L’Avaro delle Albe conquista il pubblico del Metastasio
Pubblicato in Segnalazioni
di Anna Gallo Selva
Ecco la parola che meglio racchiude le diverse sfaccettature che ruotano intorno all’intera produzione del Teatro delle Albe.
Che ancora una volta non manca di sorprenderci per l’inarrestabile forza creativa e l’energia vitale che riesce ad imprimere anche alle sue creazioni più “classiche”.
S’intuisce fin da subito che l’Arpagone portato in scena dalla superlativa Ermanna Montanari, nel 2010 vincitrice per la terza volta del Premio Ubu come miglior attrice, avrà una marcia in più.
Ben lo sanno le centinaia di teenager che prendono letteralmente d’assalto gli spalti del Fabbricone all’apertura della sala, rarità ormai introvabile negli spesso semivuoti teatri italiani.
Questa costola del Metastasio, cuore pulsante del teatro di ricerca, che grazie a felici scelte artistiche ed organizzative può contare su un nutrito seguito di giovanissimi fan, è la culla ideale per accogliere la dirompente forza dei lavori di Marco Martinelli, che infatti ci regala un’ora e mezzo di piacere estetico, poetica rigorosa, arguzia drammaturgica e travolgente dinamismo corale, dove l’accezione teoretica di un testo che si fa corpo assume la sua valenza più pregnante.
Celebre per la sua non-scuola, il Teatro delle Albe insegna che la strada dell’apprendimento, frequentemente veicolata dal solo dire, passa invece più validamente attraverso il fare, un fare condiviso.
L’Avaro parla di temi universali ed attuali come il rapporto intergenerazionale, il denaro, l’amore, il cinismo, la menzogna, che le Albe ci mostrano magistralmente nelle loro sfaccettature, fino a far sì che sia il cinismo più aberrante a parlarci dell’amore nel modo più puro: non vi è dichiarazione d’amore più sincera e toccante di quella che Arpagone fa al suo denaro perduto.
Finché, proprio sul finale, ecco l’entrata in scena a sorpresa dello stesso Martinelli-Don Anselmo: novello deus ex machina, scendendo le scale fra gli spettatori -che si ferma a salutare creando un effetto metateatrale spiazzante ed emozionante- arriva sul palcoscenico per ricomporre le sorti di ciascun protagonista, in un happy ending romantico e surreale che coinvolge tutti, realizzando quell’ideale continuum fra attori e pubblico che fa del teatro un’espressione di vita, trascendendo la mera logica rappresentativa.
L’Avaro di Molière
Traduzione: Cesare Garboli
Ideazione: Marco Martinelli e Ermanna Montanari
Regia: Marco Martinelli
In scena: Loredana Antonelli, Alessandro Argnani, Luigi Dadina, Laura Dondoli, Luca Fagioli, Roberto Magnani, Michela Marangoni, Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Alice Protto, Massimiliano Rassu, Laura Redaelli
Spazio: Edoardo Sanchi
Luci: Francesco Catacchio e Enrico Isola
Musiche originali: Davide Sacco
Costumi: Paola Giorni
Direzione tecnica: Enrico Isola
Assistente spazio: Gregorio Zurla
Assistenti ai costumi: Giada Masi e Maria Adele Porro
Realizzazione spazio: Fabio Ceroni, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Nicola Fagnani (Opera Ovunque), Gregorio Zurla
Realizzazione costumi: Laura Graziani Alta Moda, A.N.G.E.L.O
Manifesto dello spettacolo: Leila Marzocchi
Direzione organizzativa: Marcella Nonni
Organizzazione e promozione: Silvia Pagliano, Francesca Venturi
Produzione: Ravenna Teatro in collaborazione con AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali) e ERT (Emilia Romagna Teatro Fondazione)
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