Il permesso di voto

Di Alessandro Berni • 20 feb 2009 • Categoria:Mondo • 9 Commenti

Eugène Delacroix, La Liberté guidant le peuple, 1830, Musée du LouvreDove ci sono le basi NATO c’è libertà, o meglio, ci sono tanti teatrini che la mettono in scena. I risultati sono farse e tragedie, grand guignol e palchi vuoti.

La domanda è: in uno stato libero, chi deve partecipare alla gestione del potere?

Lo scrivo fortemente: il suffragio universale è stato il passo decisivo verso la civiltà del consumo.
Il potere alle masse ha significato il potere ai prodotti.
Oggi, in tutte le democrazie, la maggioranza degli uomini che ne compongono i popoli ha diritto di voto, ma non la facoltà.

Per cominciare a risolvere questa catastrofe base di ogni altra catastrofe, il diritto di voto deve diventare per ogni cittadino una conquista, un pregio sociale.
Come per la patente di guida, a diciotto anni si dovrebbe acquisire il diritto di dimostrare di meritare il permesso al voto, quindi non il suo uso. Purtroppo, per la parola Democrazia e per chi crede in questa parola, in nessuna parte del mondo ancora così non è.
Il risultato politico, nel migliore dei casi, sono dittature morbide, moderne che pretendono e s’accontentano di fare consumare e consumarsi.

Uno Stato che nell’anno duemilanove dopo Cristo vuole essere ricordato dalla Storia come civile, deve pretendere che i suoi elettori abbiano un’esaminata e basilare conoscenza della storia contemporanea della loro nazione, della costituzione, degli organi responsabili del potere esecutivo, legislativo e giudiziario e del loro funzionamento.
L’esame deve pretendere una parte teorica ed una pratica. Durante quest’ultima, l’esaminato viene messo in relazione con altri individui per compiere atti concreti di gestione di beni e servizi comunitari.

Questa verifica per ottenere il permesso di voto, barriera tra il cittadino e la partecipazione politica da superare con l’educazione civica, deve essere considerata come un richiamo alla consapevolezza per un diritto troppe volte violato con l’inedia e la cialtroneria; come una scossa vitale per chi a diciotto anni vuole smettere di essere considerato ragazzo e cominciare ad essere chiamato uomo.

È necessario che ogni cittadino, prima di avere accesso alla vita politica, dimostri di essere sociale; consapevole dell’importanza del diritto di voto e in nome di tutti i martiri di tutti i luoghi e tempi che si sono sacrificati perché lui possa praticare oggi questo bene comune, dimostri di meritarsi il suo esercizio, il suo valore.

Questo nell’aspirazione di selezionare gli elettori prima ancora degli eletti.

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Alessandro Berni

Alessandro Berni Trentun’anni, quasi tutti in Europa. Ecrivain et révolutionnaire. Re musa: tutto ciò che lo tocca, si tramuta in poesia. Cintura nera di cose da niente, maestro zen d’utopie da inventare. Corteggiatore dell’ignoto. Innamorato, amato, dal nulla. Alla fine di un percorso accademico completo, decide di partire per Kibera, bidonville di Nairobi con un unico obiettivo: abiurare il suo io. Ripartire da zero. Dopo sei lunghi e strani anni torna a Parigi, arriva a zero. Oggi, finalmente oggi, spettatore convinto del cambiamento di un’era, vive infatuando l’Europa, per preparare la rivoluzione in America e, nel frattempo, mangia pasta ogni giorno, per non perdere il suo accento. Ammaliante nei bisogni, sedotto dal bisogno di raccontare, a proposito di tutti i suoi sbagli passati, ha due unici grandi rimpianti: avrebbe voluto commetterli prima, avrebbe voluto farne di più grandi. Segni particolari: una gabbia d’uragani al posto del cuore.
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Commenti: 9 »

