Jan the Plummer, Tony Montana e l’Economia Europea
Di Pamela Campa e Michel Serafinelli • 18 lug 2009 • Categoria:Economia • 13 CommentiAlcuni giornali progressisti europei hanno sottolineato, nei giorni passati, la sorpresa di un’ultra destra che incalza in una fase di crisi economica, quando invece certe politiche social-democratiche dovrebbero esercitare un forte potere di attrazione sugli elettori.
In realtà, i risultati delle recenti elezioni non smentiscono l’ipotesi che i cittadini abbiano bisogno di protezione. Tuttavia, mentre a priori i socialisti ritenevano che gli elettori europei volessero essere protetti dal liberismo economico senza se e senza ma, il vero spauracchio da cui molti vogliono essere salvaguardati sembrerebbe un altro: l’immigrato. L’ultra destra, con il suo linguaggio aggressivo, il suo programma politico intransigente, la sua promessa di “ripulire” le nostre città da pelli “abbronzate”, bene intercetta le paure di un certo elettorato disorientato dalla disoccupazione crescente, e che alla domanda “perché non ho un lavoro”? finisce per rispodere “è colpa degli immigrati”. Domanda ragionevole. Risposta meno condivisibile, almeno da un punto di vista della letteratura economica, che non trova evidenza empirica per molte paure che segnano in parte le decisioni di voto degli Europei.
È vero che l’immigrazione è un fenomeno in crescita nel Vecchio Continente. Ed è vero che l’immigrazione dall’estero, e quindi un aumento della diversità nella popolazione, provoca diversi cambiamenti al sistema economico. Tuttavia, questi cambiamenti non sono necessariamente negativi.
Nei Paesi più ricchi, ad esempio, la diversità può stimolare la crescita economica, il che è consistente con l’evidenza empirica in organizzazione aziendale, che documenta che teams eterogenei raggiungono, anche se in tempi spesso più lunghi, soluzioni migliori ad un dato problema.
Inoltre, un Paese più diverso potrebbe presentare una quantità minore di beni pubblici (istruzione, strade, ospedali, per citarne alcuni) soprattutto nel momento in cui i vari gruppi etnici hanno diritto di voto, e si scontrano su questioni sensibili a livello di etnia, quali l’insegnamento di due lingue presso le scuole pubbliche. Una delle previsioni più interessanti (quasi una profezia) che ne derivano è che al crescere dell’immigrazione in Europa, alcuni movimenti politici potrebbero sfruttare strumentalmente la leva etnica per ridurre il welfare-state in maniera rilevante. L’oppurtunità o meno di questa riduzione dipenderà dal particolare contesto socio-politico.
Più vicini alle paure che agitano i sonni dei cittadini europei sono gli effetti dell’immigrazione sul mercato del lavoro. La paura di Jan Kowalczyk (per gli amici Joe, l’idraulico polacco che ti ruba il lavoro) in Francia è stato il tema ricorrente della campagna francese contro la Costituzione Europea. La posizione della letteratura economica al proposito è quantomeno incerta. La teoria economica dominante suggerisce che, nel caso in cui l’immigrazione sia prevalentemente non qualificata e non istruita, i flussi migratori causano una contrazione dei salari per i lavoratori “unskilled”, e quindi un aumento delle disuguaglianze salariali tra lavoratori qualificati e non. Tuttavia, tale previsione teorica non è supportata da evidenza empirica credibile. I risultati di alcune ricerche che sfruttano flussi migratori eccezionali e concentrati nel tempo potrebbero aiutare molti europei a dormire sonni più tranquilli, anche se, addormentandosi, dovessero pensare che in quel momento un altro barcone è salpato dalla Libia con destinazione Europa. Si possono citare, tra gli altri, il caso dei flussi migratori dei primi anni ´60 legati alle vicende algerine, che hanno determinato un incremento consistente della forza lavoro in Francia (+1.6%), ma un effetto trascurabile sui livelli salariali. O ancora, si può guardare alle turbolenze nel mercato del lavoro di Miami nella primavera del 1980, quando Castro introdusse uno shock nella politica cubana di ostacolo all’emigrazione, dichiarando che, chi volesse lasciare Cuba, poteva inseguire il proprio sogno americano salpando dal porto di Mariel. Un confronto degli sviluppi nel mercato del lavoro dell’area di Miami, che accolse la maggior parte degli emigranti “in fuga” (tra cui Tony Montana), con un gruppo di città con caratteristiche socio-economiche simili, trova un impatto non significativo su occupazione e salari dei lavoratori afro-americani, ovvero quelli che, a giudicare dai dati sul mercato del lavoro di Miami, hanno livelli di educazione e abilità più bassi.
