AttualitàOpinioniSegnalazioniDossierNausicaa LabAssociazione CulturaleEventi

Lo scopo di uno scandalo

7 ottobre 2009
Pubblicato in Attualità
di Marco dall'Olio

I did notIl dibattito sull’attività sessuale del Premier è un dibattito poco fruttuoso, che con molta probabilità bene non fa al già ridicolo livello del discorso pubblico italiano. Il dibattito sul dibattito poi è al meglio irritante, come gran parte dei dibattiti al quadrato che colmano il barile delle discussioni mediatiche. Chi critica l’invasione della vita privata, chi risponde che è utile conoscere la moralità di un uomo pubblico, chi ribatte che sulla sua moralità l’uomo pubblico in questione ci già ha fornito materiale sufficiente, e lo scandalo sessuale non è affatto necessario, anzi, diverte l’attenzione dai veri misfatti. Chi parla di strumentalizzazioni, chi strumentalizza, chi si vergogna in patria e chi si vergogna all’estero. Chi invece, come chi scrive, non si schiera, ma è solo visceralmente attratto dal gossip (che come gossip, diciamocelo, è fantasticamente succoso).

Non voglio offendere la vostra intelligenza continuando a snocciolare i vari argomenti già sentiti, ma vorrei semplicemente proporre una piccola riflessione su uno di questi argomenti. Serve da spunto un recente scandaluccio sessuale americano di medio profilo. L’estate scorsa il senatore repubblicano del Nevada, John Ensign, si è aggiunto alla lunga lista di americani illustri le cui attività tra le lenzuola sono divenute, da un giorno all’altro, di dominio pubblico. Il copione è poco originale: affair con sua dipendente, scoperto dal marito, il quale decide che è arrivata l’occasione giusta per ottenere il lavoro dei suoi sogni, un posto da lobbysta a Washington, e ricatta il senatore. Il primo ottobre viene scoperto. Senza lo scandalo pubblico, nessuno sarebbe riuscito ad unire i puntini e a capire come il tradito sia arrivato dove sta. Ma soprattutto, senza la pubblicazione, il senatore sarebbe rimasto al suo posto e ricattabile, per chi sa quanto ancora. Invece intrepidi giornalisti lo smascherano, la giustizia e la pubblica morale trionfano, ed Ensign, da astro nascente del GOP, ora ha la poltrona a rischio.

Questa è una dimostrazione pratica del cosiddetto “argomento del ricatto”, ben rappresentato dalla sesta domanda delle celebri dieci nuove domande di Repubblica. Un uomo con un segreto è un uomo ricattabile. E se l’uomo è pubblico, allora è il pubblico a trovarsi sotto ricatto. Dunque, non ci devono essere segreti nella vita privata di un uomo pubblico. Ragionamento ineccepibile.

O meglio, ragionamento ineccepibile, se non vivessimo in Italia.

In Italia, essere ricattabili non solo fa parte del gioco politico, ne è parte integrante. Se non sei ricattabile, non sei affidabile, non puoi assicurare la restituzione dei favori, e quindi non sarai appoggiato, finendo sorpassato da chi invece si dimostra meno “schizzinoso”. Niente ricatti, niente carriera politica. Come dice l’Andreotti de “Il Divo”, l’unico suo vero potere risiede nei segreti degli altri. Possiamo quindi presumere che chiunque sia entrato nell’arena politica italiana, sia come minimo un ricattato e ricattatore navigato. E cosa volete che siano D’Addario e Noemi per uno che di scheletri nell’armadio, ne deve avere centinaia, se non migliaia?

Quindi, cara Repubblica, la tua domanda numero sei, purché legittima, manca di pragmatismo. In generale le dieci domande, così come l’intervista alla D’Addario da Santoro, così come il resto del sensazionalismo mediatico sulle attività sessuali del premier, danno l’impressione di essere alquanto irrilevanti. Lo scandalo non sposta né opinione né voti. Non dimentichiamoci che la fascia demografica scandalizzabile, quella che potrebbe effettivamente cambiare idea su Berlusconi grazie agli scandali, guarda solo rete quattro e come minimo considera gli scandali propaganda sovietica. Per quanto riguarda il resto del Paese, gli under-60, quelli che s’indignano rimangono gli anti-berlusconiani che probabilmente già erano, quelli che non s’indignano non si muovono né dall’una né dall’altra parte. Se va bene non vogliono passare per bigotti, se va male vanno a unirsi al gruppo di facebook “Vai Silvio Scopatele Tutte”.

Non fraintendetemi, con questo ragionamento non mi voglio unire alla fazione anti-scandalo. Io me ne sto saldo nell’amore per il gossip da sciampista, e nella oramai abitudinaria vergogna dell’italianità all’estero.

Senza contare che senza questo scandalo ci saremmo persi perle di satira come questa puntata del daily show o questa di mock the week e molte altre.

Un effetto sostanziale tuttavia lo scandalo l’ha avuto, oltre alle odiose e sterili polemiche alla Vespa.  Un fatto passato un po’ in sordina, che non gode di grande popolarità nei dibattiti, ma che a mio avviso è l’unico che può dare veramente speranza a chi sogna un’Italia libera da Berlusconi. Per la prima volta dal 1994, s’è rotto l’idillio tra il Vaticano e Palazzo Chigi. E il Vaticano ha un potere considerevole sui fruitori di rete 4, così come su buona parte dell’elettorato del PDL.

Io comunque, la mia riserva d’indignazione la tengo in serbo per altre cose, soprattutto per ció che riguarda il premier, e mi godo il gossip senza sensi di colpa.



One Response to “Lo scopo di uno scandalo”

  1. accio scrive:

    approvo tutto.

    Anche se, come tu ben sai, io sono fermamente convinto che l’elettorato del PDL non sia costituito salamente da 60 che guardano rete 4…

    e se c’è così tanta gente che vota berlusconi, escludendo che siano tutti decerebrati 60enni imballati di rete4, perchè lo votano? chi sono?

    vabbè,

    bella

LASCIA UN TUO COMMENTO


Messaggio