Il decreto azzeccagarbugli

marzo 9th, 2010 by Alessandro Berni | 2 Comments

Il decreto azzeccagarbugli

Il 5 marzo 2010 sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il decreto legge numero 29 dal titolo: ‘Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione’.
Tale decreto, emanato il giorno medesimo dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stato adottato dal Governo nell’intenzione di riammettere nel Lazio e nella Lombardia le liste elettorali del Pdl, rispettivamente escluse per un ritardo nella consegna della documentazione e per la non validità di 514 firme.
Il 6 Marzo, il Tar della Regione Lombardia, ha riammesso la lista di Roberto Formigoni senza tener conto dell’aiutino offertogli da Governo e Presidenza della Repubblica.
L’8 Marzo, il Tar del Lazio si è rifiutato di reintrodurre la lista del Pdl in quanto il d.l. appositamente emesso non è applicabile, considerato che le elezioni regionali del Lazio sono disciplinate dalla legge regionale numero 2 del 2005 e non dalla normativa nazionale “interpretata” dal governo.
La porta chiusa dal Tar regionale è rimasta però aperta dal quarto comma del decreto legge stesso che dice:
“I delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 (cioè che fossero entrati nei locali del Tribunale entro le 12 di sabato 27 Febbraio; ndr) possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo (Lunedì 8 Marzo) a quello di entrata in vigore del presente decreto”.
Perdonatemi lo scioglilingua, ma il decreto pronuncia che si possa fare qualcosa che secondo il Tar non è possibile fare in quanto manca la titolarità per farlo. Per tale motivo, nei prossimi giorni e nelle prossime ore sono attesi ricorsi e contro-ricorsi.
Indipendente da chi vincerà questa battaglia tra Stato e Regione Lazio, con questo atto il governo italiano ha confermato di fondare la sua attività politica su anabasi filosofiche e su elucubrazioni celebrali che quotidianamente mettono in pratica citazioni di alti pensatori e uomini di valore quali le seguenti:
La maggioranza degli uomini è stupida.
Biante da Priene, VI sec. a.C.
Una vera Democrazia non è mai esistita e non esisterà mai.
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)
Anche per i più grandi uomini di stato fare politica vuol dire improvvisare e sperare nella fortuna.
Friedrich Nietzsche (1844 – 1900)
La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste.
Don Lorenzo Milani (1923 – 1967)
È inoltre evidente come questo d.l. sia stato emanato nell’intenzione di dare un colpo decisivo alla principale causa del progressivo ridursi della legittimazione dei partiti politici e della loro crescente attenuazione della capacità di svolgere il proprio ruolo di collegamento fra i cittadini e le istituzioni ovvero l’eccessiva burocratizzazione della loro organizzazione interna e del sistema in generale, condividendo pienamente il pensiero di critica alle moderne democrazie di Charles-Louis de Secondat barone de La Brède et de Montesquieu (1689 – 1755) che afferma: Lo stato burocratico è la forma moderna del dispotismo.
Trapelata la notizia che a causa di quest’ultimo fastidio provocato dalla noiosa consuetudine che la legge è uguale per tutti, la maggioranza abbia perso 3 punti elettorali, è doveroso riconoscere il parziale mea culpa  degli uomini di governo: hanno infatti ammesso che scoppiato il caso delle liste regionali in questione, non dovevano litigare fra di loro e prendersela con chi aveva sbagliato, ma restare uniti, continuare a tenersi mano nella mano, pretendere microfoni e spazi televisivi e fare quello che meglio sanno fare:
deridere, attaccare e criticare avversari politici e magistrati.
Quindi, una volta riconosciuto questo macroscopico sbaglio, eccellenti nell’arte della retorica hanno cominciato a propinare come cavillo 500 firme false.
Subito dopo, indomiti e malgrado i tentativi di magistrati che sprezzanti di ogni sorta di buon senso, pretenderebbero di fare il loro lavoro avvalendosi unicamente di opinabili strumenti giudiziari, principi e leggi democratiche; sono tornati alle loro attività professionali oltre che politiche:
Immersi in una società sempre più liquida in ogni forma di relazione sociale, epicurei ed impareggiabili amanti di notte; stoici e responsabili padri di giorno hanno continuato a favorire con fare e motivazioni cristalline l’accesso di loro stessi, dei loro figli e affini in ruoli di potere di aziende private ed enti pubblici.
Moderni Atlante hanno ripreso a reggere il peso del potere massacrati dalla consapevolezza che le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie; modelli Icaro hanno proseguito il loro volo ininterrotto sopra la giustizia e a testa alta non hanno smesso di andare incontro alla sconfitta consapevoli che il massimo che possono ancora fare è ritardare la loro definitiva disfatta, la loro ultima erezione.
Tutto questo continuando a disinteressarsi del cambiamento d’era che stanno attraversando, dentro un presente devastato (ahi loro) dalla democratizzazione del sistema informativo e di quello energetico che nei prossimi decenni si imporrà sul loro mondo attraverso le reti World Wide Web e World Solar Energy Web.1
Con termini più modesti, per un solo minuto non hanno smesso di pensare ai cazzi loro, di combattere contro tutto e tutti in nome delle loro solide certezze, dei privilegi del mondo che li ha generati.
A questo punto, è doveroso ricordare che, per chi non amasse il loro modo di fare politica, per fortuna (o purtroppo), l’Italia può contare ancora sull’altro lato del parlamento:
Fra i più facinorosi, Antonio Di Pietro ha ribattezzato il decreto salva-liste come il decreto della vergogna, lo ha ritenuto da subito incostituzionale, quindi è andato oltre: ha invocato una chiamata alle armi, una insurrezione democratica di piazza per sventare il golpe in corso ed ha accusato Giorgio Napolitano di “Impeachment” poiché a suo avviso attraverso alcune dichiarazioni riportate nei vari quotidiani, si dedurrebbe che il Colle avrebbe partecipato attivamente alla stesura del testo.