E del resto, anche supposto che, a dispetto di quanto suggerito dagli studi citati, ci sia un effetto dell’immigrazione sul mercato del lavoro, le 8 ore di sonno per notte del cittadino Europeo preoccupato dall’arrivo degli immigrati dovrebbero in ogni modo essere salve, perché l’immigrazione spesso fornisce forza lavoro ad occupazioni che, per livello di istruzione richiesto e mansioni svolte, non corrispondono al profilo della maggior parte dei cittadini Europei. Quanti giovani italiani sono disposti a lavorare nella raccolta dei pomodori sotto il sole cocente della Puglia d’estate? Quante ragazze francesi dividerebbero la casa con un’anziana donna malata che ha bisogno di assistenza 24 ore su 24, se pur ben pagate?
In definitiva, la risposta “è colpa dell’immigrato”, non sembra ragionevole in prospettiva economica. Né acquisisce uno status migliore se la si considera in prospettiva storica e anche etica. E’ banale, ma cruciale, ricordare che l’Italia è stato un Paese da cui sono salpate, nel dopoguerra, navi per le Americhe, e sono partiti treni per la Germania, la Svizzera, la Francia. Anche grazie alla valvola di sfogo costituita dall’emigrazione, l’Italia è diventata da Paese da cui si fugge Paese che riceve.
La speranza ora è che diventi, se pur a fatica, Paese che integra. Conoscere, constatare che gli effetti di lungo periodo dell’immigrazione non sono necessariamente negativi, e quindi auspicare che poco a poco i cittadini europei ne divengano consapevoli, rende la speranza di integrazione qualcosa di più che un’utopia.
PER SAPERNE DI PIÙ
Alesina, Alberto and Eliana La Ferrara. “Ethnic Diversity Economic Performance,” Journal of Economic Literature, 2005Alesina, A. and E. Glaeser (2004), Fighting poverty in the US and Europe: a world of difference, Oxford University Press
Alesina, A., R. Baqir and W. Easterly (1999), “Public Goods and Ethnic Divisions”, Quarterly Journal of Economics, 114 (4), 1243-1284.
Borjas (1999) “The Economic Analysis of Immigration,” in Handbook of Labor Economics, Volume 3A, edited by Orley Ashenfelter and David Card, North-Holland, 1999, pp. 1697-1760.
Card (1990) The Impact of the Mariel Boatlift on the Miami Labor Market.. Industrial and Labor Relations Review, Vol. 43, No. 2. (Jan., 1990), pp. 245-257
Cahuc, André Zylberberg (2004) Labor Economics By MIT PRESS, Chapter 10
Hunt J. (1990) “The Impact of the 1962 Repatriates from Algeria on the French Labor Market”. Industrial and. Labor Relations Review April 1992Lazear E (1999a) “Globalization and the market for team-mates” Economic Journal 109, 15-40.
Lazear E. (1999b) “Culture and Language” Journal of Political Economy,Supplement, 95-125
O’ Reilly C., K. Williams and S. Barsade (1997) ”Demography and group performance” unpublished
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Pamela Campa Sono un'aspirante economista, che si è appassionata all'economia dello sviluppo dopo un'esaltante esperienza di lavoro in Asia. "Da giovane" ero una brava nuotatrice, ora nuoto solo quando riabbraccio il mare della mia amata Puglia. Ogni primo dell'anno mi propongo di fare jogging la mattina, di imparare a suonare una chitarra che ora strimpello e di fare ordine nel caos della mia camera. Poi i libri di università, i romanzi d'autore, il "webbing" e le chiacchiere con gli amici finiscono sempre con l'assorbire le mie giornate intere. A settembre inizierò un PhD in Economics a Stoccolma, il che difficilmente si concilierà con i miei propositi da inizio anno.
