Ora basta.
Di Roberto Giannella • 2 giu 2009 • Categoria:Politica • 19 CommentiFarò come Beppe Severgnini: non andrò a votare alle prossime elezioni europee.
So che molti saranno in disaccordo e criticheranno questa posizione, ma penso che valga la pena di spiegare perché. Non suggerisco a nessuno di imitare la mia scelta. Invito solo a riflettere, perché è questa la conclusione a cui sono giunto. Sono probabilmente rassegnato, sicuramente basito ed inevitabilmente nauseato da questo status quo. Non parteciperò alla prossima consultazione elettorale, non solo perché nei candidati in lista – e mi riferisco in primo luogo alla mia città, Bologna – non ho alcuna fiducia. Mi chiedo se abbia senso votare quando in lista c’è il vincitore di “Ballando Sotto le Stelle”, che peraltro chiese un risarcimento milionario all’Italia per le sofferenze a lui inferte – salvo poi ritirare la richiesta vergognosa e scusarsi. Mi chiedo come si possa andare alle urne e pensare anche solo per un momento di votare per un avellinese di anni 81 che ha passato la sua vita a militare nella DC e che per i giovani e per il loro futuro non ritengo abbia il benché minimo interesse. C’è un sindaco, che voleva lasciare la politica per la sua compagna ed il loro bebè. Nobile scopo. Ebbene, prima ha assicurato di non volersi candidare alla poltrona di primo cittadino della città che lo ha pazientemente sopportato per anni e poi ha cambiato idea ed ha accettato la candidatura di capolista per l’Italia nord occidentale del principale partito d’opposizione.
I giudizi morali su uno “strano” onorevole che mangia mortadella in Senato per festeggiare la caduta del governo Prodi, puntualmente ricandidato a Strasburgo, li lascio a voi. C’è una lunga lista di parlamentari e presidenti di regione in carica, che sono candidati alle elezioni europee. Queste candidature sono un inganno agli elettori, a prescindere da ogni giudizio in ordine alle qualità dei candidati. Se costoro verranno eletti, non potranno svolgere l’attività di europarlamentare, essendo quest’ultima incompatibile con le cariche nazionali contemporaneamente ricoperte. Il presidente del Consiglio ha pensato bene di trasformare le elezioni europee in una sorta di referendum sulla sua persona e sul suo governo. Cosa che nulla ha a che vedere con l’Europa. Mi chiedo perché votare stando così le cose. Mi rispondo che per rispetto alla mia coscienza è giusto non farlo. E’ doveroso non abbassarsi a questo livello, perché così le cose non cambiano. Così peggiorano. La Politica dovrebbe essere al servizio dei cittadini. Implica certamente dei costi – che vanno finanziati e regolati anche con denaro pubblico – e garantisce indubbiamente notevoli privilegi. Ebbene, io voto se c’è qualcuno che mi rappresenta: se chi è in lista, non condivide le mie idee, non ha proposte radicali per trovare una soluzione – anche a livello europeo – alle varie problematiche che ci riguardano, non si occupa di rappresentarmi, bensì preferisce occuparsi degli affari suoi, bè io non voto. Votare per questa classe dirigente che non sa nemmeno di che cosa si discuta a Strasburgo significa fare un torto a sé stessi. Durante la campagna elettorale si è parlato di tutto, tranne che di temi europei: valanghe di articoli e servizi scandalistici sul premier, sulle sue frequentazioni, sulle promesse elettorali passate, sul bilancio del governo e di tanto altro ancora. Non una parola sull’Europa. Giusto qualche battuta sulla Turchia, che in Europa non è, per dichiarare la propria aprioristica contrarietà o il proprio incondizionato assenso al suo ingresso nel club – tema peraltro non all’ordine del giorno. Mi chiedo con quale coraggio un giovane possa affrontare il suo futuro in questo Paese. Mi chiedo realisticamente quante possibilità ci siano di virare la rotta, perché di questo passo la destinazione sarà il tramonto e la decadenza. Il professor Pasquino non si stancava mai di ripetere che nella società servono i partiti, perché sono essenziali per il tessuto sociale, perché rappresentano i cittadini e le loro istanze nelle istituzioni e perché senza partiti la democrazia non è concretamente realizzabile. Verissimo. A chi si riferiva?