A questa reazione accecata dal diritto, il popolo di sinistra si è ritrovato rassicurato da affermazioni e gesti più moderati e distensivi:
Luciano Violante (ricordiamolo: professore ordinario di istituzioni di diritto e procedura penale presso l’Università di Camerino e deputato di sinistra dal 1979 al 2008) ha affermato infatti che: “Di Pietro? Qualche volta parla a vanvera” dimostrandosi ancora una volta di essere lo statista progressista più autorevole e sibillino nel ruolo di collante tra sinistra e destra italiana.
Per conoscere invece la reazione del leader più considerato della sinistra d’Italia ci …


I politici e il velo (di Maya)

ottobre 19th, 2009 by Laura Zunica | 1 Comment

I politici e il velo (di Maya)

Esistono due tipi di velo nel mondo islamico, hijab e niqab. Hijab è il velo che copre solamente la capigliatura; niqab è il velo che copre il volto completamente (viso e capelli), lasciando solo una piccola fessura per gli occhi.
In Italia vige una legge (n.152 dell’anno 1975) che all’articolo cinque fa menzione del divieto di coprirsi il volto. L’articolo otto della Costituzione dice: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”. Quindi se una legge italiana parla del divieto di andare in giro a volto scoperto, quale la 152 del 1975, la scelta delle donne religiose musulmane di praticare la loro religione coprendosi il velo andrebbe a infrangere tale legge.
Purtroppo spesso succede che quando i telegiornali passano notizie con interviste a politici che urlano davanti alle moschee che queste persone con il niqab “stanno infrangendo la legge”, queste stesse notizie vengono assorbite dallo spettatore tali quali sono, senza troppi approfondimenti. E lo spettatore stesso poi, diventando attore in una conversazione tra amici, si ritroverà a spiegare che alla fine purtroppo è vero che queste donne con il niqab stanno infrangendo la legge italiana. Ma andando a leggere l’articolo 5 della legge citata ecco che cosa troviamo:
ART. 5
È VIETATO PRENDERE PARTE A PUBBLICHE MANIFESTAZIONI, SVOLGENTISI IN LUOGO PUBBLICO O APERTO AL PUBBLICO, FACENDO USO DI CASCHI PROTETTIVI O CON IL VOLTO IN TUTTO O IN PARTE COPERTO MEDIANTE L’IMPIEGO DI QUALUNQUE MEZZO ATTO A RENDERE DIFFICOLTOSO IL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONA.
IL CONTRAVVENTORE È PUNITO CON L’ARRESTO DA UNO A SEI MESI E CON L’AMMENDA DA LIRE CINQUANTAMILA A LIRE DUECENTOMILA.
Questa legge dice senz’altro che è vietato andare in giro a volto coperto. Ma ci sono due fattori da tenere in considerazione: primo è che la legge si riferisce a una specifica situazione, ovvero quella delle pubbliche manifestazioni; contestualizzando la legge al momento della sua di nascita (quella dell’Italia degli anni 70) è poi facile intuire il significato di questa norma in un periodo storico caratterizzato da manifestazioni, gambizzazioni, terrorismo e brigate rosse. In tale contesto storico-sociale, per ovvi motivi di sicurezza, i volti dei manifestanti dovevano essere riconoscibili. Ma proprio in questa legge, di cui abbiamo l’articolo sotto al naso, nessuno parla del fatto che è vietato camminare per le strade con un velo che copre il volto – a meno che il termine pubbliche manifestazioni dell’articolo si riferisca al quotidiano camminare di chiunque. A rigor di logica le manifestazioni pubbliche sono raggruppamenti di persone in un luogo appunto pubblico per esprimere il proprio pensiero comune riguardo a un determinato argomento.
Quindi ci dovrebbe essere ombra di dubbio sul fatto che non ci sono contrasti tra l’articolo otto della Costituzione sulla libertà di religione e l’articolo cinque della legge 152/1975. Esercitando la propria religione, che comporta in alcuni casi l’indossare il niqab, queste donne non infrangono nessuna legge: il velo viene indossato nei giorni di vita quotidiana e non a fini di dimostrazioni o manifestazioni pubbliche.
D’altro canto, per ragioni di sicurezza, all’entrata di un istituto pubblico, quale può essere un’ambasciata o un museo, se richiesto dalle regole dell’istituto stesso, la donna a volto coperto dovrebbe mostrarlo all’autorità che lo richiede: una richiesta basata sulle stesse motivazioni dei controlli ai raggi X delle borse di qualunque signora o signore entri nella stessa istituzione; in entrambe i casi l’intervento delle autorità può certo essere percepito come violazione della privacy, ma dovrebbero essere evidenti a tutti le ragioni di sicurezza.
Uno dei grandi difetti dell’uomo è ritenere universalmente giusto ciò che ad egli appare tale. Si fa spesso molta fatica a capire che certe idee e certi standard legati in una certa cultura a un determinato valore – ad esempio il velo per gli occidentali è simbolo di repressione delle donne e non libertà -, non hanno lo stesso valore e significato in un’altra – il velo nella religione islamica è una scelta: ogni donna è libera di scegliere se portarlo o no, libera di professare la propria religione. È interessante quindi notare come lo stesso concetto di libertà, e la parola stessa, siano interpretati in modi non solo diversi, ma anteticamente opposti, in due diverse culture.