  1. E chi deciderebbe quali sono le cose ‘giuste’ da sapere per poter votare? Chi si assicurerebbe che lo Stato non si avvalga della parte teorica dell’esame per indottrinare la popolazione? Chi garantirebbe che la frazione della popolazione che ha diritto di voto non lo usi per esercitare la propria supremazia sul prossimo? Attenzione: conoscere il bene non significa per forza fare il bene.
    Per assicurarsi che tutti possano tutelare i propri interessi (cosa che - almeno in teoria - viene garantita dal suffragio universale) e’ essenziale che ognuno possa decidere per se stesso quali sono i suoi interessi.
    La parte “pratica” dell’esame, poi, sarebbe ancora piu’controproducente; i casi sarebbero due: o tutti quanti diventerebbero ‘organizzatori’, il che significherebbe che saremmo in una societa’ dove tutti organizzano e nessuno viene organizzato (ergo, non ci sarebbe produttivita’ - d’altronde la specializzazione del lavoro e’ un fenomeno che va avanti fin dal neolitico, non me lo sono inventato io che sia una cosa utile), oppure che solo una minoranza imparerebbe a organizzare (come succede adesso, solo che senza suffragio universale si tornerebbe a un governo aristocratico che esercita il potere in maniera elitaria).
    In linea di massima, poi, sono anche d’accordo con te: il diritto di voto e’ concesso a persone che non hanno la benche’ minima idea di come gestire la cosa pubblica. Tuttavia, la negazione del suffragio universale porterebbe a una serie di problemi pratici che non porterebbero la societa’ avanti verso un futuro migliore, ma indietro verso l’inefficente forma aristocratica, dove la completa assenza di mobilita’ sociale porta a disincentivare l’innovazione e il miglioramento.

  2. Caro Giacomo,
    nel mio intervento non c’è alcuna traccia di nostalgie aristocratiche, ma voglia di un futuro veramente nuovo, più giusto e consapevole, casomai nostalgia di un popolo ideale che non ha mai abitato nessuna delle patrie di questo pianeta.

    Cara Terra,
    il Tuo presente è l’aristocrazia dei formaggini.
    Lo sanno bene i tuoi animali martoriati, i tuoi fiumi avvelenati, i tuoi popoli afflitti.
    E intanto che ti scrivo preparati, stiamo tutti pronti a ridere quando al prossimo G7 il nostro primo ministro farà sedere qualche suo collega sopra un palloncino che fa le scorregge finte messo lì così, per sdrammatizzare che i grandi finanziari negli ultimi anni si sono mangiati l’economia del mondo.

    ATLANTIDE

    Utopia di un illuminato,
    come un naufrago in un ambiente ostile,
    chiuse il proprio divenire in una bottiglia.
    Questa attraversò i millenni
    E finì fra mani ottuse
    guidate da povere menti corrotte
    che invece di desiderare,
    sognare questa magnifica idea,
    in fondo ad ogni mare
    ne cercarono le rovine.
    E mai smisero.
    Quando le sue non fondamenta ancora aspettano
    In cima ad ogni cielo.

    Questi versi li scrissi quando avevo diciassette anni, quando impennavo con la mia vespa e contavo i giorni, le ore che mi separavano dal mio diciottesimo anno di età.

    La patente di guida è forse uno strumento antidemocratico? No.
    Invocare una patente di voto è forse un gesto da sconsiderato, la posa insolente di un intelletto sfrontato e reazionario? Forse.
    Nel caso la risposta fosse affermativa, chi dovrebbe decidere le regole sociali ed i segnali giuridici da dimostrare di conoscere e saper usare almeno un giorno della propria vita?
    Non certo l’aristocrazia dei formaggini dei governi più influenti al potere (e all’opposizione) oggi.
    Ma allora a chi dovrebbe spettare questo onore, questo onere? Quale nazione per prima e attraverso quali strumenti questa prima nazione dovrebbe sposare questa mia pericolosa e pericolante utopia?
    Non lo so.
    So bene che manca sempre qualcosa, che c’è un vuoto in ogni mio intuire. Ed è inconcludente questo mio presentare pensieri incompleti. Inconcludente e strano. Goffo.

    Però almeno una cosa la so:
    La nostra povera piccola patria non deve ritornare un idolo da adorare nella realtà e tanto meno nelle intenzioni, ma non deve neanche continuare a restare una sputacchiera da riempire, un supermercato da svuotare, una lacrima di poeta.