Roberto Giannella è nato sui Colli Euganei ormai un quarto di secolo fa. Di origine Cilentana, ma naturalizzato Bolognese dal 1993, ha naturalmente passaporto italiano, ma si sente a casa a Londra – città che ama profondamente, nella quale ha vissuto e studiato in momenti diversi della sua carriera universitaria. Roberto, che parla quattro lingue, è felice di collaborare al progetto del Tamarindo, scrivendo articoli o commenti principalmente sui temi a lui più cari: la politica, la diplomazia, i viaggi e la religione.
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Ciao Roberto,
ammetto, pensavo anch’io di seguire l’onda dei non-votanti Per gli stessi motivi da te enunciati. Finché, fortuna mia, il mese scorso ho ricevuto una lettera dal governo svedese, che mi comunicava che, in quanto residente a Stoccolma, ho la possibilità di rinunciare al voto in Italia e di votare alle elezioni europee per la Svezia.
Non credo di averci messo più di un paio di minuti a decidere. Sarà perché qui sono giovani (molti), di sicuro sotto la soglia dei 70 (praticamente tutti), persino sotto i 30 (svariati, e non sono veline). Sarà perché, seguendo i dibattiti, non sprecano (troppo) tempo a buttare fango verso gli ‘avversari’, ma si concentrano a convincere cosa intendono fare per cambiare le cose (o mantenerle, quando non devono essere cambiate). Per carità, non sono perfetti. Ma un paese dove persino il partito dei Pirati (contro i brevetti e pro-file sharing) otterrà forse un posto nel parlamento europeo, merita attenzione. A colazione leggo volentieri gli articoli di politica interna assieme a una tazza di caffé. Io! Io, che quando aprivo il Corriere salt(av)o direttamente le prime pagine, trite e ritrite di polemiche politiche noiose ed inutili, e mio padre mi definiva un anarchico, per via del mio più completo disinteresse per quanto riguarda la politica.
Forse ero anarchico per colpa della politica italiana? Qui mi sento rappresentato. Mi sento più parte, politicamente parlando, di questo paese adottivo che della beneamata (?) Italia.
Il 7 di giugno voterò per i rappresentanti svedesi, e ne sono contento. Anzi, non il 7 di giugno, ma domani. Sí, perché si può votare già da un paio di settimane. In cabine nelle piazze, nelle biblioteche e in altri posti pubblici. Tutto perfettamente descritto per filo e per segno dalla lettera ricevuta dopo aver accettato di votare qui, in cui, assieme alla mia tessera elettorale, mi spiegavano tutta la procedura e i vari posti vicino a casa mia dove poter recarmi per votare.
Posso dirlo? Sono contento di andare a votare.
/Andrea
p.s. non so se é possibile anche per queste elezioni, ma alle elezioni per il parlamento svedese si può persino cambiare idea dopo aver votato. Se uno vota di sabato e poi cambia idea, può tornare la domenica ai seggi e cambiare il proprio voto.
Fosse anche solo per i servizi offerti, qualcuno merita di essere votato qui.
Un saluto italo-svedese in questa torrida estate con 6°.
Caro Andrea, ti ringrazio per il tuo commento. Sono stato alcuni giorni a Stoccolma un paio di settimane fa. Mi è bastato poco per rendermi conto dello spiccato senso civico degli svedesi e del loro pragmatismo elettorale: mi sono soffermato in particolare ad osservare i cartelli elettorali, che qualcuno mi ha tradotto in inglese. In Svezia ho apprezzato la minor quantità di demagogia e la maggiore concretezza, già nella propaganda elettorale. Non mi stupisco che tu sia contento di votare lì. Io però ho ancora solo un passaporto italiano. E temo l’avrò ancora per un po’.