La Tribù degli Italiani

giugno 3rd, 2009 by Alessandro Berni | 2 Comments

La Tribù degli Italiani

Capisco il Presidente del Consiglio di una Repubblica parlamentare quando per giustificare la candidatura della starlette Barbara Matera alle elezioni europee 2009, dice che è la fidanzata del figlio di un prefetto, amico di un suo amico.
(Art. 1, comma 1)

Capisco la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, la legge che ha eliminato la preferenza elettorale diretta ed ha spogliato di fatto il popolo italiano dalla possibilità di scegliere i suoi parlamentari permettendo ad una decina di mandatari di esercitare questo diritto al posto loro.
(Art. 1, comma 2) (Art. 48, comma 2, comma4)

Capisco l’attuale e sei volte prescritto Presidente del consiglio di una Repubblica parlamentare ricordare con calore e vantarsi della sua amicizia con un altro ex Presidente del consiglio della solita Repubblica parlamentare morto latitante in Africa.
(Art. 1) (Art. 3, comma 1) (Art. 54) (Art. 101, comma 1)

Capisco il senso profondo, ma anche quello superficiale dell’affermazione dell’attuale Presidente del Consiglio: “L’Italia non è e non sarà mai un paese multietnico.”
(Art. 3) (Art. 10) *

Capisco il cosiddetto Lodo Alfano, la legge 124 del 23 Luglio 2008 che sancisce l’impunità delle quattro più alte cariche dello stato. E sono sicuro che meglio di me l’hanno capita da subito i parlamentari che l’hanno approvata, il Presidente della Repubblica che l’ha promulgata e la Corte costituzionale che ancora non si è espressa sulla sua costituzionalità.

(Art. 3) (Art. 101, comma 1) (Art. 134, comma 1)
Capisco i 4 amici al bar leghisti che come in un sogno di provincia, si sono ritrovati ministri, deputati, senatori ed incaricati di altri ruoli di potere. Li capisco e li ho capiti ogni volta quando fieri delle loro origini normanne, breto-confuse, delle loro mutande a righe e delle loro canottiere verdi, hanno bruciato il tricolore (Art. 12) (Art. 54), hanno cantato per i corridoi del parlamento europeo Italia, Italia vaffanculo. (Art. 1) (Art. 54) E capisco anche tra una briscola ed un tresette il loro strepitare ad alta voce di giudici che andrebbero eletti dal popolo (Art. 101) (Art. 106, comma 1); di posti da riservare nei mezzi pubblici ai milanesi. Perché i negri puzzano e se dici che non puzzano, sei un negro. (Art. 3) (Art. 10, comma 1,2,3) *

Capisco la Legge d’Alia ovvero l’articolo 50 bis del disegno di legge 733, già approvato in Senato e in procinto di essere approvato dalla Camera dei Deputati, articolo che di fatto impedirà ad Internet di essere un mezzo di comunicazione libero e permetterà all’attuale governo di fare un decisivo passo avanti verso un esaustivo potere di controllo, manipolazione e censura di qualsiasi strumento d’informazione di massa.
(Art. 21, comma 1,2)

Capisco il Presidente del consiglio di una Repubblica parlamentare perdere la testa per una minorenne, frequentarla semi-clandestinamente. Capisco lui e mi immagino lei inseguire, rincorrere il suo papi quando sta per salire dentro la sua auto blu, raggiungerlo e regalargli, in perfetto stile ultimo bacio una copia dell’ultimo libro di Fabio Volo.
(Art. 29)

Capisco i continui tagli alle scuole pubbliche accompagnati dai continui aiuti fiscali per le scuole private.
( Art. 34, comma 1,2)

Capisco il numero sconosciuto di testate nucleare presenti nelle basi americane di Aviano, Ghedi e tutte le altre; capisco la volontà di costruire un numero imprecisato di centrali nucleari sul suolo italiano entro il 2020 così come ho capito l’assenza del ministro dell’ambiente e del ministro per lo sviluppo economico alla edizione 2009 di Solarexpo, seconda fiera europea sul tema energie rinnovabili; l’opposizione ferma ed isolata del governo italiano in Commissione Europea al pacchetto 20-20-20 su energia e clima
(Art. 32, comma 1)

Capisco l’affermazione da quarto reich de noialtri di un ex ministro della giustizia, ancora oggi parlamentare: Mussolini è stato troppo buono. XII *

Capisco tutto questo con sdegno sincero, pieno di disprezzo. A testa alta.
E aggiungo:
Capisco tutto questo perché capisco gli italiani, popolo estinto.
Da soli, in meno di due generazioni, gli italiani sono riusciti ad annientarsi, a fare di loro stessi quello che mai nessuna dominazione straniera o regime politico sia riuscito a fare. Attraverso un’acculturazione incurante di tutto e subita passivamente, una lascivia permanente, un’ignavia insolente, gli italiani hanno gettato per terra la propria coscienza civile come si getta un fiammifero usato, hanno dimenticato l’unicità delle loro origini storiche e della loro cultura come si dimentica un ombrello in un ristorante.

