociera su cui viaggiavo) per effettuare un gita in idrovolante sull’Icefield da cui si espandono oltre 30 ghiacciai, il più celebre dei quali è sicuramente il Mendenhall.
Se si riesce a superare il terrore provocato dalle continue turbolenze, osservare i ghiacciai dall’alto è un’esperienza unica. Sembrano sul serio delle lingue ruvide che dal cuore delle montagne si srotolano violente lungo le vallate e le foreste che ne ricoprono i pendii.
Infine fu il turno dell’ultima cittadina alaskana del viaggio, Ketchikan, che, tolti il nome bizzarro e il titolo di “capitale mondiale del salmone”, è davvero incantevole, specie in una giornata di sole.
Con le aquile calve che a decine volavano da un albero all’altro, mi diressi verso il centro culturale dei nativi di questa zona dell’Alaska, dove viene mostrata l’arte dell’intarsiare il legno per creare i totem e dove le tradizioni della tribù vengono introdotte ad un pubblico attento ed entusiasta. Ma certamente tutto troppo turistico. Mi ripromisi di tornare in Alaska, per la scoperta di tradizioni più autentiche ed inalterate… chiaramente se ne riparlerà solo quando avrò vinto la lotteria.
Sopra ogni altra cosa, l’Alaska è un luogo dove è facile immaginare come sarebbe il territorio se gli esseri umani non esistessero. Sempre che la Palin e i suoi fellow Republicans non si mettano a trivellare nelle aree protette, il patrimonio naturale dello stato resterà tale da rendere la presenza dell’uomo un fattore decisamente poco rilevante. Ed è fondamentale che questa realtà non cambi.
Dopo dieci giorni di alberi, laghi, montagne e ancora alberi, l’impatto con Vancouver fu forte: durante l’approdo salii sul ponte della nave, e restai quasi folgorato dalla vista della skyline della metropoli, immagine decisamente diversa da quelle che la mia mente aveva immaganizzato nel corso del viaggio. La grande città è bella, ma tutto sommato di colate di cemento ce ne sono tante. Gli scorci dell’Alaska, invece, sono semplicemente unici.

 



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