Fermiamo Hamas per il bene di tutti e per il rispetto dei Diritti Umani
Pubblicato in Attualità, Fiori
di Margherita Sacerdoti
Il 19 Dicembre scorso è ufficialmente terminato Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, durato sei mesi, durante i quali Hamas non ha mai smesso del tutto di lanciare Qassam su Israele. In quello stesso giorno Khaled Mashal, capo del ramo di Hamas in Siria, ha dichiarato che il cessate il fuoco non sarebbe stato rinnovato aprendo definitivamente la crisi.
Questa volta i razzi non sono stati lanciati soltanto su Sderot e Ashkelon, i cui abitanti ormai vivono tale condizione come la normalità, ma per la prima volta sono arrivati anche su Ashdod, che dista soltanto 30 Km dall’aereoporto Ben Gurion a sud di Tel Aviv, e su Beer Sheva. Per Israele ovviamente questa situazione è assolutamente inaccettabile poiché significa che da Tel-Aviv in giù, i cittadini sono in pericolo di vita. Non c’è dunque da sorprendersi tanto se l’aviazione israeliana ha risposto al fuoco bombardando le postazioni da cui son stati lanciati i missili. Nonostante l’intervento aereo, Hamas non ha ancora smesso di lanciare i Qassam sulle città israeliane, dimostrando che con il solo bombardamento aereo, Israele non riuscirà a smantellare le strutture paramilitari di Hamas, né riuscirà a ridurre la capacità di combattere di Hamas a tal punto da essere inoffensiva.
Questa guerra è gia stata confrontata più volte con quella del Libano di due anni fa, a ricordare che Israele farebbe meglio a non commettere gli stessi errori dell’ultima volta. Nel 2006 infatti, l’obbiettivo della campagna militare era distruggere completamente l’organizzazione terroristica Hezbollah. Tale obbiettivo non è stato raggiunto perché è impossibile smantellare un’organizzione che non ha una struttura e delle postazioni chiaramente individuabili, bensì conta basi operative e adepti in tutto il Paese nonché una forza politica che si annida nelle stesse strutture del governo. Inoltre, dopo il ritiro, Israele ha lasciato tempo e spazio a Hezbollah di riarmarsi e ha certamente auitato la stessa organizzazione terroristica ad apparire come i buoni che sono stati attaccati e che dopo la fine della guerra sono anche stati in grado di aiutare la popolazione civile, al posto dello Stato, a rimettersi in piedi.
Per non ripetere tale inaccettabile errore, Israele questa volta si è posta innanzitutto un obbiettivo più realistico: ridurre al massimo la capacità di Hamas di combattere, e non smantellare l’organizzazione in sé. Per raggiungere tale obbiettivo, Tzahal deve distruggere le basi di lancio dei missili, spesso localizzate in appartamenti private o vicino alle scuole, secondo la tradizionale politica di Hamas di utilizzare i civili palestinesi come scudi umani per difendersi dagli Israeliani. Con la sola forza aerea è impossibile operare chirurgicamente e colpire tali postazioni, ed per questo motivo che l’esercito israeliano è da poco intervenuto via terra.
Se Israele smettesse di rispondere al fuoco oggi, Hamas emergerebbe come la parte vittoriosa della guerra, avrebbe il tempo e le strutture ancora intatte per riarmarsi, e sarebbe forte abbastanza per imporsi anche sulla Cisgiordania nelle prossime elezioni che avranno luogo adopo la fine del mandato di Abu Mazen che scade a fine Gennaio.
Hamas governa secondo la legge islamica a Gaza, il che significa che a chi ruba, viene tagliata la mano, a chi passa col semaforo rosso, vengono date frustate. Hamas è la mano dell’ Iran, insieme a Hezbollah, nel Vicino Oriente, e dall’Iran riceve armi.