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Michel Serafinelli Per gli amici sono "socio michel", mi piacerebbe essere un musicista, ma da piccolo mi han messo a giocare a pallone. Ora mi ritrovo con un sax che so suonare poco, e con un biglietto per un PhD in Economics.
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Tutto vero!….ma la destra incalza perchè le preoccupazioni dei cittadini riguardo all’immigrazione sono solo in piccola parte di tipo economico. Ciò che fa dormire 5 minuti in meno gli italiani sono la crescente criminalità,il clima di insicurezza in cui si è costretti a vivere e il degrado delle città sempre più affollate da senza tetto e disperati!
E purtroppo è difficile pensare all’integrazione in un periodo in cui gran parte della popolazione deve fare i conti con una crisi economica che risparmia davvero in pochi!
bravi. molto.
Mi piace il vostro articolo, ma pone troppi problemi, tocca troppi argomenti. L’immigrazione è un fenomeno molto complesso, da vedere da molte angolazioni: economiche, sociali, lavorative, culturali, etniche, religiose… Ognuno di questi aspetti meriterebbe molta riflessione e suscita molti problemi.
Rimanendo molto sul generale, va rilevato che l’emigrazione dei giorni nostri è molto diversa da quella del’800 e da quella degli anni ‘30 e poi ‘60. L’emigrazione del nostro tempo è frutto della globalizzazione… I nostri antenati sono andati in Argentina, o in Brasile o negli USA ignorando quello che avrebbero trovato di fatto, ma in generale il paese ospitante non aveva un atteggiamento troppo ostile verso l’immigrato. L’immigrato, da parte sua, covava sempre in cuor suo la speranza di tornare nel suo paese. Era una emigrazione utile al paese di partenza (per le rimesse degli emigrati) e al paese di arrivo (per la forza lavoro nuova che accoglieva). L’ospite si integrava facilmente perché aveva le stesse radici culturali e religiose. Oggi è tutto diverso. L’integrazione è difficile perché mancano tutti i presupposti, manca un elemento comune che funga da catalizzatore, manca anche la predisposizione d’animo per l’accoglienza… Per questo si formano i ghetti o gli immigrati, quando diventano molto numerosi, si impossessano di parti della città spadroneggiando a loro piacimento. Unica soluzione è l’integrazione… ma è un processo molto lungo, che passa attraverso anche più di due generazioni.
Quanto poi alla criminalità legata all’immigrazione, il discorso è ancora più complesso… Mi limito a questa sola considerazione: noi italiani, che ci lamentiamo dell’insicurezza provocata dalla presenza degli immigrati, non dobbiano dimenticarci che noi siamo stati un paese di emigrazione e in America noi abbiamo esportato la mafia con tutte le sue conseguenze.
Non vado oltre, spero solo di aver offerto qualche spunto riflessione su questo delicato e complesso argomento.
Alessandro, e’ vero che gli italiani percepiscono gli immigrati come causa
principale della crescente insicurezza nelle citta’ italiane; ma ci sono alcuni
caveat che devono essere riconosciuti al tuo ragionamento. Innanzitutto,
siamo davvero sicuri che l’insicurezza sia aumentata?
E’ vero che i telegiornali italiani trasmettono questa immagine delle nostre citta’,
ma bisognerebbe confrontare tale rappresentazione con i dati sulla criminalita’
in Italia negli ultimi anni.
Vero e’ che l’immigrazione verso l’Italia potrebbe soffrire di una selezione avversa; il nostro Paese,
con i suoi processi lunghi che vanno in prescrizione, con la presenza storica, internazionalmente nota, di potenti
organizzazioni criminali che controllano molte attivita’ economiche (Nicola ricorda che siamo esportatori di mafie), con il recente indulto (8000 immigrati sono usciti dal carcere in seguito al provvedimento) potrebbe esercitare un forte potere di attrazione sugli immigrati che vogliono delinquere; viceversa, coloro che vorrebbero lavorare potrebbero essere scoraggiati dal clima di caccia all’immigrato che si respira in alcune aree dell’Italia. Quindi, e’ possibile che con una lotta maggiore alla criminalita’ organizzata e con una maggiore certezza della pena nel nostro Paese, potremmo attirare piu’ immigrati onesti e migliori lavoratori.