Dei loro valori è rimasto il loro vuoto, dei loro eroi ed artisti ricordano confusamente appena il nome senza alcun cenno delle loro opere, dei loro sacrifici e delle loro vittorie. Stranieri in viaggio per questa espressione geografica, chiedete in giro e scoprirete che Giotto è un parco o una marca di matite e poi, forse, dopo, un pittore.

Svuotata degli italiani, l’Italia oggi è come una cosa, senza significato, se non la sua esistenza. Quale Paese può essere un posto dove una bugia ripetuta mille volte vale tanto di più di un’evidente e manifesta verità e s’impone su di essa frustandola e deridendola prima, annientandola poi?

Perché cosa sono quegli esseri che oggi popolano gli habitat di questa carogna a forma di penisola se non una tribù? Manovrati da pulsioni primitive, istinti atavici quali sesso e potere. Senza le catene della ragione, tribale è il loro senso di appartenenza ad un partito politico, una squadra di calcio, un campanile; privi del tormento dell’invano, tribale è il loro approccio alla vita, il loro sguardo del mondo guidato non più da ideali, ma dalla loro mancanza.

C’è un solo e condiviso e shoccante dato macroeconomico che afferma che il rapporto Rendita da proprietà / Rendita da lavoro è diventato 50 / 1 . Questo medievale dato statistico che umilia il lavoro ed esalta il possesso, da solo basta a dire che
mentre il mondo intero, in quindici anni, è riuscito a fare un salto temporale di 10 secoli sprofondando in un brutto e nefando medioevo tecnologico, l’estinto popolo italiano esalando l’ultimo rutto è riuscito a distinguersi, a fare una capriola all’indietro di quasi 10 millenni. E nelle loro capanne di cemento disarmato continuano a vivere genti senza dignità, organizzazioni di …