Noi Europei dobbiamo imparare ad essere lungimiranti e a chiederci come davvero proteggere i diritti umani degli uni e degli altri. Se Hamas vincesse le elezioni in Cisgiordania, anche naturalmente attraverso minacce alla popolazione che, in caso di mancato sostegno all’organizzazione, verrebbe punita severamente dopo la vittoria, la legge islamica verrebbe introdotta anche a Ramallah. A quel punto non ci sarebbero piu diritti umani per i palestinesi e il diritto alla vita e alla sicurezza degli iIsraeliani sarebbe decisamente messo in pericolo, ancor più che adesso. Cosa vogliamo fare allora noi Europei?
Vogliamo per una volta pensare al bene di tutti nel lungo termine e non soltanto a compensare i nostri sensi di colpa per la situazione tragica in Medio Oriente che trova le sue radici nella colonizzazione europea?
Vogliamo per una volta, con pazienza, comprendere la profondità del problema invece di cercare soluzioni rapide e inefficaci che ci assicurino sonni tranquilli?
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un’analisi degna di libero o il giornale… e complimenti.
continua la crudele spietata strategia isrealiana a gaza, ma non dimentichiamoci della west bank, vero territorio di soprusi e di infamie da parte del governo più oltranzista e reazionario del pianeta. tutto preparatro, studiato e organizzato… se gaza è nelle mani di hamas non è certo colpa di arafat. marghe marghe che articolo, ahi ahi ahi
non bisogna essere sun tzu su per capire questa mappa, l’accerchiamento e la riduzione a carcere dello stato palestinese
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/0/0d/Settlements2006.jpg
e pensare che nel docunmento di ingresso nella società delle nazioni israele giurava solennemente che mai avrebbe accampato diritti sul territorio palestinese, ripeto diritti. vergogna.
Caro Tamarindo,
mi trovo in disaccordo con quanto affermato nel vostro articolo sulla situazione a Gaza.
1. Se è vero che “Hamas non ha mai smesso del tutto di lanciare Qassam su Israele” durante la tregua, è anche vero che, come scrive il NY Times a firma di Rashid Khalidi, professore di studi arabi alla Columbia University di New York, “l’accordo portò a una riduzione dei razzi lanciati dalla striscia: dalle centinaia di maggio e giugno a meno di venti nei quattro mesi successivi (secondo stime del governo israeliano). Il cessate-il-fuoco venne interrotto quando le forze israeliane lanciarono un imponente attacco aereo e terrestre ai primi di novembre; sei soldati di Hamas vennero uccisi”. Oltre a ciò, se anche si voglia considerare le parole del prof. Khalidi errate, in un articolo imparziale bisognerebbe quantomeno dare notizia dell’embargo (ed un blocco economico è un’arma che affligge la popolazione civile prima che i terroristi, mettendo a repentaglio il proprio diritto alla vita) che Israele sta esercitando sulla striscia di Gaza da anni, anche durante la tregua citata dalla vostra esperta.
2. Qualora anche si considerasse l’attuale guerra di Israele un legittimo mezzo di autodifesa per uno stato che è stato attaccato da Hamas (ed infatti il diritto all’autodifesa è un uso della forza lecito secondo il diritto internazionale), bisogna però considerare che nel diritto internazionale vi sono almeno altri due principi cardine che regolano l’uso della forza armata nel corso di una guerra (detto col linguaggio del diritto, due criteri di ius in bello).
Due di questi, citati anche dall’Economist la scorsa settimana, sono la proporzionalità e la distinzione. L’attacco di Israele sta violando entrambi questi principi, ed il conto dei morti (circa 700 palestinesi contro i 12 israeliani, di cui 4 dovuti a fuoco amico) nel corso di questa guerra ne è una prova. Il fatto che gran parte di questi morti siano poi civili, e che Israele abbia forse usato fosforo bianco, cioè un’arma vietata dal diritto internazionale, nel corso dei suoi attacchi, rende ancor più grave l’attacco di Israele.