La strada da percorrere e’ appunto una piu efficace “rule of law”, non la chiusura a riccio.
Inoltre, un punto che enfatizzeremmo e’ che non possiamo pensare di fare a meno dell’immigrazione, perche’
il sistema pensionistico italiano, di tipo PAY AS YOU GO (i lavoratori al tempo t contribuiscono per i pensionati al tempo t), soffre peril bassissimo tasso di fertilita’ nella nostra popolazione; la forza lavoro giovane che arriva dall’estero, nonche’
i piu’ alti tassi di fertilita’ della popolazione straniera residente in Italia potrebbero essere una sollievo
fondamentale per le casse delle stato tormentate anche dalla crisi.
D’altronde, i socialdemocratici che erano al governo in tanti Paesi europei fino a qualche anno fa hanno sbagliato a non
spiegare bene ai cittadini certi vantaggi, e a non gestire in maniera adeguata le trasformazioni delle rispettive societa’.
Come Nicola fa notare, l’immigrazione e’ un problema complesso che non puo’
essere affrontato sulla base di impressioni e notizie veloci.
Noi ci siamo limitati a illustrarne alcuni aspetti (economici) che ci sembra siano meno pubblicizzati
in molti mass-media rispetto ai connotati piu’ negativi con cui l’immigrazione e’ spesso descritta
problema 1)
storicamente nei periodi di forte crisi economica e culturale, gli estremismi prevalgono. Vedi primo dopoguerra in germania e italia, vedi la russia durante la prima guerra etc.. non mi cheidete perchè, ma credo sia una questione di “spiegazioni politiche” che la gente ignorante vuol sentirsi dare non capendo perchè ha meno soldi o meno idee e vuol sapere di chi o di cosa è la colpa. Che adesso siamo in forte crisi non c’è alcun dubbio.
problema 2)
l’operaio ha paura dell’immigrato perchè gli toglie il lavoro (costa meno e chiede meno diritti e comodità), il pensionato ha paura di qualsiasi cosa e quindi anche dell’immigrato, le donne hanno paura degli stupri, ma perchè l’imprenditore ha paura dell’immigrato? Questo resterà sempre il mistero più inspiegabile per me. Come fa ad attecchire una politica semi-razzista in quei ceti che traggono vantaggio dal lavoro sfruttato e sottopagato? E quelli che aprono società in romania, albania etc?
problema 3)
ma tutta la bibliografia che avete inserito… serve sul serio per capire questi problemi così comuni??? NO AI PAROLONI, SI’ ALLE PAROLACCE. NO AL PHD, SI’ ALLA SBREGA. Che il sapere venga dal basso!
un abbraccio saffico ad entrambi
Caro W.
Grazie per il commento!Ci riferiamo in ordine agli spunti che tu proponi
1 Siamo d’accordo, sarebbe interessante studiarlo
2.a “l’operaio ha paura dell’immigrato perchè gli toglie il lavoro” : La seconda parte del nostro articolo si sofferma proprio su questa paura. Ci sono dei caveats ai risultati che presentiamo ovviamente, e se vuoi saperne di piu’ consigliamo la discussione del paper “The Impact of the Mariel Boatlift on the Miami Labor Market” che trovi a questo link http://www.infra.kth.se/~pthulin/summaries.htm
(sappiamo che diffidi della letteratura economica, ma la nostra idea e’ che servono evidenza emipirica seria e teorie coerenti corroborate da test statistici, per dare delle risposte a queste questioni;su questo vedi di piu’ al punto 3)
2.b e’ interessante anche la questione che poni sugli imprenditori; per una prima “indagine” del tema,
se vai sul sito di World Value Survey puoi visualizzare le risposte a domande legate all’immigrazione e vedere come certi sottocampioni rispondono (puoi controllare per occupational status, sex, age, income, etc)
3 Secondo noi, anche se la macroeconomia ha perso credibilita’ di fronte ai cittadini negli gli ultimi 2 anni, la teoria economica e’ utile per spiegare molte questioni: in questo articolo abbiamo voluto
dare un esempio di come un’analisi piu’ sistematica,formale, basata sui dati, possa portare a risposte molto diverse ad un problema economico rispetto a quelle suggerite dal senso comune, e verosimilmente piu’ solide perche’ non viziate da umori, ideologie e sensazioni.
