Il crollo della Babele
Pubblicato in Opinioni
di Roberto Priolo e Riccardo De Santis
L’Italia, nonostante qualche progresso, è rimasta agli anni Sessanta per quanto riguarda il riconoscimento della realtà omosessuale. Questa è una verità di cui tutti sono al corrente: lo sono gli stessi membri della società lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender), che lamentano le differenze tra il nostro paese e l’estero, ma lo sono anche tutti quegli Italiani “normali” che si ostinano a negare l’esistenza della questione dei diritti di chi è “diverso”.
L’ennesima notizia di un fallimento in questo senso è arrivata questa settimana, con l’annuncio, in realtà già temuto da molti, che la libreria Babele di Milano avesse chiuso i battenti dopo 21 anni di attività.
Quando aprì nel 1987 e per i vent’anni successivi, la Babele rappresentò l’unica libreria di genere interamente dedicata alla cultura e alla letteratura gay a Milano. Fino all’apertura nel 1993 della succursale romana (poi divenuta indipendente sul piano societario), restò di fatto l’unica in Italia.
L’idea di aprire una libreria gay in Italia balenò nella mente di Felix Cossolo, il quale, comproprietario della rivista Babilonia, si era ispirato al modello parigino de “Les mots à la bouche”, dove nei mesi successivi si recò spesso alla ricerca di libri da vendere a Milano (la grande difficoltà iniziale della Babele).
La clientela non mancava, grazie anche alla posizione strategica del locale, in via Sammartini, proprio a ridosso della stazione Centrale e dell’allora nascosta gay street. Da uno spazio angusto all’altro, l’attività crebbe. Dopo qualche anno, Cossolo lasciò la Babele per dedicarsi al ben più lucroso mondo dei locali, e Gianni Delle Foglie fece il suo ingresso nella gestione della libreria.
Da buon commerciante, Delle Foglie si occupava dell’aspetto amministrativo e economico dell’esercizio, lasciando Francesco Ingargiola a ricercare libri e nuove pubblicazione, nella continua attività di aggiornamento del catalogo.
Nel 1993, come già accennato, aprì la succursale romana della Babele, proprio ad opera di Ingargiola, che i primi tempi si trovò a dover fronteggiare la realtà della capitale, più diffidente e chiusa di quella milanese.
Nel mentre, il futuro della Babele di Milano sembrava via via più roseo: oltre ad un flusso stabile di clienti, la libreria continuò a gestire gli ordini anche per la filiale di Roma e potè inoltre godere di una reputazione molto positiva, dovuta al suo essere indipendente tanto dalla politicità dei gruppi per i diritti lgbt quanto dal denaro, attorno al quale ruotava l’esistenza stessa dei locali e delle discoteche.
Nel 1998 Ingargiola morì di AIDS, e le due librerie persero la persona che più era abile nella ricerca delle nuove uscite e nella gestione del catalogo. Al suo posto arrivò Giuseppe Lo Presti, conosciuto dalla clientela milanese in quanto commesso della libreria per molti anni.
Grazie ad un meccanismo ben rodato, la libreria è sempre sopravvissuta alle iniziative concorrenziali che le varie catene (come Feltrinelli, Mondadori e Fnac) hanno mano a mano attivato.
Nel 2000 la Babele abbandonò Gay Street per trasferirsi in via San Nicolao, dietro Cadorna, in un locale grandissimo e molto oneroso per quanto riguardava l’affitto e le spese. Tuttavia i costi erano condivisi con altre due realtà commerciali, un negozio di abbigliamento leather e una agenzia di viaggi. Inoltre, il piano interrato del locale offriva un ampio spazio per mostre ed installazioni.
L’ottimismo era tra l’altro stimolato anche dal progetto di creare una sorta di “palazzina gay” nello stabile di via San Nicolao, nel quale già si trovava lo studio grafico Echo Communication, che si occupava anche della pubblicazione di libri gay e che, con l’aiuto della Babele, portò nell’edificio anche la rivista “Pride”.
I problemi iniziarono con il deteriorarsi dei rapporti tra Delle Foglie e Lo Presti, il quale ben presto uscì di scena lasciando la Babele senza una figura esperta nell’analisi del mercato delle nuove offerte librarie. La reazione di Delle Foglie fu quella di non lasciare più a nessuno la responsabilità di scegliere i libri e gestire gli ordini, nonostante egli stesso non avesse particolari capacità in questo ambito.
Dal momento che la libreria offriva sempre meno nuove uscite, il flusso di clientela diminuì. La situazione economica della Babele fu inoltre aggravata dall’impossibilità di dividire le spese con l’agenzia di viaggi e il negozio di abbigliamento, che fallirono nel giro di poco tempo, e da una crisi economica sempre più incalzante. Come se non bastasse, la “cartolarizzazione” attuata da Tremonti nel 2006 fece schizzare alle stelle l’affitto, quando Delle Foglie decise di mantenere la sede in via San Nicolao, invece di trasferirla altrove, come fecero “Pride” ed Echo Communication.