Il faro del diritto

febbraio 19th, 2009 by Erik Burckhardt | 3 Comments

Il faro del diritto

Nessun giurista potrà mai negare la funzione essenziale e primaria della Costituzione in uno Stato di diritto, ma è importante che anche i primi sudditi della norma suprema – i tre poteri dello Stato – continuino a ricordarsela. Soprattutto quando si naviga in un oceano infinito, minaccioso ed incomprensibile – come il tema della vita e della morte – trovare un punto di riferimento – un faro – è l’unico modo per non farsi inghiottire dalle onde.
Con il presente articolo non s’intende prendere posizione su temi etici controversi. L’obiettivo è quello di riassumere tecnicamente la disciplina offerta dal quadro costituzionale attuale del nostro Paese in merito al rifiuto ed all’interruzione dei trattamenti sanitari.
Un paziente ha il diritto di chiedere l’interruzione di un trattamento sanitario?
La risposta a questa domanda è contenuta nell’articolo 32, comma 2, della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Migliaia di cittadini italiani hanno pacificamente rifiutato trattamenti – come trasfusioni di sangue, dialisi o interventi chirurgici – nelle strutture sanitarie pubbliche e private presenti nel territorio.
Tale diritto si estende anche alle situazioni in cui l’interruzione del trattamento sanitario implichi la morte del paziente?
In difetto di una legge che preveda il contrario si deve ritenere che un paziente vanti il summenzionato diritto anche in questo specifico caso. Questo vale ineccepibilmente per l’attualità, ma – nel caso una futura disposizione di legge prevedesse l’impossibilità di interrompere un trattamento sanitario che comporti la morte del paziente – potrebbe non valere più nei giorni a venire.
Secondo l’articolo 32 della Costituzione il Parlamento potrebbe emanare una legge che imponga i trattamenti sanitari di idratazione ed alimentazione forzata?
Se l’articolo 32, comma 2, della Costituzione permette ad una legge di derogare al divieto di forzare un soggetto ad un trattamento sanitario, tale possibilità va tuttavia inserita in un quadro delimitato. È pacifico che le disposizioni giuridiche debbano essere interpretate letteralmente, sistematicamente e teleologicamente (articolo 12 delle Preleggi). Ora, l’interpretazione teleologica dell’articolo 32 induce a ritenere che una legge abbia facoltà di derogare all’enunciato diritto qualora questo sia necessario per controllare situazioni particolari, eccezionali e socialmente pericolose come le vaccinazioni obbligatorie in caso d’epidemia. L’interpretazione sistematica della Costituzione suggerisce che non sia invece possibile sottrarre alla persona umana la facoltà di decidere se sottomettersi a trattamenti sanitari che incidono esclusivamente sulla sfera personale. Tali trattamenti rischiano di ledere beni personali primari come la dignità e l’autodeterminazione, protetti con veemenza dall’enunciato contenuto nel prosieguo dell’articolo 32 della Costituzione: “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Si consideri tuttavia che l’alimentazione e l’idratazione forzata potrebbero non essere ricondotte alla nozione di trattamento sanitario. Il Disegno di legge attualmente discusso in Parlamento – per liberarle dal dettato dell’articolo 32 della Costituzione – le definisce “forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze”. Seguendo tale prospettiva – in futuro – non sarà in nessun caso possibile rifiutare ed interrompere tali “trattamenti” (non vi è letteralmente altro termine per definirli).