3. Non condivido la retorica finale sui diritti umani e sul ruolo dell’Europa.
Quanto al fatto di difendere i diritti umani, mi chiedo perché l’articolo sostiene che l’Europa dovrebbe farsi garante dei diritti umani presumibilmente violati da Hamas nella striscia di Gaza, e non anche in altre nazioni dove gli stessi diritti sono costantemente e effettivamente violati, come ad esempio Cina e Nord Corea. Se il problema è un problema di diritti umani e l’Europa deve essere garante nel mondo di questi diritti (in base a quale principio, poi?), la striscia di Gaza dovrebbe essere solo uno dei tanti luoghi del mondo in cui tali diritti sarebbero violati e andrebbero difesi. Inoltre, volendo proprio parlare di diritti umani, la libertà di parola e di espressione è uno di questi diritti, ed è regolarmente violato da Israele ogniqualvolta vieta l’accesso alla striscia di Gaza a reporter internazionali (per un resoconto di un reporter italiano nella striscia di Gaza, rimando al blog di Vittorio Arrigoni – http://guerrillaradio.iobloggo.com/ – e ai suoi articoli sul Manifesto). Ed oltre a negare l’accesso di personale medico nella striscia (ieri ad esempio due mezzi di un ONG sono stati bombardati), un altro diritto umano violato nei primi giorni dell’attacco da Israele è quello di assicurare una via di fuga ai civili nelle zone sotto attacco: poiché Israele aveva chiuso i valichi, come dovrebbe agire l’UE nei suoi confronti?
Quanto al ruolo dell’Europa, ricordo ad esempio che osservatori UE e UN hanno monitorato le fatidiche elezioni del 2006, vinte proprio da Hamas nel rispetto delle regole democratiche appurato da tutti gli osservatori internazionali. Non è perciò soltanto “attraverso minacce alla popolazione che, in caso di mancato sostegno all’organizzazione, verrebbe punita severamente dopo la vittoria” che Hamas vince le elezioni, ma forse è anche grazie ad una situazione di costante occupazione, embargo e diniego di diritti da parte di Israele che porta la popolazione civile a vedere nell’uso della forza la sola alternativa disponibile (confronta ad esempio la testimonianza di un osservatore italiano al sito http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=90&ID_articolo=13&ID_sezione=172&sezione=).
Infine, l’Europa in questi giorni ha provato a proporre un piano di pace, immediatamente rifiutato da Tzipi Livni pochi giorni fa.
Credo che sia anche l’obiettivo di Israele avere una leadership palestinese divisa non solo fisicamente tra Ramallah ed Hamas, in modo da avere una controparte debole e sempre accusabile di terrorismo con la quale non discutere mai il vero nodo Mediorientale, quella formula “due popoli, due stati” che probabilmente rappresenta l’unica vera via per la pace.
http://www.nytimes.com/2009/01/08/opinion/08khalidi.html?_r=1
non sono assolutamente un’esperta di medioriente ma volevo solo ricordare alcuni fatti, tra i quali la rottura della tregua da parte di israele, e non di hamas. israele di fatto OCCUPA la striscia di gaza nonostante il ritiro. hamas è stato eletto in libere elezioni dai palestinesi. credo che quello che è successo negli ultimi giorni, colpire scuole e mezzi ONU (di cui ovviamente israele sa le posizioni e i movimenti) dia la misura di quanto questi ultimi attacchi non siano volti a distruggere hamas (infatti stanno avendo, com’è piuttosto ovvio, l’effetto contrario, i razzi continuano a essere lanciati e il supporto popolare cresce anche fuori dalla striscia http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/the-west-bank-were-all-hamas-now–supporters-of-fatah-unite-behind-enemy-1242606.html) ma di quanto israele non voglia la pace, come non l’ha voluta negli ultimi 40 anni ma voglia semplicemente spazzare via i palestinesi dalla faccia della terra. e dare tutta la colpa ad hamas come movimento fondamentalista non serve altro che a mascherare ulteriormente la lotta dei palestinesi come lotta di un popolo con dei diritti riconosciuti internazionalmente a cui è negato qualsiasi tipo di autodeterminazione. inoltre, è stato proprio israele a supportare hamas a fine anni ‘90 credo, di sicuro qualcuno può essere più preciso di me, per indebolire fatah e dare al conflitto quella sfumatura da scontro di civiltà che fa tanta paura. parliamo sempre di fondamentalismo islamico, ma si dovrebbe riflettere anche sul fondamentalismo ebraico, a proposito consiglierei di leggere (o rileggere) il libro di hirst, uno dei maggiori corrispondenti occidentali che ha passato 30 anni in medioriente, il titolo è ‘the gun and the olive branch’, tradotto in italiano come ’senza pace’.