Ciao Roberto,
commento post-elezioni. I seggi svedesi erano vuoti: forse chi voleva votare ha votato prima col sistema che ho descritto l’altro giorno ma l’affluenza é stata solo del 43%. Mi ‘rincuora’ vedere che cosí é stato in tutta Europa, fatta eccezione giusto per l’Italia (sarà giusto perché c’erano le Amministrative contemporaneamente? Qualcosa mi dice di sí)…
A quanto pare molti hanno scelto la “linea-Severgnini”… scusa se lo dico, ma che delusione…
E’ vero, bassa affluenza alle urne anche in Svezia.. era prevedibile tutto sommato. Leggevo sul sito della BBC un articolo sul trend del turnout alle ultime elezioni europee: è davvero basso.. mi chiedo se questo c’entri con il fatto che l’Europa è comunque percepita come qualcosa di molto distante e vago dall’elettorato. Le amministrative in Italia hanno senza dubbio contribuito a contenere l’astensionismo. Penso che comunque molti italiani non siano andati a votare perchè non gliene importa molto delle Europee. Temo che molti l’abbiano fatto per ignavia. A Firenze molti identificano Renzi come il nostro “Obamino”: è giovane, è in gamba, è simpatico e molto preparato (anche se non è abbronzato..). Si è candidato alla poltrona di sindaco di Firenze con il PD. Mi ha fatto sorridere una dichiarazione di Franceschini, che ha detto che “nemmeno Obama ce l’avrebbe fatta in questa situazione” - riferendosi al contesto italiano. Probabilmente all’Italia non manca solo un Obama, mancano anche gli americani che in lui hanno creduto.
il giorno dopo le ultime politiche ho telefonato ad un mio amico il cui padre era candidato come 21° in una lista del PD. A casa, rispose direttamente il padre e allora ebbi modo di scambiare due chaicchiere con lui:
W: “Buongiorno Signor X, come è andata?”
X: ” Eh… male… una disfatta, ma alla fine ce lo aspettavamo”
W: “Mi dispiace… Io ancora non capisco come la gente faccia a votare per S.B.”
X: “Tu lo hai votato?”
W. “No, io mi sono astenuto”
X: “Ah, allora mi dispiace per te, ma chi non vota non si può lamentare. E’ come se chiedessi alla tua ragazza di scegliere il ristorante in cui andare a cena: se lasci a lei la scelta, poi non ti puoi arrabbiare quando ti arriva conto.”
……
ah quanto mi piace la saggezza popolare…
l`alternativa non é credibile, il voto sarebbe stato controproducente. Io poi nel mio articolo non mi sono lamentato, bensí ho solo descritto lo status quo.
nessuno ha detto il contrario… però fino alle politiche non ti potrai lamentare, nè sul giornale, nè con gli amici, nè neanche parlando da solo con te stesso.
punto 2: “L’alternativa”
L’alternativa non è una, ma più di una.. se non te ne piace nessuna hai sempre un’altra alternativa: creare qualcosa di nuovo tu. La verità è che è molto più facile parlare di agire e che tu fai parte di un’immensa mandria di ragazzi che con la scusa di “non sentirsi rappresentati”, vive la sua vita sul divano e al computer, spesso coi soldi di papà, e che quando c’è da impegnarsi in prima persona si caga in mano.
Poi ripeto: LE alternative ci sono, è che è più facile stare a casa a giocare alla playstation e poi discutere al bar sport piuttosto che prendersi un impegno morale. Meglio votare scheda bianca, che astenersi.
Io non mi lamento, ripeto descrivo lo status quo. Ho detto che ho scelto l´astensionismo consapevole perché le alternative in campo non godevano di credibilitá. E lo ripeto. Beppe Severgnini l´ha spiegato molto piú autorevolmente di me sul Corriere. Oltre il 30% degli italiani hanno condiviso questa scelta. Dopodiché chi fa slogan idealisti dimostra di avere una scarsa percezione della realtá. Di partiti in Italia ce ne sono fin troppi, quel che manca é il buonsenso a tanti italiani. Dei discorsi sul divano, sul computer, sui soldi di papá o sul bar sport non so davvero che farmene, perché sono ridicoli di per sé.