Parte del mondo della medicina non tollera la fuoriuscita dell’alimentazione e dell’idratazione forzata dalla nozione di trattamento sanitario e sottolinea come i “preparati” siano di produzione farmaceutica e come le modalità di somministrazione siano di natura tecnico-sanitaria. Pacifica è l’impossibilità di ricorrere alla nutrizione ed alimentazione forzata in assenza di un’équipe medica specializzata.
Parte del mondo del diritto si ribella al contenuto del menzionato Disegno di legge sostenendo che esso è ad ogni modo anticostituzionale poiché violante il principio d’autodeterminazione e il rispetto della persona umana.
L’interruzione dei trattamenti sanitari è riconducibile alla nozione d’eutanasia o di suicidio assistito?

L’eutanasia – letteralmente buona morte (dal greco ?????????, composta da ??-, bene e ???????, morte) – e il suicidio assistito sono pratiche riconosciute come diritto in diversi paesi come Olanda, Belgio, Svizzera, Svezia e Canada. Esse implicano un qualsiasi atto compiuto da medici o da altri, avente come fine quello di accelerare o di causare la morte di una persona. Questo atto si propone di porre termine a una situazione di sofferenza tanto fisica quanto psichica che il malato, o coloro ai quali viene riconosciuto il diritto di rappresentarne gli interessi, ritengono non più tollerabile. Nel nostro ordinamento giuridico tale pratica non è riconosciuta ed è perseguibile.
Con la richiesta d’interruzione dei trattamenti sanitari non si chiede un’attività per accelerare o causare la morte, bensì solo l’interruzione di trattamenti che eventualmente – come nel caso della nutrizione e idratazione forzata – la impediscono.
Il diritto all’interruzione dei trattamenti sanitari si estende anche alle persone incapaci di intendere e di volere?
Il diritto all’interruzione dei trattamenti sanitari – enunciato nell’articolo 32 della Costituzione – va combinato con l’articolo 3 della medesima carta. Questo dispone che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, d’opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Se ne deduce che un soggetto non può vedersi discriminato per il solo fatto di trovarsi in una condizione personale d’incapacità e che è compito della Repubblica – per mezzo della magistratura e degli istituti di tutela e curatela – di accertarne la volontà e di farne valere i diritti.
Occorre sottolineare che una volta che gli organi a tale funzione preposti abbiano accertato definitivamente la volontà del soggetto incapace di esprimerla, questa non è più formalmente e sostanzialmente discutibile od opinabile. La procedura e la decisione – presa in nome del popolo italiano – sono difatti simili a quelle aventi come scopo l’accertamento della colpevolezza o dell’innocenza di un imputato.
Non si può nascondere che l’introduzione della possibilità di chiarire le proprie volontà in un testamento biologico renderebbe assai più semplice il rispetto dei diritti e delle volontà di tutti i soggetti. Se poi si garantisse anche l’obbligo di rispettare la volontà …