Cara Lili,
Grazie di aver risposto all’articolo
1)Sono 8 anni che I razzi di hamas cadono su Sderot e Shkelon, non 6 mesi e poco import ache negli ultimi 4 mesi ne siano caduti “solo 20”, capisci anche tu che questa situazione e’ inaccettabile per Israele.
2) Sulla sproporzionalita sono d’accordo: mentre Hamas colpisce volontariamente civili uisraeliani, Israele colpisce I memberi di hamas, che ricordo essere un’organizzazione terroristica sulle listen ere di Onu e UE
Inoltre Hamas e’ stato colto in fragrante a sparare cifre di morti civili inesistenti, perdendo credibilita anche agli occhi del loro dio sceso in terra, Nasrallah, diabolica mente di Hezbollah.
. Nel presunto attacco israeliano ad una scuola, e’ poi risultato che Zahal aveva colpito un edificio accanto alla scuola e 27 morti su 30 erano membvri di hamas.
Inoltre I tunnel tra l’Egitto e Gaza da dove passano armi hanno il loro ingresso sotto gli ospedali. Ma che razza di governo e’ un governo che invece di proteggere I propri cittadini, li mette costantemente a rischio?
3) sulla retorica europea, non volevo dire che l’Europa dovrebbe occuparsi dei diritti di tutti, ma visto che dall’Europa vengono russeau Tocqueville e Kant e visto che gli Europei son sempre pronti a puntare il ditto contro chi viola il Diritto inetrnazionale, allora forse dovrebbero occuparsene in modo serio, oppyure non occuparsene affatto.
Riguardo alle elezioni. Stai tu stessa dicendo che Hamas e’ stato votato democraticamente, indi per cui I Palestinesi sono giuridicamente responsabili del governo he hanno e delle sua azioni.
Io pero diversamente d ate, penso che forse I civili palestinesi non sapessero esattamente quale politica Hamas aveva intenzione di adottare e forse non erano a conoscenza che Hamas li avrebbe condotti ad una Guerra aperta. Allopra perche non distruggere l’organizzazione terroristic ache opprime I Palestinese, che li porta in Guerra col vicino e che reintroduce la legge islamica a casa?
Israele infine non ha nessuna intenzi9one ne di riprenderasi gaza, ne di prendersi la Cisgiordania, anche se le colonie esistenti sono un ostacolo al processo di pace. Israele vuole viviere in svilupparsi senza vicini belligeranti.
A Giacomo
Se i palestinesi non hanno uno stato e’ perche sono cosi divisi tra loro che nn riscono neanche ad eleggere una leadership che li rappresnti. Se non hanno uno stato e’ perche l’Europa invece di poratre Avanti progetti concreti, ha trasferito I fondi direttamente nei conti in banca di Arafat, si di Arafat che se li e’ tenuti.
Se non hanno uno stato e’ perche i fratellia rabi invece di aiutarli li hanno massacrati quand hanno potuto.
