Dallongaritmo
settembre 7th, 2009 by Antea Brugnoni | No Comments
Quando ho conosciuto Michele dall’Ongaro stava cercando di districarsi da una folla in ovazione. A Pavia, si sentiva per la prima volta parlare del rapporto tra musica e nuove tecnologie e sembrava incredibile che qualcuno riuscisse a farlo in maniera divertente.
Quando ho rivisto Michele dall’Ongaro, a Roma, di fronte a un piatto di tartine ai gamberetti, pronta ad attanagliarlo con domande sui metodi avveniristici di rappresentazione musicale, mi ha promesso di farmi diventare intonata in un mese [facendomi andare di traverso la tartina]. Compositore, musicista e un poco scienziato, Michele dall’Ongaro ama giocare con la musica, con tutte le musiche. Ha collaborato con uomini di prestigio, è stato curatore per la Musica della Biennale di Venezia, è responsabile della programmazione musicale di Rai Radio 3 e sovrintendente dell’orchestra della Rai, eppure ha ascoltato con pazienza le mie noiose domande tentando un’ennesima volta il miracolo: spiegare la musica a chi di musica non sa niente.
Esistono suoni che possono definirsi ‘propri’ di un computer?
Certo che esistono suoni che possono dirsi “propri “ di un computer ma non credo si possa azzardare un paragone tra gli strumenti musicali tradizionali e quelli che ci mettono a disposizione le nuove tecnologie.
Si tratta forse dello strumento del nuovo millennio?
Non direi “lo strumento del nuovo millennio”, poiché il computer non è uno strumento ma un generatore di processi: i famosi nove oscillatori dello Studio di Fonologia della Rai di Milano erano uno “strumento”, ma – per usare una formula forse un po’ inflazionata - per comporre “i suoni” e non per comporre “con i suoni.”
Un approccio diverso, quindi. Eppure, uno studente di composizione segue in conservatorio dei programmi classici; ne farà realmente uso, o farà solo ricorso a tecniche contemporanee?
Le cose che un compositore deve imparare e sapere sono sempre le stesse, qualunque sia il tipo di musica che intende fare (dalla computer music alla colonna sonora, dal jazz al piano-bar, dal teatro musicale alla scrittura sinfonica o cameristica). “La musica è la scienza che insegna a modulare bene”, scrive Agostino nel suo De Musica, confermando quindi che la ricerca del movimento ben regolato è un bene in sé stessa, fine a sé stessa, che deve procurare diletto (nel senso di intenso e duraturo godimento dello spirito). La ricerca di questo obbiettivo, del modo di conseguirlo, delle sue regole interne e delle tecniche è una scienza che deve essere praticata senza limitazione alcuna.