Ok, Severgnini ha detto quello, ma non mi sembra che Severgnini sia il nuovo Buddha o il nuovo Messia e che basti pronunciare il suo nome per covalidare le tue tesi. Severgnini è per il dialogo, te lo ricordo. E soprattutto sappi che dal ridicolo spesso si può imparare molto, a meno che non si abbiano le orecchie turate e non si voglia inserire dappertutto le parole “status quo”.
Comunque, partendo dal presupposto che chi non vota, vota per quello che vuole la maggioranza, ti inserisco qua una paio di risposte alle solite vecchie cazzate di cui parlano gli astensionisti per giustificare la loro facile scelta (e te lo dice uno che si astenuto in passato, quindi questo è valso e vale ancora anche per me):
TANTO IL MIO VOTO NON CONTA NULLA!. L’errore qui è sostanzialmente logico. Lo spiega bene MARCO TRAVAGLIO: se votassero tre persone, deciderebbero per 60 milioni di italiani quelle tre persone. L’errore è considerare il gioco democratico come “altro da sé”, come se nelle urne le schede altrui contassero più della nostra. Quella da molti sfruttata come “anti-politica” è in realtà un bisogno di partecipazione politica. Le elezioni sono il primo modo di incarnare questa partecipazione (lo diceva il buon GABER). Può sembrare vuota retorica, non lo è. Chiedetelo a chi è andato a votare in Sudafrica nel 1994, o in Italia al referendum del 1946.
TANTO I POLITICI E I PARTITI SONO TUTTI UGUALI. Sicuro di esserti informato abbastanza? Nessuna differenza sulla legalità, sul precariato, sulle politiche sociali? Nessuna differenza tra i candidati premier a livello personale? Leggiti le liste dei candidati, leggi i programmi, cerca le biografie dei candidati, informati da fonti di destra e di sinistra. Fatti il tuo giudizio. Se per decine di milioni di persone la differenza tra gli uni e gli altri c’è, ed è anche parecchia, non sono loro a non capire. Forse sei tu a non sapere, o a fidarti troppo di chi ti dice che, tanto, sono tutti uguali.
MA IO SONO DISILLUSO DALLA MIA PARTE POLITICA. Ci sta, la politica - tanto da un lato quanto dall’altro - non ha dato una buona prova di sé. Però questa volta sia il PD che il PDL rappresentano alternative più forti (per quanto ancora in formazione) che in precedenza, perché vanno da soli o in coalizioni più limitate. Al di fuori ci sono invece forze che hanno riguadagnato la loro identità, non dovendola diluire in misture improbabili. Sinistra radicale, centrosinistra, centro, destra, destra radicale. Senza contare un totale di quindici candidati premier, spesso rappresentanti delle più pittoresche istanze. Le alternative non mancano.
MA NESSUNO MI RISPECCHIA AL 100%. Cercare il partito adatto è come cercare la donna/l’uomo ideale: se si guardano le cose che dividono e non quelle che accomunano, si finisce per rimanere soli. A volte è normale votare “contro” un progetto, può capitare di dover turarsi (alla MONTANELLI) il naso e scegliere il male minore. I casi in cui per qualcuno Veltroni e Berlusconi “pari sono” sono davvero pochissimi. E ritorniamo al punto 2: informati, e vedrai che non sei veramente equidistante. Se poi si vuole che un partito o una parte politica ci rispecchi di più, l’unica cosa possibile è impegnarsi direttamente, magari fin dal livello locale. Chiaro: se noi non facciamo niente, non si può dire che nessuno fa niente per noi. Che è poi come dire, seguendo Barack Obama, che “noi siamo quelli che stavamo aspettando”.
MA SEIO MI ASTENGO LASCIO UN MESSAGGIO. Teoricamente forse sì, a te stesso. Ma non si vede perché mentre l’esprimere un diritto non dovrebbe contare nulla (vedi punto 1), non esprimerlo dovrebbe avere insito un qualche messaggio. Alla fine sarai un numero nella riga più in basso. Con l’aggravante che è la riga che non esprime nulla, perché quelli sopra avranno deciso per te.