Israele non ha la responsabilita di costruire uno stato al loro posto e per loro, i Palestinesi si devono, quando lo vorranno, assumere tale compito
tralasciando il ‘ognuno può avere l’opinione che vuole’ mi pare che margherita tu sia digiuna di storia e di diritto. oltre agli articoli che ho linkato nel precedente commento, ce ne sono molti altri in questi giorni che stanno dando un’analisi lucida dei fatti (fai un giro sul sito dell’Independent o della BBC), anche tra i media americani, vedi l’articolo di khalidi sul NYT, i quali sono notoriamente sbilanciati a favore di israele, si sta facendo strada l’opinione che enough is enough.
invito a leggere questo di sara roy sulla situazione a gaza (http://www.lrb.co.uk/v31/n01/roy_01_.html) e magari anche, per chi vive in italia, le cronache di hamira hass settimanalmente su Internazionale. giusto per capire cosa significa essere palestinesi.
è inutile dire che la situazione palestinese sia un gran bel casino, e ben vengano il dibattito e l’analisi, ma per l’appunto, l’analisi e non le banalizzazioni da cui davvero dovremmo sfuggire se vogliamo cercare di capirci qualcosa.
Chiara,
scusa, ma dove hai letto che Israele occupa la striscia di gaza?
hai sentito parlare del ritiro unilaterale?
a me pare che quella disgiunta dalla storia sia tu….
ho scritto “occupa di fatto nonostante il ritiro” cioè controlla movimenti di cose, persone e rifornimenti di fatto aggravando il problema umanitario (disoccupazione, fame, mancanza di medicinali, carburante ecc) con l’avvallo di usa e europa dal febbraio 2006, cioè da quando hamas ha vinto le elezioni.
eggia, visto che tra queste “cose” arrivano anche armi, forse gli Israeliano vogliono controllare due volte.
riguardo agli aiuti umanitari, Israele ha fatto entrare camion con aiuti e l’Unione delle Comunita Ebraiche Italiane ha anche mandato con lo stato italiano medicinali. Chi non ha fatto entrare i camion con gli aiuti sono stati gli Egiziani…i loro fratelli no?
Margherita: Unrwa riporta (non smentita) che l’IDF ammette che il bombardamento della scuola (non di un edificio vicino) e’ stato un errore visto che gli spari provenivano (quelli si) da un edificio vicino (www.haaretz.com)
Liliana: a dire il vero l’Economist e’ meno netto su criterio di proporzionalita’ (l’articolo si intitola Proportional to what?) distinguendo la proporzionalita ad bellum (ci deve essere una causa sufficiente per scatenare una guerra) e in bello che si applica solo ai civili (visto che tra combattenti cerchi di ammazzare gli altri e salvare i tuoi, altro che proporzionalita’).
Ginevra dichiara che un attacco che si prevede causi la morte di civili deve essere proporzionale ai vantaggi militari che si prevede di ottenere (non e’ quindi vero che i civili sono off limit, bisogna solo avere una ragione sufficiente per ammazzarli). Per di piu’ stabilire chi e un civile non e’ facile. Un poliziotto palestinese e’ un civile? un palestinese che nasconde in casa un guerrigliero non dovrebbe assumersi le conseguenti responsabilita’? gli israeliani sono quasi tutti potenziai soldati e in moltissimi hanno servito e servono nell’esercito (tesi di Hamas)…
Ovviamente, conclude l’economist, le due cose sono legate, se ho una forte ragione per fare la guerra (ad bellum) allora mi si perdona anche qualche uccisione di troppo. Se ho cominciato una guerra sbagliata allora anche azioni proporzionali appaiono sbagliate. E si ritorna quindi alla questione iniziale: ha fatto bene Israele ad attaccare Gaza?