  3. Alessandro
    Sia chiaro fin da subito che il mio intervento non vuole essere un processo alle intenzioni, ma piuttosto uno stimolo alla discussione in modo da arrivare alla formulazioni di tesi piu’ complesse e piu’ vicine al Vero, oppure semplicemente uno stimolo alla masturbazione mentale, che alla fine ci diletta un po’ tutti quanti =)
    Questo per dire che l’obiezione del primo intervento non era che l’idea di dare il voto su base delle facolta’ intellettuali, e non dell’anzianita’, fosse un’idea di per se’ antidemocratica. Invece, voleva segnalare quella che penso essere una serie di problemi pragmatici che indubbiamente sorgerebbero da tale organizzazione, e che a mio parere la riporterebbero a un modello aristocratico-elitario a prescindere dalle intenzioni originali, a prescindere dalla situazione e dal paese in cui essa venisse organizzata.
    Come disse Popper, “chiunque ha tentato di creare un Paradiso in terra, ha in realtà realizzato un Inferno.” Ora, in uno stato in cui vota solo chi ha certe capacita’ e conoscenze (capacita’ che sarebbero le stesse necessarie a candidarsi? oppure no?) le opzioni sulla costituzione dell’elettorato sarebbero sostanzialmente due: o tutti votano perche’ tutti hanno tali conoscenze, oppure vota solo una frazione perche’ non tutti possiedono le suddette. Nel primo caso, se eliminiamo i casi utopici in cui tutti hanno conoscenze adeguate perche’ il sistema scolastico funziona alla perfezione (ma a quel punto, che bisogno ci sarebbe di richiere una “patente”, se basta il diploma di scuola superiore?), oppure la grande maggior parte della popolazione dovrebbe investire buona parte del proprio tempo nell’acquisire le conoscenze richieste, il che, come abbiamo notato, danneggerebbe la specializzazione nel lavoro, il che renderebbe il sistema molto poco efficiente.
    Nel secondo caso, invece, si creerebbe l’eventualita’ di una tirannia esercitata sulla frazione (per quanto grande o piccola che sia) che non possiede tale “patente”, oppure, volendo continuare ad usare una terminologia popperiana, si verrebbe a creare una “societa’ chiusa”. In questo caso, la soluzione non risulterebbe solo inefficiente, ma addirittura crudele.
    Sono completamente d’accordo sul fatto che l’ignoranza e l’incompetenza delle masse sia una delle piu’ grandi falle dei sistemi democratici e liberali (pensiero che non definirei reazionario, ma semplicemente realistico), ma trovo che sia un rischio che vale la pena di prendersi.

  4. Caro Alessandro,

    premetto di non dubitare minimamente della genuinità dei Suoi propositi, mi permetta comunque di sollevare qualche critica.

    Quando scrive “il suffragio universale è stato il passo decisivo verso la civiltà del consumo. Il potere alle masse ha significato il potere ai prodotti.”, Lei rende automatico e necessario un meccanismo patologico che tale non è. Nulla vieta che il voto sia effettivamente espresso in piena coscienza del bene comune e nel riflesso dei valori sociali. Lei ha ragione, spesso, troppo spesso non avviene poiché l’ignoranza e l’individualismo dei singoli elementi della massa ne sono ostacolo, ma quando propone il rilascio di un permesso di voto, sembra dimenticare che tale permesso dovrebbe essere rilasciato da un’autorità alla quale verrebbe così attribuito un enorme potere. Ad oggi il solo sistema di attribuzione di potere alternativo a quello della forza bruta, è quello dell’elezione popolare, della delegazione diretta. A meno quindi che non si voglia affidare il potere di rilasciare il permesso di voto ai più “forti”, l’autorità dovrebbe a sua volta essere votata per suffragio universale, con scarsa efficacia dei Suoi propositi.