Un invito al Senato

ottobre 31st, 2008 by Guicciardo Sassoli de Bianchi | 5 Comments

Un invito al Senato

Un invito al Senato per la presentazione di ‘Percorsi Costituzionali’, diretta dal Professor Giuseppe de Vergottini, che mi ha permesso di ascoltare interessanti resoconti sulle riforme costituzionali, fra i quali quello del Presidente del Senato Schifani e del Presidente della Corte Costituzionale Marini.
E’ evidente che questa rivista si proponga, grazie allo studio dei massimi esperti italiani ed europei, di divulgare progetti di riforma costituzionale privilegiando un’impronta comparativistica. Un’occasione per avvicinare politica e giurisprudenza, per dare alla legge il ruolo che le spetta: non solo di pura scienza astratta, ma di fondamentale aiuto per i processi delicati di riforma che richiedono l’attenzione dei massimi dottori della legge.
Questo a sessant’anni dalla nascita della Costituzione italiana e dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dal recente fallimento di Costituzione Europea.

Il direttore della rivista sottolinea come dal 2001 la Corte costituzionale sia dovuta intervenire ripetutamente; in effetti non volendo intervenire sulla prima parte della costituzione si è continuato con questa interpretazione favolosa dell’art 11. C’è uno sbarramento mentale che fa si che non si voglia toccare la prima parte della Costituzione, eppure settori come le pari opportunità e la tutela ambientale conoscono oggi una realtà completamente diversa da quella intesa dai costituenti.
Vogliamo fare chiarezza su alcuni punti della Costituzione o meno? O preferiamo continuare ad arrampicarci sugli adattamenti? Non possiamo negare il fatto che la costituzione sia mutata non rispettando il procedimento di riforma previsto, anche per una poco accorta integrazione del diritto comunitario. Mettere mano alle riforme significa occuparci del metodo e andar al di là delle maggioranze di governo trovando spazi più ampi di consenso.
Il sottosegretario agli interni, On. Mantovano, è deciso: “Bisogna pretendere che in Italia nasca quella dialettica culturale in grado di offrire alla politica strumenti migliori e non intossicati dal virus della faziosità”.
Libertà e diritti. Il presidente della Fondazione, Senatore Quagliariello afferma come sia necessario un collegamento sempre più stretto fra il mondo della cultura giuridica e della politica. E questa rivista rappresenta la Geometria di questo collegamento.
Ancora l’On. Mantovano: “un sistema democratico maturo deve trovarsi in un dibattito culturale aperto senza illusione, ossia che l’operatore culturale debba essere neutrale”.
Dicevamo: Libertà e sicurezza secondo de Vergottini sono temi che toccano in profondità gli ‘interni’dello Stato. È un tema sdrucciolevole dove il diritto costituzionale deve garantire una normalità dei rapporti giuridici. Le deroghe non fanno che far scivolar questi diritti. Le regole soffrono una realtà complessa oggi: si tende a una sorta di assuefazione all’emergenza e alle eventuali deroghe. C’è una tendenza a far diventare definitive misure che in realtà dovrebbero essere temporanee. I fattori di deroga devono essere misure veramente inevitabili, proporzionali alla costituzione e tali da consentire un bilanciamento fra rispetto dei diritti e protezione cittadino.
Libertà messe in pericolo secondo il Presidente della Corte Costituzionale Marini “non è ammissibile che si limitino libertà fondamentali del cittadino quali la segretezza delle comunicazioni che ledono non solo la privacy ma la stessa libertà della parola. Se qualcuno mentre sto parlando mi ascolta, ecco questo uccide la libertà di parola uno dei diritti fondamentali della democrazia”. Le misure forti distruggono la libertà e non riducono quei fattori eversivi verso i quali si erano concentrate. Liberticide e inutili.
