Assenze/presenze 01 il Grande Grido
Pubblicato in Dossier, Segnalazioni
di Alessandra Denza
Giovedì 2 Aprile si è inaugurata al Museo Marino Marini di Firenze la mostra assenze/presenze 01 il Grande Grido curata dal nuovo direttore Alberto Salvadori. Presenti molti giovani interessati alle evoluzioni dell’arte contemporanea, collezionisti fiorentini e habitués dell’arte. E’ l’inizio di una serie di mostre temporanee volte al dialogo tra i giovani artisti e le opere di Marino Marini presenti nella collezione permanente del museo a lui dedicato.
Nel terzo dei quattro dialoghi tra Arcadio ed Eftimio in Arcadio o della scultura, di Cesare Brandi, il primo risponde al secondo: “…se nel toccare quella scultura non potrai sentire la pelle elastica e il sangue che scorre, potrai sempre stabilire un’identità fra i muscoli della statua e quelli dell’essere umano: anche ad occhi chiusi li riconosceresti”. L’impossibilità del sentire, l’assenza di una scultura e la presenza di quattro altre che ne pervaderanno il vuoto lasciato da questa, è il tema dell’ideale dialogo che si stabilirà tra il grande grido di Marino Marini e quattro opere di Bruna Esposito, Paola Pivi, Berlinde de Bruyckere e Diego Perrone.
I quattro artisti che dialogano con l’opera di Marini nell’allestimento museale rappresentano quattro punti di vista, quattro idee diverse di lavoro, di ricerca, che entrando all’interno dello spazio dedicato completamente alla sua scultura all’interno del museo possono farci sentire metaforicamente i muscoli, il sangue dell’essere che è all’interno dell’opera. ?Il Grande Grido è un’opera del 1962, periodo in cui Marino Marini aveva già raggiunto fama internazionale; da molti anni il tema del cavallo e cavaliere era il fulcro della sua ricerca. Il 1962 è anche un momento nel quale attorno a lui la ricerca di molti artisti è virata verso linguaggi diversi: sono gli anni dell’informale, dell’arte intesa anche come espressione del gesto.? Marini è come intrappolato dentro la sua grande scultura: soffre, attacca la materia, disgrega la forma, fino ad arrivare più avanti negli anni a separare definitivamente cavallo e cavaliere. Per l’artista, le sue sculture rappresentavano anche il tormento degli avvenimenti del secolo scorso, e l’inquietudine dei suoi cavalli aumentava sempre più, stremando il cavaliere fino a fargli perdere il controllo sulla bestia.
Il lavoro di Berlinde de Bruyckere, Lichaam (Corps) (2000-2006), si pone alla presenza dei visitatori come una rielaborazione del tema del cavallo lacerato e disteso, rappresentazione di una sofferenza molto forte, di una contorsione della condizione naturale, metafora della morte attualizzata sulle tragedie contemporanee attraverso le pelli di cavallino a ricreare il corpo dell’animale.? L’opera di Diego Perrone, Senza titolo (2008), dialoga con il grido attraverso il processo del divenire in diversi momenti di un’idea, di un’opera, attraversando sia le fasi concettuali sia quelle legate alla realizzazione dell’opera stessa, in questo caso la riproduzione tridimensionale del processo di fusione: l’identità tra i muscoli della statua e quelli del corpo umano. Paola Pivi presenta Old is gold (2007), una scultura composta da un numero altissimo di lamelle color oro e argento formanti un parallelepipedo apparentemente monolitico ma intrinsecamente frammentato. Questo lavoro di Pivi ci svela uno dei temi centrali della ricerca dell’artista: la ripetizione e la singolarità, creato in questo caso dalla presenza di uguali elementi come frammenti di un insieme determinanti l’unicità di una scultura. Infine l’essenza di una forma condotta ad un singolo punto, dove tutte le direttrici, dove tutte le forze confluiscono: il lavoro di Bruna Esposito, Perla a piombo (2007). Il filo a piombo indica un punto esatto dove la concentrazione degli elementi convergono definendo la collocazione delle forze messe in campo e i rapporti stabiliti dai diversi lavori. Il tutto impreziosito ancora una volta da un elemento, la perla, che si ripete, data la somiglianza di una con un’altra, ma che invece singolarmente esprime un’unicità, per definizione irripetibile e irriproducibile.
La presenza di quattro opere di artisti contemporanei vuole essere l’inizio di una serie di dialoghi, dal titolo assenze/presenze, che avvicinano l’arte di diversi periodi a Marino Marini, che nella coerenza di una vita spesa tra pietre e bronzo non ha mai smesso di cercare la sua fonte.? Del resto così è l’arte da sempre: ricerca di un’esperienza possibile, attraverso parole, oggetti, pensieri che divergono dalla realtà o che ci immergono nella realtà che fino a un momento prima non avevamo percepito, visto, sentito.? AssenzePresenze: il grande grido rimarrà aperta fino al 23 maggio.
Immagine Marini
IL MUSEO
Il Museo Marino Marini è collocato all’interno della ex-chiesa di San Pancrazio, tra via della Vigna Nuova e piazza Santa Maria Novella. Costituito in prioria dopo il 1100 subisce una radicale ristrutturazione del convento che viene completata tra il 1457 e il 1467 dall’intervento di Leon Battista Alberti, patrocinato dai Rucellai. Dopo l’epoca napoleonica, nel 1988 riapre uno spazio museale che coniuga felicemente antico e moderno attraverso una laboriosa opera di restauro, progettata dagli architetti Bruno Sacchi e Lorenzo Papi.
Museo Marino Marini
Firenze, Piazza San Pancrazio
Informazioni: tel. 055.219432 – email: info@museomarinomarini.it
Orario di apertura: dalle 10 alle 17, esclusi la domenica e il martedì.
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