    Sicuro della Sua dimestichezza con la lingua francese, mi permetto di citarLe alcuni passaggi di una lettera inviata da George Sand a Giuseppe Mazzini il 23 maggio 1852 (l’indomani della morte della seconda Repubblica francese) in cui - decisamente meglio di come lo saprei fare io - si grida in difesa della democrazia e del suffragio universale :

    “(…)C’est l’enfance de la liberté dit-on. Oui, c’est vrai, la France electorale marche comme l’enfance, mais elle marche; (…) La France va probablement voter l’empire à vie, comme elle vient de voter la dictature pour dix ans, et je parie qu’elle sera enchantée de le faire, c’est si doux, si flatteur pour un ouvrier, pour un paysan, de se dire, dans son ignorance, dans sa naïveté, dans sa bêtise, si vous voulez: “C’est moi maintenant qui fais les empereurs!”(…)”

    “(…)maintenir le principe de délégation en faveur d’un seul. Voilà la seule lumière que la masse ait acquise, mais qui lui est bien et irrévocablement acquise. C’est sa première dent. Ce n’est qu’une dent, mais il en poussera d’autres, et le peuple, qui apprend à faire les empereurs, apprendra fatalement par la même loi à les défaire.(…)”

    “De la possession d’un droit, à l’exercice raisonnable et utile de ce droit, il y a un abîme.(…) Quelle que soit la cause, le peuple, depuis trois ans, n’a fait que reculer dans la science de l’exercice de son droit, mais aussi il a avancé dans la conscience de la possession de son droit.(…)”

    Insomma, caro Alessandro, in queste parole scorgerà senz’altro la profonda amarezza e delusione che l’autrice George Sand condivide con Lei (e se lo faccia dire: anche con me!). Ma guai a pentirsi della preziosa lotta combattuta “per iniziare il popolo a quell’idea di uguaglianza dei diritti per mezzo del suffragio universale”: spesso non funziona, ma lascia almeno il beneficio del dubbio, della speranza.

    E.B.

  5. “Questo è il migliore dei mondi possibili”

    Ma allora che fare? Come reagire davanti ad un terremoto in Portogallo o ad una tremenda ingiustizia politica?
    Si faceva questo genere di domande il Candido, intanto che tremava come un filosofo.
    Perché si sa: il Re non si cura dei topi che sono sulle sue navi, così Dio non si interessa degli uomini che sono sulla sua Terra. “Questo è il migliore dei mondi possibili”, ma allora che fare? continuava a domandarsi il Candido con il cuore sulle labbra.
    Travaillons sans raisonner… c’est le seul moyen de rendre la vie supportable, fu la risposta del maestro.
    Magari specializzati come ci suggerisce Giacomo.

    Quando dico: il suffragio universale è stato il passo decisivo verso la civiltà del consumo. Il potere alle masse ha significato il potere ai prodotti, parlo di ciò che è stato e di ciò che è o avrebbe potuto essere. La patologia non è stata causata dal solo suffragio universale, ma dal suo avvento senza aver fornito ai cittadini gli strumenti culturali basilari per assumersi le responsabilità necessarie alla partecipazione della vita democratica del loro paese.

    Signor Erik, continuerò a rispondere al Suo commento citando una scultura :
    Al primo piano della sala Richielieu del museo del Louvre si trovano le 4 statue che compongono The Captifs di Martin Van Den Bogaert. Queste rappresentano la Rivolta, la Speranza, la Rassegnazione e l’abbattimento.
    Per dirLe che naturalmente stiamo parlando del solito argomento, ma da due punti di vista diversi. Le mie parole vogliono essere di Rivolta, il Suo articolo è pieno di Rassegnazione.

