Il decreto azzeccagarbugli
marzo 9th, 2010 by Alessandro Berni | 2 Comments
Il 5 marzo 2010 sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il decreto legge numero 29 dal titolo: ‘Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione’.
Tale decreto, emanato il giorno medesimo dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stato adottato dal Governo nell’intenzione di riammettere nel Lazio e nella Lombardia le liste elettorali del Pdl, rispettivamente escluse per un ritardo nella consegna della documentazione e per la non validità di 514 firme.
Il 6 Marzo, il Tar della Regione Lombardia, ha riammesso la lista di Roberto Formigoni senza tener conto dell’aiutino offertogli da Governo e Presidenza della Repubblica.
L’8 Marzo, il Tar del Lazio si è rifiutato di reintrodurre la lista del Pdl in quanto il d.l. appositamente emesso non è applicabile, considerato che le elezioni regionali del Lazio sono disciplinate dalla legge regionale numero 2 del 2005 e non dalla normativa nazionale “interpretata” dal governo.
La porta chiusa dal Tar regionale è rimasta però aperta dal quarto comma del decreto legge stesso che dice:
“I delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 (cioè che fossero entrati nei locali del Tribunale entro le 12 di sabato 27 Febbraio; ndr) possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo (Lunedì 8 Marzo) a quello di entrata in vigore del presente decreto”.
Perdonatemi lo scioglilingua, ma il decreto pronuncia che si possa fare qualcosa che secondo il Tar non è possibile fare in quanto manca la titolarità per farlo. Per tale motivo, nei prossimi giorni e nelle prossime ore sono attesi ricorsi e contro-ricorsi.
Indipendente da chi vincerà questa battaglia tra Stato e Regione Lazio, con questo atto il governo italiano ha confermato di fondare la sua attività politica su anabasi filosofiche e su elucubrazioni celebrali che quotidianamente mettono in pratica citazioni di alti pensatori e uomini di valore quali le seguenti:
La maggioranza degli uomini è stupida.
Biante da Priene, VI sec. a.C.
Una vera Democrazia non è mai esistita e non esisterà mai.
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)
Anche per i più grandi uomini di stato fare politica vuol dire improvvisare e sperare nella fortuna.
Friedrich Nietzsche (1844 – 1900)
La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste.
Don Lorenzo Milani (1923 – 1967)
È inoltre evidente come questo d.l. sia stato emanato nell’intenzione di dare un colpo decisivo alla principale causa del progressivo ridursi della legittimazione dei partiti politici e della loro crescente attenuazione della capacità di svolgere il proprio ruolo di collegamento fra i cittadini e le istituzioni ovvero l’eccessiva burocratizzazione della loro organizzazione interna e del sistema in generale, condividendo pienamente il pensiero di critica alle moderne democrazie di Charles-Louis de Secondat barone de La Brède et de Montesquieu (1689 – 1755) che afferma: Lo stato burocratico è la forma moderna del dispotismo.
Trapelata la notizia che a causa di quest’ultimo fastidio provocato dalla noiosa consuetudine che la legge è uguale per tutti, la maggioranza abbia perso 3 punti elettorali, è doveroso riconoscere il parziale mea culpa degli uomini di governo: hanno infatti ammesso che scoppiato il caso delle liste regionali in questione, non dovevano litigare fra di loro e prendersela con chi aveva sbagliato, ma restare uniti, continuare a tenersi mano nella mano, pretendere microfoni e spazi televisivi e fare quello che meglio sanno fare:
deridere, attaccare e criticare avversari politici e magistrati.
Quindi, una volta riconosciuto questo macroscopico sbaglio, eccellenti nell’arte della retorica hanno cominciato a propinare come cavillo 500 firme false.
Subito dopo, indomiti e malgrado i tentativi di magistrati che sprezzanti di ogni sorta di buon senso, pretenderebbero di fare il loro lavoro avvalendosi unicamente di opinabili strumenti giudiziari, principi e leggi democratiche; sono tornati alle loro attività professionali oltre che politiche:
Immersi in una società sempre più liquida in ogni forma di relazione sociale, epicurei ed impareggiabili amanti di notte; stoici e responsabili padri di giorno hanno continuato a favorire con fare e motivazioni cristalline l’accesso di loro stessi, dei loro figli e affini in ruoli di potere di aziende private ed enti pubblici.
Moderni Atlante hanno ripreso a reggere il peso del potere massacrati dalla consapevolezza che le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie; modelli Icaro hanno proseguito il loro volo ininterrotto sopra la giustizia e a testa alta non hanno smesso di andare incontro alla sconfitta consapevoli che il massimo che possono ancora fare è ritardare la loro definitiva disfatta, la loro ultima erezione.
Tutto questo continuando a disinteressarsi del cambiamento d’era che stanno attraversando, dentro un presente devastato (ahi loro) dalla democratizzazione del sistema informativo e di quello energetico che nei prossimi decenni si imporrà sul loro mondo attraverso le reti World Wide Web e World Solar Energy Web.1
Con termini più modesti, per un solo minuto non hanno smesso di pensare ai cazzi loro, di combattere contro tutto e tutti in nome delle loro solide certezze, dei privilegi del mondo che li ha generati.
A questo punto, è doveroso ricordare che, per chi non amasse il loro modo di fare politica, per fortuna (o purtroppo), l’Italia può contare ancora sull’altro lato del parlamento:
Fra i più facinorosi, Antonio Di Pietro ha ribattezzato il decreto salva-liste come il decreto della vergogna, lo ha ritenuto da subito incostituzionale, quindi è andato oltre: ha invocato una chiamata alle armi, una insurrezione democratica di piazza per sventare il golpe in corso ed ha accusato Giorgio Napolitano di “Impeachment” poiché a suo avviso attraverso alcune dichiarazioni riportate nei vari quotidiani, si dedurrebbe che il Colle avrebbe partecipato attivamente alla stesura del testo.
A questa reazione accecata dal diritto, il popolo di sinistra si è ritrovato rassicurato da affermazioni e gesti più moderati e distensivi:
Luciano Violante (ricordiamolo: professore ordinario di istituzioni di diritto e procedura penale presso l’Università di Camerino e deputato di sinistra dal 1979 al 2008) ha affermato infatti che: “Di Pietro? Qualche volta parla a vanvera” dimostrandosi ancora una volta di essere lo statista progressista più autorevole e sibillino nel ruolo di collante tra sinistra e destra italiana.
Per conoscere invece la reazione del leader più considerato della sinistra d’Italia ci …