c’e’ una bella discussione al proposito sull’Economist di 2 settimane fa..(non solo the leader ma anche l’articolo all’interno..)
hasta!
p&M
consigliamo di dare uno sguardo al recente studio di Bankit
l’idea e’ che appunto l’immigrazione non toglie lavoro ma anzi crea complemenetarita’ (es. per le donne)
qui c’e’ una sintesi
http://www.corriere.it/economia/09_agosto_18/lavoro_immigrati_togliere_9e9c20fa-8be8-11de-a273-00144f02aabc.shtml
sul Corriere di oggi “I 30 mila posti di lavoro che nessuno vuole”
http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_20/sergio_rizzo_i_30_mila_posti_di_lavoro_che_nessuno_vuole_c6f1ddfe-8d48-11de-ac5b-00144f02aabc.shtml
….”le conclusioni dell’indagine sembrano stridere apertamente con i timori di quanti sono convinti che gli immigrati tolgano il lavoro agli italiani”………
vengo da un paesino della romagna che dagli anni 90 ha iniziato a riempirsi di extracomunitari.
Da ragazzino giravo in bicicletta, non avevo il catenaccio perchè tanto nel mio paesino nessuno rubava. Ora se lasci la bicicletta davanti a casa per più di 10 minuti te la fottono.
A me hanno rubato 2 bici.
Io che sono intelligente, moderato, istruito e ho un pensiero critico, posso vedere al di là di questo. Il mio compagno delle elementari che ora fa il carpentiere, magari no.
La criminalità deriva dalla povertà e certamente gli extracomunitari che arrivano con il gommone in italia, non vengono per farsi uno spriz a milano marittima.
Non è un problema di colore della pelle o provenienza dal Magreb, è questione di cash che manca. Scampia ne è un esempio, non mi sembra che a Napoli il problema sia legato ai tunisini.
In breve, il grande numero di poveri che arrivano nel nostro paese aumenta l’insicurezza, la gente si incazza, e vota lega.
fine.
Voglio dire, il tornitore che lavora nella fabbrica nel nord-est vota la lega non perchè ha paura che gli algerini gli rubano il lavoro, vota lega perchè un algerino gli fottuto l’autoradio la sera prima.
Non esiste memoria storica, nessuno, eccetto noi laureati middleclass figli di papà, fa un parallelo tra gli immigrati italiani in america dei primi del ‘900 (poveri, quindi criminali).
Quindi che fare?
Sperare che e fare in modo che l’economia riesca ad assorbire/gestirsi tutto questo flusso migratorio, in modo di ridurre al minor numero possibile gli extracomunitari che non hanno cash. Se si riesce a fare, il fenomeno viene digerito e vivremo felici e contenti in un italia multietnica, se non ci riusciamo, finiremo nella merda, circondati da extracomunitari poveri e incazzati.
Il punto è uno: se hai fame lanci i sassi, se hai la pancia piena te ne stai più sereno.
Pancia piena per tutti!
giusto ma parziale.
La Lega prende molti piu voti nel collegio di MIlano 1, gente con la pancia piena e che di immigrati ne vede ben pochi, che in alcuni collegi della Toscana o dell’Emilia con reddito pro capite piu basso e molti più immigrati (pensa ai distretti industriali tipo Prato invasa dai cinesi).
Non è solo una questione di pancia piena, è anche una questione di cultura politica e di razzismo bello e buono (che sarebbe semplicistico far dipendere diettamente dal redito familiare) di abilità dei alcuni amministratori locali leghisti (non certo a Milano ma passim), di istitintiva fiducia che i candidati della lega ispirano alla massaia padana, di abilità dela Lega a funzionare come partito etc etc
La sicurezza certo, il posto di lavoro certo, ma soprattuto la buona vecchia paura del diverso e dello straniero.
Giusto ma parziale anche a nostro avviso.