Cara Margherita, grazie per l’articolo. Lo trovo chiaro, utile ed interessante. Il tema del conflitto in Terra Santa mi tocca profondamente – sia dal punto di vista umano, sia da quello politico–religioso. Non ci sono dubbi sul fatto che Hamas sia un’organizzazione terroristica, al governo nella Striscia di Gaza – dopo “presunte” regolari elezioni democratiche. Israele è da molto tempo vittima dei razzi di Hamas. A lungo ci sono state risposte militari considerate proporzionate; nelle ultime settimane, invece, si è registrata un’escalation della violenza, condannata da più parti nella comunità internazionale. Per quanto mi riguarda, Hamas è e resterà al di fuori di ogni legalità politico–diplomatica, fintantoché negherà ad Israele il diritto ad esistere, in pace ed in sicurezza. Tuttavia, a mio sommesso avviso, quest’ondata di sangue nella Striscia di Gaza non fa altro che alimentare odio ed estremismo. Il primo ministro Olmert e la responsabile degli affari esteri Livni ritengono che Hamas vada stroncata militarmente e non sono affatto interessati a considerare quanto questa operazione militare costerà, in termini di vite umane. Personalmente, trovo esecrabile il massacro di donne e bambini innocenti nella Striscia di Gaza. Tanto quanto è da stigmatizzare nella maniera più netta il lancio di razzi contro città e villaggi israeliani. Temo che questi fiumi di sangue palestinese possano rafforzare politicamente il movimento islamico al potere a Gaza. Ad ogni modo, fin quando non ci sarà un cambio di leadership sia in Israele che nei territori palestinesi parlare di pace in Terra Santa non sarà altro che un esercizio di retorica. Infine, mi chiedo come uno dei più potenti e meglio strutturati servizi d’intelligence al mondo – come il Mossad – (a cui l’emerito presidente della Repubblica Cossiga ha dichiarato di rispondere personalmente) non sia in grado di mettere in pratica operazioni di sicurezza nazionale, finalizzate all’arresto dei responsabili del movimento islamico palestinese. La via maestra – ne rimango fermamente convinto – non può che essere quella della diplomazia, del dialogo, del confronto, della negoziazione in sede bilaterale e multilaterale. Trovo deprimente e sconsolante che l’Europa anche in questa crisi non sia riuscita a fare di meglio che dividersi al suo interno: la presidenza di turno ceca, che giustifica l’uso della forza israeliana – in quanto si tratterebbe di un’azione difensiva, e non offensiva; Londra, che chiede il ceasefire; la Francia che è impegnata a trovare una soluzione pacifica, supportata da Mubarak (altro neo–paladino dei diritti umani); l’Italia – che come sempre – ha due piedi in una scarpa e rimane sul vago, davanti a centinaia di morti. Nel frattempo a Washington – causa contingenze politiche in fieri – tutto tace.
La guerra è una sconfitta devastante per tutti, in primis per chi la causa.
un po’ di fatti…
http://www.guardian.co.uk/world/2009/jan/07/gaza-israel-palestine
Ammesso che un’analisi lucida e completa sulla questione sia possibile, ritengo sia inevitabile ripercorrere la storia dagli albori del Sionismo (1890). A questo proposito vi propongo http://it.wikipedia.org/wiki/Conflitto_israelo-palestinese
Scientificamente Wikipedia non è certo la fonte più esaustiva ed affidabile, ma presenta il vantaggio dell’immediata accessibilità.
E’ opportuno sottolineare che il complesso rapporto “causa-effetto” non si può certo limitare agli ultimi mesi, anni e neanche decenni. Ripercorrendo l’intera questione non si può che provare un enorme sconforto. L’individuo ha dovuto imparare che non vi è esistenza e libertà senza responsabilità e rispetto del prossimo. Non si capisce perché tale ineccepibile precetto non riesca a radicarsi nei rapporti tra comunità ed etnie che sembrano ancora, senza eccezioni, conoscere solo la legge della giungla.
