Il G20 di Londra e la via italiana per uscire dalla crisi
aprile 3rd, 2009 by Roberto Giannella | 4 Comments
Finalmente sembra essere arrivata una buona notizia da Londra. O almeno così pare. Leggendo il communiqué del G20 di Londra si nota il risalto dato a misure “senza precedenti”, adottate dai più importanti capi di stato e di governo del mondo.
Da quanto si evince, sono stati stanziati 1100 miliardi di dollari dal G20 in favore del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale al fine di sostenere i flussi del credito, la crescita e la difesa dell’occupazione. Un’altra cifra enorme, 5 mila miliardi di dollari, è quanto i singoli Paesi del G20 si impegnano ad investire per i vari piani anti-crisi entro il 2010. Di particolare interesse è il passaggio in cui i protagonisti del summit di Londra si impegnano ad astenersi da svalutazioni competitive e ad agire al fine di mantenere la stabilità dei cambi. Inoltre, il Financial stability forum (FSF) viene sostituito dal Consiglio per la stabilità finanziaria. Di primo acchito, potrebbe sembrare una differenza marginale; tuttavia, si tratta di un cambiamento fondamentale: da quanto si apprende, il nuovo board avrà il compito di collaborare con il FMI al fine di vigilare – preventivamente – sui rischi macroeconomici e finanziari e la fissazioni di principi sulle remunerazioni dei manager. In aggiunta, il G20 di Londra ha messo la parola “fine” – con buona pace di Berna – al segreto bancario. Viene prevista la pubblicazione della lista dei cosiddetti “paradisi fiscali” e verranno elaborate eventuali sanzioni, qualora un Paese non fornisca le informazioni richieste. Finalmente si è compreso che anche i famosi hedge funds dovranno essere sottoposti a nuove regole e meccanismi di vigilanza. Un ulteriore step forward è senza dubbio il fatto che il FMI sia stato autorizzato a vendere le sue riserve auree per finanziare i Paesi più poveri in difficoltà. Da non dimenticare, speriamo non lo facciano nemmeno i Paesi del G20 una volta lasciata Londra, i 50 miliardi di dollari promessi ai Paesi più poveri e più colpiti dalla crisi, come sostegno alla ripresa e forma di protezione sociale. Viene infine ribadito il rifiuto netto a qualsiasi forma di ripristino di barriere agli scambi commerciali e finanziari, in altre parole: viene detto un secco NO a qualsiasi forma di protezionismo. Fortunatamente, non è stato ritrattato l’impegno globale per raggiungere un accordo sulla lotta contro i cambiamenti climatici, in occasione della Conferenza ONU che avrà luogo a Copenaghen alla fine di quest’anno.
Dunque, sono state trovate soluzioni globali per una crisi che non ha risparmiato nessun Paese al mondo. Un bilancio senza dubbio positivo: merito della presidenza inglese – Mr. Brown ha per davvero svolto un lavoro eccellente – e delle varie diplomazie presenti al summit, che hanno messo al primo posto la “dimensione umana” di questa drammatica crisi finanziaria internazionale.
Bene. E in Italia? Sono state prese altrettante misure decisive finalizzate a far ripartire l’economia del nostro Paese? Sì, eccone alcune.
Al 31 dicembre 2008 sono state consegnate 520.000 social cards (su 1.400.000 previste). Delle 520 mila cards assegnate, risulta che circa 190mila non avessero alcuna copertura.
Il famoso “piano casa” prevede – per certi edifici residenziali – la possibilità di ampliare del 20% la volumetria esistente; inoltre, è prevista la facoltà di demolire e ricostruire una parte di edifici a destinazione residenziale – fino ad un massimo del 35% della volumetria esistente – per migliorarne la qualità architettonica e l’efficienza energetica. Quanti italiani si avvarranno delle agevolazioni previste dal “piano casa” rimane un’incognita.
E’ previsto un bonus straordinario fino a un massimo di 1.000 euro, destinato a famiglie, lavoratori dipendenti e pensionati con reddito compreso fra 15.000 e 22.000 euro.
Il nostro premier, che ieri ha fatto persino innervosire Sua Maestà la regina Elisabetta, sostiene che “bisognerebbe avere tutti la voglia di reagire, di avere molta fiducia, di impegnarsi e magari lavorare anche di più.” Sottoscrivo in toto.
Ma non sarebbe altrettanto utile dimezzare l’IVA, portandola al 10% per rilanciare i consumi? Qualcosa di simile è stato fatto in Inghilterra, non più tardi di alcuni mesi fa.
Non sarebbe forse più saggio accorpare referendum ed election day a giugno, al fine di non sperperare inutilmente quasi 500 milioni di euro?
Non sarebbe forse il caso di cercare di recuperare per lo meno una parte dei 90 miliardi di euro che – si stima – ogni anno la mafia produce?
Non sarebbe forse altrettanto produttivo adoperarsi per riportare l’evasione e l’elusione fiscale a livelli europei, dato che in Italia è tre volte superiore rispetto ai nostri partner dell’Unione?