L’equivalenza “piu’ immigrazione = piu’ criminalita’” non trova pienamente riscontro nell’esperienza storica di societa’ multietniche. Non abbiamo dati a portata di mano sul contributo degli stranieri ai crimini commessi in Italia (dovrebbero comunque essere disponibili presso i database del Ministero dell’Interno), ma negli Stati Uniti nel 2000 il 3.4 % dei native-born American e’ stato confinato in istituti (la maggioranza in prigione, il resto in opsedali psichiatrici, centri per il recupero dei tossicodipendenti e istituti di cura in generale).La percentuale di persone in istituti tra gli immigrati e’ solo dello 0.7%.
Il gap e’ ancora piu’ grande tra le persone con un livello di istruzione inferiore alla scuola superiore (11% vs 1%). Ci sono diverse spiegazioni a questo fenomeno. Una particolarmente interessante e’ che gli immigrati sono un gruppo di individui auto-selezionatisi, disponibili a pagare i costi di entrare in un nuovo Paese e di adattarsi, con l’aspettativa di benefici che spesso appartengono al futuro. La delinquenza, al contrario, porta benefici immediati, con costi attesi che potrebbero realizzarsi solo in un secondo momento, e quindi non e’ attraente dal punto di vista dell’immigrato. In ogni caso, la “lezione”che viene da questi dati e’ che ci sono realta’ dove gli immigrati delinquono meno dei nativi, anche quelli probabilmente piu’ poveri (ovvero i meno istruiti).
Un problema per l’Italia potrebbe essere, come abbiamo gia’ osservato, la percezione di un Paese dove la “rule of law” non e’ efficace; la “popolarita’” delle Mafie italiane all’estero e’ una delle ragioni di questa percezione, ma ce ne sono altre.
Del resto, il fenomeno dell’immigrazione e’ molto complesso e il nostro articolo di 2 pagine non lo affronta in maniera esaustiva.
Abbiamo tralasciato studi e fatti che portano a pensare che l’immigrazione puo’ avere conseguenze positive per l’economia italiana (ad. es. sembra che in certi mestieri non ci sia il ricambio generazionale; probabilmente non e’ solo una questione di salari, altrimenti l’eta’ non giocherebbe un ruolo cosi’ importante, ma piuttosto di preferenze mutate verso certi tipi di lavoro; o ancora sarebbe importante notare che l’immigrazione aumenta l’offerta di lavoro, ma anche la domanda di servizi tipo scuole, ospedali etc, e quindi puo’ generare effetti positivi sull’occupazione)
E abbiamo tralasciato anche argomenti che sostengono tesi opposte alla nostra (molto utili a questo riguardo i vari lavori di George Borjas). La ragione per cui abbiamo deciso di tralasciare questi ultimi e’ che volevamo portare elementi diversi nel dibattito pro o contro immigrazione, che non fossero quelli messi sul tavolo da “Fox News” (..) Perche’ il vero problema e’ che il dibattito dovrebbe essere molto aperto, c’e bisogno di analisi attente, di raccogliere dati e fare ricerche, e invece una parte della societa’ sembra abbia gia’ chiuso ogni possibilita’ di discussione, arroccandosi su posizioni contrarie all’integrazione e alla multietnicita’.
la mia era solo una reazione a caldo al vostro articolo confrontata con quello che vedo tutti i giorni.
se poi le statistiche mi danno torto amen, io non le conosco, lavoro, non studio più.
la mia unica fonte in merito era questa
http://www.7yearwinter.com/2007/05/moriremo-tutti-20832891/
saluti e compllimenti per l’impegno
cheers
grazie per aver contribuito al dibattito.
le statistiche non ti danno necessariamente torto (come abbiamo gia\’ detto, quelle sulla percentuale di stranieri che delinquono in Italia noi non le conosciamo -grazie per il post), volevamo solo sottolineare che un numero, un\’esperienza personale o un singolo studio non possono avere l\’ultima parola in un dibattito cosi\’ importante per il futuro del nostro Paese, perche\’ una stessa informazione puo\’ essere letta in modi diversi, ed e\’ fondamentale dare spazio a tutte le chiavi di lettura della realta\’ dei fatti.
grazie ancora, alla prossima!