PS: le risposte le ho prese da un sito, così non perdo tempo in inutili chiacchiere… anche perchè in cima al tuo articolo avevi scritto: “So che molti saranno in disaccordo e criticheranno questa posizione, ma penso che valga la pena di spiegare perché”… errore degli italiani: cercare di spiegare il “perchè”, senza considerare il “perchè no”.
Buon Bar Sport
Provo a rispiegarmi, perché forse non sono stato sufficientemente chiaro - o piú probabilmente qualcuno fa orecchie da mercante. Chi si disinteressa della politica, non ha titolo per lamentarsi perché lascia decidere agli altri. Chi invece rifiuta questa competizione, chi non si identifica con questa classe dirigente e con i suoi condidati in lista, prende una posizione netta e dice - io non posso votare, perché votando andrei contro le mie convinzioni e non perseguirei i miei interessi. L´ignavia é una cosa, la ragionevolezza un´altra.
Orecchie da mercante un corno. ti ha risposto meglio Erik in coda al suo pezzo e là mi sa che sei tu a fare orecchie da mercante.
Per il resto accetto il tuo parere, anche se non lo condivido per niente: per me quelle che hai scritto tu sono un mucchio di cazzate (come riassumere meglio un parere che ho già argomentato?).
Verissimo e condivido, ero anche io tentata per la prima volta di fare astensionismo di protesta, poi alla fine ho ceduto…..
capisco.. ed ora che hai ceduto, hai la percezione di aver fatto la cosa giusta?
pago le tasse da due anni e - come mi ero sempre ripromesso - da allora cerco di smettere di votare.
ma con risultati altalenanti. il dovere al voto è un concetto che non mi ha mai convinto, tuttavia ho sempre fatto mio l’obbligo
di partecipare alle elezioni, imprigionato in tutte quelle stesse ovvietà elencate da W. in maniera oltremodo esauriente. inoltre sentivo un debito verso la società (senso di colpa?) da estinguere. debito che tuttavia le imposte hanno ampiamente ripianato.
e, nonostante mi scappi di votare di tanto in tanto, esercito con fierezza il mio diritto all’astensione. e mi sento liberissimo di commentare l’esito elettorale forte della mia scheda non ritirata. per quale ipocrisia non si potrebbe fare? l’astensionismo è un partito che si può votare sempre, ogni tanto oppure mai. ma a tante banalità sul diritto/dovere rispondo a tono: non sarebbe un segnale se questo partito di disertori arrivasse al 70-75-80%? sempre meglio che votare «grillo» o «no euro».
Avete letto “Saggio sulla Lucidita” di Saramago? (e’ un romanzo, non un saggio, gli stessi protagonisti di Cecita’) Un giorno, durante una normale elezione amministrativa, quasi tutta la popolazione vota scheda bianca. E continuera a votarla alle elezioni successive, nonostante la repressione sempre piu dura del governo centrale. Bellissimo. Consiglio.
Ma che razza di articolo è? Scritto in prima persona e con opinioni personali? manco lo avesse scritto Beppe Severgnini…
Mah, se non ti piace l’articolo, caro Fabio, lascia il tuo commento e consentici di capire perchè. In genere, gli articoli su questo magazine online li scriviamo in prima persona e non in terza. Di solito poi, scriviamo le nostre opinioni personali e non quelle di persone che non conosciamo. Credo - a questo proposito - di poter usare la prima persona plurale a nome di tutti i collaboratori del Tamarindo. Tu, piuttosto, hai qualcosa da dire sul merito, o sei uno dei tanti che critica perchè non ha argomenti? Grazie.
… ho provato a dare delle giustificazioni argomentate piuttosto che ribadire ciò che W. ha perfettamente reso: “un mucchio di cazzate”!
Bene, grazie per l’utile precisazione. Sei libero di pensarla così, spero che il rappresentante che hai votato a Strasburgo (ammesso e non concesso tu sappia chi sia - ne dubito..) sia in grado di non deludere le tue personali aspettative, nel caso tu ne abbia.