Solo per coprire i 4.000 euro mensili di affitto, la libreria avrebbe dovuto fatturare 14.000 euro con la vendita dei libri (oltre un migliaio di titoli al mese!). Considerando tutte le altre spese, non stupisce che oggi essa non esista più. Oltre a ciò, Delle Foglie non ammise mai l’esistenza della crisi e non seppe pubblicizzare, specialmente tramite internet, la propria attività.
Nel giro di pochi mesi, a Delle Foglie (spesso era egli stesso a coprire i buchi nel bilancio di tasca sua) non restò che cedere l’attività, che venne rilevata da Rolando Canzano, già commesso negli anni precedenti.
Sarebbe potuto essere un nuovo inizio per la Babele di Milano, ma la prematura morte di Gianni Delle Foglie, stroncato da un infarto nel giugno del 2007, cancellò ogni speranza sul futuro della libreria.
La crisi non si risolse nemmeno con la gestione di Canzano, che pare fosse entrato in trattative con Arcigay per una nuova cessione. L’accordo sembrava fatto, eppure l’Arcigay tardava a firmare il contratto. Fatto sta che la Babele è ancora chiusa, che sia per lo sfratto avvenuto improvvisamente secondo la versione ufficiale oppure per l’accettazione da parte di Canzano della buona uscita, offerta dal proprietario dello stabile già anni prima.
Sicuramente la libreria non riaprirà in via San Nicolao, ma tutta questa vicenda dovrebbe farci riflettere sulla necessità che riapra. Probabilmente la chiusura della Babele è solo la punta dell’iceberg, in un settore in crisi nera come quello dei libri. In tempi di congiuntura economica negativa si legge di meno, e a maggior ragione una libreria di piccolo taglio avrà maggiori difficoltà a restare a galla.
Nel nostro paese l’individualismo è una realtà estremamente diffusa. Lo è anche nel mondo omosessuale. Non esiste, in particolare, un senso di comunità e un desiderio di aiuto reciproco. Quello lgbt sembra un mondo frammentato, nel quale i locali continuano ad attirare clientela (scannandosi l’un l’altro per accaparrarsela), l’Arcigay non ha un ruolo di coordinamento e supervisione, e la cultura sembra quasi interamente trascurata.
Ma per combattere lo stereotipo, dilagante in Italia, del gay fashion-victim, assetato di sesso e superficiale, della lesbica “camionista”, del transessuale visto come scherzo della natura (e, purtroppo, via dicendo), è necessario che si capisca che la cultura può essere e di fatto è una parte integrante della quotidianità di molti membri della comunità.
Nelle grandi capitali mondiali è evidente che la realtà omosessuale sia più accettata perché meglio compresa. E’ la stessa comunità ad aver reso più facile questo processo, costituendo intere aree cittadine, i cosiddetti “quartieri gay” (Soho a Londra, Castro a San Francisco, o Marais a Parigi), ad uso dei suoi membri, ma anche di chiunque sia curioso di conoscere un mondo (altro) vivace e ricco, con i suoi pregi e i suoi difetti, che lo rendono allo stesso tempo unico e normale.
Nella nostra Milano siamo certamente lontani anni luce da queste zone, con una via Sammartini che più che ricordare il Village newyorkese fa pensare al Bronx (misto ad una biblica Gomorra), e una Porta Venezia che offre sì un buon numero di locali di qualità, ma che si limita a questo, senza esplorare altri aspetti di un mondo che non dovrebbe essere visto (né essere) solo come aperitivi, discoteche e trasgressione.
Una cosa è certa… la libreria Babele ci mancherà!
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Lorenzo mi ha detto che c’è qualche problema con il sito, e che non riescono a far apparire entrambi i nostri profili in fondo all’articolo (Andrea è in Olanda, e potrà risolvere il problema solo la settimana prossima). Anche nell’intestazione c’è solo il mio nome. Ma vorrei che tutti quelli che leggono l’articolo sappiano che l’abbiamo scritto insieme io e Riccardo, a cui vanno tra l’altro i miei ringraziamenti.
Caro Roberto, non ti preoccupare.ne approfitto per ringraziarti tanto della bellissima esperienza lavorativa in tandem. da ripetere!
La Babele…che ricordi, che belle esposizioni, mostre, che libri sofisticati e introvabili!
Mi dispiace di leggere la vostra notizia. Mi dispiace davvero.
Via San Nicolao era un luogo di incontro, di scambio, di interesse. Peccato.
Si perde ancora una volta l’occasione di dimostrare della compassione, del sostegno, della coesione.
ciao Misha,
sono perfettamente d’accordo con te! Ricordo quando, ormai cinque anni fa, poco dopo il mio outing, sono entrato alla Babele con una mia cara amica. Ricordo le emozioni che ho provato, e le mille volte che ci sono tornato, per comprari bei libri, vedere belle mostre o solo per fare un giro!
Mi è davvero dispiaciuto apprendere della chiusura di questa storica libreria. E concordo con te anche per quanto riguarda l’opportunità persa.
Grazie per il tuo commento
Roberto