ciò che dimenticate è la strategia di israele verso gaza, iniziata con il ritiro unilaterale. lo scopo era esattamente quello di creare una riserva di guerra, una bomba a orologeria in un luogo dove a israele non sarebbe convenuto restare. non c’è un primo passo di israele verso la pace con il ritiro, quanto piuttosto un’evidente strategia a lungo termine, una strategia che punta alla distruzione/fagocitamento dello stato palestinese, altro che alla costruzione..
non è che israele debba costruire uno stato ai palestinesi, è che- semplicemente- israele ha violato tutte le proprie promesse, le parole d’onore, i patti, gli impegni e tutte le giurisprudenze internazionali esistenti con subdoli sotterfugi fin dai tempi della società delle nazioni. non puoi chiedere alla giordania, all’egitto o alla siria di trovare un leader per i palestinesi.
mi pare che rifiutare il dialogo abu mazen e isolarlo non sia stato molto di aiuto a israele.
se non si vuole costruire uno stato ai palestinesi, non bisognerebbe però far di tutto perché esso sia malato, altrimenti la guerra non è santa ma sacrosanta.
cmq hamas vuole la distruzione dello stato di israele e lo dice, peccato non ci sia altrettanta onestà da parte d’israele, che nient’altro vuole che la distruzione del territorio palestinese, frammentato, senza continuità e isolato dall’esterno. come possono gli altri arabi intervenire… che dici.. ai confini ci sono i militari israeliani mica le frontiere dell’Anp.
Il 26 ottobre 2006 Jamil Hamad corrispondente del Time da Betlemme scriveva un articolo reperibile in
http://www.time.com/time/world/article/0,8599,1551022,00.html di cui le ultime 4 righe, di enorme attualità, dicono:
QUOTE
If Washington fails to show up, the states and peoples of the Middle East will be left to find their own solutions — and, as we well know, that will mean many more years of violent chaos.
UNQUOTE
Siamo nel caos e pare che vi resteremo sino a quando gli USA non torneranno alla ribalta. Quello che sta succedendo in questi giorni mi pare una rincorsa, da parte di Israele, a guadagnare posizioni da spendere nelle fasi successive: una
sanguinosa tattica di preparazione ad una, non vedo che altro, fase negoziale.
I problemi:
1. le conseguenze morali e materiali, le sofferenze sono, come sempre, a carico dei civili, dei bambini, dei malati di ogni parte, e personalmente mi schiero con loro, che sono civili come me. Quindi fine delle armi al più presto, senza se e senza ma;
2. gli USA avranno forza economica e credibilità per ritornare in campo? Leggendo la corrispondenza di Scott MacLeod in
http://mideast.blogs.time.com/2009/01/12/the-gang-that-couldnt-shoot-straight/ , si possono leggere interessanti retroscena sulle prospettive dei rapporti di forza con l’Iran e sul ruolo degli USA: il coinvolgimento USA non appare
così scontato
3. quello che è certo è che una escalation incontrollata da parte di Israele porterà l’Iran ad una maggiore aggressività locale ed internazionale, che non aiuterà gli USA. Ne consegue che questa fase di follia bellica aiuta solo il radicalismo Iraniano, a scapito anche della popolazione iraniana.
4. Israele si è trasformata, negli utlimi 6 / 8 anni, da nazione civile e consapevole in nazione di guerra, come ormai vuole la larga maggioranza dei cittadini israeliani, e questa mi pare, in sè, una terribile e agghiacciante conclusione di cui personalmente mi vergogno insieme ai molti amici ebrei che non sono di questa idea, soprattutto pensando agli ebrei vittime di nazismo e persecuzioni razziali.
Cara Margherita: quale nemesi ! Alessio
purtroppo – e ben lo sa chi vive a beyrouth – la pace non arriverà mai finché ci saranno ancora moschee, sinagoghe e chiese.
Finalmente un po’ di verita’ su hamas…
http://www.corriere.it/esteri/09_gennaio_21/denuncia_hamas_cremonesi_ac41c6f4-e802-11dd-833f-00144f02aabc.shtml