Il giudice Marini cita le impetuose parole del giudice israeliano Aaron Barak:
“E’ assoluto il rifiuto della tortura anche quando il suo utilizzo avrebbe potuto salvare vite umane prevedendo atti terroristici. Siamo consapevoli che questa decisione non renda più semplice affrontare la realtà. E’ questo però il destino della democrazia. La democrazia non può considerare accettabile tutti i mezzi; non tutte le pratiche attuate dai nemici possono da essere consentite.
Se una democrazia può combattere con una sola mano avrà comunque l’altra a disposizione. Il fondamento dello stato di diritto e il riconoscimento delle libertà del singolo costituiscono complemento di fondo per l’affermazione della libertà e della sicurezza”.
L’intervento di Schifani, affida a ‘Percorsi Costituzionali’ il compito di divenire agorà politica e giuridica dove i partecipanti gettino alle spalle le rispettive faziosità per collaborare alla formazione di nuove proposte per il nostro Paese. Così Schifani esplicitamente si esprime:
“Percorsi costituzionali sviluppa la sua azione nel duplica segno della fedeltà e della innovazione irrinunciabili valori della carta costituzionale del ‘48. La seconda parte della costituzione necessita di un delicato e incisivo intervento di revisione e di adeguamento alle nuove e diverse esigenze sociali e politiche per il paese. Percorso di una costituente che sappia rivisitare la carta ma non con un approccio intransigente fra parti politiche. Percorso che sottolinea la necessità della dialettica costruttiva fra più soluzioni . Percorso che sappia tenere in conto il rapporto esegetico e il costante aggiornamento alle normative europee senza sperequazioni geografiche. In tutto questo ‘Percorsi Costituzionali’ si trova in una positiva posizione di controtendenza che rappresenta una promessa di rinnovamento e qualità lasciando spazio ai giovani; una prestigiosa palestra che la rivista fin dai suoi primi numeri sta dimostrando di assumere nei confronti di tanti giovani studiosi di diritto costituzionale”.
Da questa giornata in veste di giovane spettatore e testimone di impulsi innovativi in una platea di senatori e di massimi giuristi sono sempre più convinto che al comparativismo, inteso come strumento di arricchimento reciproco, sia ora necessaria un’ufficializzazione. Sarebbe opportuno che questa disciplina venisse pienamente accolta in seno ai rappresentanti politici, che potranno avvalersene per dare alle norme da loro elaborate un contenuto conforme allo sviluppo della società.


Non si può aspettare oltre: è giunta l’ora delle riforme

luglio 12th, 2008 by Guicciardo Sassoli de Bianchi | No Comments

Intervista al prof. Giuseppe de Vergottini, fra i massimi costituzionalisti in Italia.
Qual è la rilevanza della costituzione italiana come precedente a livello internazionale?
Quali le riforme necessarie per rendere la nostra costituzione al passo con i tempi?
Come realizzarle?
Incontriamo il professor Giuseppe de Vergottini, ordinario di diritto Costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza di Bologna, presidente della nuova rivista giuridica di respiro internazionale “Percorsi Costituzionali”, fra i primi firmatari della fondazione Magna Charta, dedita alla proposta di idee e progetti concreti da presentare al Governo. Come quelli che verranno presentati in questi giorni alle commissioni di Camera e Senato, progetti presentati in anteprima in questa intervista per Il Tamarindo.



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