Di giorno la luce, di notte il buio. Questa sicurezza rischia di vacillare visto che, per accontentare i nostri vizi, fra qualche anno potrebbe non essere più così.
Organizzazioni di scienziati sempre più allarmati denunciano con forza la progressiva riduzione del buio dovuta ad un incontrollato utilizzo della luce artificiale. Gli errori nella progettazione dell’illuminazione, inevitabili considerando la scarsa consapevolezza dei potenziali rischi, fanno si, che, all’atto di disperdersi esternamente, la luce si diriga verso l’alto in direzione del cielo.
L’oscurità notturna viene così radicalmente ridotta, in certi casi cancellata, e questo non solo a discapito di chi ama contemplare il cielo stellato; le creature notturne faticano infatti a riprodursi in seguito allo sconvolgimento dei bioritmi dovuti all’artificiale ingerenza dell’uomo. Per capire la forza dello squilibrio causato, gli esperti invitano ad immaginare di essere obbligati ad addormentarsi in una stanza illuminata, oppure, viceversa, svegliarsi la mattina e rimanere immersi nel buio pesto per tutto il trascorrere della giornata. Cosa ne sarebbe del nostro equilibrio psicofisico?
Per gli uccelli, ad esempio, più luce significa più necessità di cibo, mangiare di più porta ad ingrassare prima, questo causa l’alterazione dei periodi migratori e così via…
Molti animali rischiano di impazzire o di estinguersi dunque, ma neanche l’essere umano (il re della città) è immune da rischi. Ai già noti problemi di sonno, stress, indebolimento del sistema nervoso si sono aggiunte nuove inquietanti scoperte: alcuni ricercatori dell’università di Haifa in Israele hanno infatti individuato un legame fra l’illuminazione notturna e l’incidenza del cancro al seno nelle donne.
A questi pericoli di salute potenzialmente devastanti va aggiunto il danno economico procurato dallo spreco di energia elettrica utilizzata per illuminare zone totalmente inutilizzabili come la “volta celeste”.
La protezione del buio notturno è affidata ad organizzazioni senza scopo di lucro come la prestigiosa “International Dark-Sky Association” nata negli Stati Uniti nel 1988. La “IDA” propone lo sviluppo di un’illuminazione sostenibile dall’ecosistema e recentemente ha nominato la zona del “Natural Bridges National Monument” nello Utah primo “Dark Sky Park“, ossia primo luogo dove poter recuperare il contatto con un cielo “sano”.
Della vicenda lascia ben sperare la consapevolezza che l’inquinamento luminoso rappresenta la forma di violenza alla natura più facilmente debellabile. Tecnologie oramai collaudate consentiranno in futuro di continuare ad avere strade e palazzi illuminati in modo funzionale ma molto meno invasivo; certo un intervento deciso sembra necessario visto e considerato che, dati alla mano, l’Italia risulta essere circa dieci volte più illuminata di quanto dovrebbe essere. Non a caso per risolvere il problema il nostro paese ha sviluppato una ricerca scientifica all’avanguardia ben affiancata da leggi efficaci anche se ancora troppo generiche. In parecchi comuni dello stivale, grazie all’intervento di organizzazioni e di studiosi, si è potuto ridurre considerevolmente il flusso di luce indirizzato verso l’altro e con esso anche il dispendio energetico.
Non resta che augurarsi un futuro più buio.
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