    A proposito di alcune perplessità di Giacomo:
    … che bisogno ci sarebbe di richiedere una “patente”, se basta il diploma di scuola superiore? …
    in qualsiasi libro di fisica di qualsiasi liceo si trova scritto che la fiamma sprigionata dalla combustione di cherosene può raggiungere al massimo 860°. Per fondere l’acciaio ce vogliono almeno 1400. Ci sono più di 500 gradi di differenza. E LA FISICA È UNA SCIENZA ESATTA.
    Tratto dalla nonciclopedia: “Grazie alla caduta verticale e in accelerazione dei grattacieli gli integralisti islamici hanno avuto il premio Nobel per la fisica per aver aggirato le leggi della termodinamica.” http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/11_Settembre_2001

    Nessuno conosce chi ha permesso questo attentato davvero. Ma le responsabilità dell’allora governo americano a come minimo nascondere la realtà sono evidenti come è evidente che fu l’America ad attaccare l’America. Nonostante questo, nel 2004 il governo in carica durante l’attentato venne confermato e Bush II Junior vinse nuovamente le elezioni. Giacomo ricordi i video di tutte quelle persone festanti che salutavano commosse Bush II durante ogni suo comizio? Cosa pensare di quelle genti? Che sono degli assassini e stupidi, soprattutto stupidi?
    … si verrebbe a creare una “società chiusa”. In questo caso, la soluzione non risulterebbe solo inefficiente, ma addirittura crudele. … la mattina dell’11 Settembre 2001 sono stati visti fare colazione insieme George Bush padre e Salem bin Laden, fratello di Osama Bin Laden. È questa la crudeltà che ti spaventa per il futuro?
    Con il mio articolo non era mia intenzione invocare un vaticano laico, un vero dispensatore di patenti, bensì di suscitare indignazione, accendere la speranza, far venire voglia di rivolta. Il sotto-titolo parla chiaro: è una provocazione utopica contro le mediocrità del mondo.

  6. Caro Alessandro,

    non Le nascondo lo stupore nel vedermi attribuire una rassegnazione che non sento possa avermi mai caratterizzato. Di sicuro non può averlo fatto nelle righe con le quali ho voluto contribuire alla Sua riflessione.
    Con le mie parole mi sono infatti limitato ad invitarLa a continuare a credere nel valore della democrazia e nel principale ed unico mezzo per garantirla: il suffragio universale. Il mio testo si conclude con il termine “speranza”, parola che difficilmente si dimostra compatibile con un animo rassegnato.
    Infatti, personalmente ritengo preferibile ancorarmi all’utopia secondo la quale un giorno tutti i cittadini saranno in grado di esercitare i propri diritti politici con coscienza, spirito critico ed in garanzia del bene comune. Forse La interpreto male, ma mi è sembrato che fosse Lei ad essersi rassegnato alla possibilità di una tale evoluzione.

    Francamente ho sentito di dovere contestare il valore utopico della Sua proposta. Essa non presenta i fondamentali requisiti d’idealità etico-politica e non offre una efficace funzione stimolatrice. La proposta non è neanche irrealizzabile; Lei sa bene che la storia ci ha offerto innumerevoli esempi di selezione ed esclusione dei cittadini, e sa altrettanto bene che i risultati non sono mai stati quelli a cui Lei ambisce.

    Orbene, se alla Sua proposta si elimina il carattere utopico, non ne rimane altro che una provocazione. Una provocazione che - a mio parere - difficilmente si sposa con il Suo apprezzabile spirito rivoluzionario. L’antica saggezza popolare insegna infatti che il miglior modo per sconfiggere i provocatori è quello di non ascoltarli, di non offrirgli considerazione. Un trattamento che - come può notare dall’impegno con cui Le rispondo - non ritengo si debba riservare né a Lei né ai Suoi propositi.

    Erik Burckhardt

  7. Vecchio titolo di Cuore. “Limiti della democrazia: votano anche i coglioni”

  8. Per fare una casa bisogna essere muratori. Per fare un aereo bisogna essere ingegneri.
    Per andare a votare, bisogna conoscere la democrazia e le sue regole. Chi le infrange, chi le ignora… non può votare. http://www.youtube.com/watch?v=pw5D6eqHzmc

  9. Per guidare la macchina non c’e’ bisogno di sapere come funziona il motore a scoppio. Per lanciare una palla non c’e’ bisogno di conoscere la fisica newtoniana. Per saper decidere cosa e’ meglio per se’ non c’e’ bisogno di passare test arbitrari. Quando saro’ su un pc serio (e soprattutto, mio) mi guardero’ anche il video.

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