Poche notizie dal Madagascar. Non è un Paese del quale si sente parlare spesso, a meno che non si tratti di un cartone animato che porta il suo nome. Ingenuamente si spera che il detto ‘nessuna nuova, buona nuova’ valga anche per la politica internazionale, ma occhi e orecchie smaliziate sanno già bene che non è così.
Quella del Madagascar oggi è una situazione al limite della guerra civile e che già da qualche mese ha valicato la soglia di quella che si può definire democrazia. La popolazione malgascia è allo stremo e alla fame, e a questo si aggiungono le violenze perpetrate dalle forze armate che, sparando sulla folla manifestante, hanno fatto decine di morti. Non è facile capire quanto grave e complessa sia la situazione laggiù: per questo ho cercato di mettermi in contatto con un amico malgascio, E.R., che ha cercato di spiegarmi cosa sta accadendo in Madagascar in questi giorni.
“Questa è una storia che si ripete”, mi racconta E.R. in un’email. “Prima del nostro attuale Presidente della Repubblica Marc Ravalomanana, venivamo da più di vent’anni di presidenza di Didier Ratsiraka (dal 1975 al 1992 e dal 1997 al 2002). Ravalomanana era allora un ricco magnate del Madagascar e riuscì a diventare sindaco di Antananarivo, la nostra capitale. Da quella posizione non fu in grado di fare molto per contrastare il potere di Ratsiraka e, perciò, nel 2002 si presentò alla corsa per le elezioni presidenziali, che vinse. Vi furono però dei brogli, a seguito dei quali Ratsiraka rimase al proprio posto, rifiutandosi di compiere il volere del popolo espressosi attraverso il voto.
Ravalomanana a quel punto s’impose con una serie di manifestazioni e scioperi, dapprima ad Antananarivo e poi in tutta l’isola, e, appoggiato da tutta la popolazione, riuscì, dopo mesi, a far cadere il governo di Ratsiraka. Ravalomanana poté allora a formare il proprio governo, avendo dalla propria in parlamento una maggioranza schiacciante.
Dal 2002 Ravalomanana ha fatto molto per lo sviluppo del Madagascar: ha costruito moltissime strade, rendendo accessibili posti prima completamente isolati; contemporaneamente, però, ha continuato ad arricchirsi, facendo delle sue aziende un grande monopolio: olio, latte e altri beni sono completamente nelle sue mani. Ha cambiato la costituzione a proprio vantaggio, chiudendo così la bocca all’opposizione. Via via nessuno ha più avuto il diritto di esprimere il proprio dissenso”.
Arriviamo a oggi. “Nel dicembre del 2007, Andry Rajoelina ha vinto, da indipendente, le elezioni a sindaco della capitale malgascia. Già da prima di diventare sindaco era capo di diverse emittenti televisive e radiofoniche private e proprietario di un giornale e, divenuto primo cittadino, più di una volta il Presidente ha cercato di ostacolarne la libertà di stampa. Nel dicembre del 2008, tre mesi fa, Ravalomanana ha fatto interrompere la trasmissione delle sue televisioni, e l’ha fatto per un motivo politico: in un programma delle emittenti di Rajoelina s’era parlato del vecchio presidente Ratsiraka, antico nemico di Ravalomanana dai tempi del 2002.
Rajoelina ha deciso allora di contrastare il presidente, ha rinominato un grande parco di Antananarivo chiamandolo ‘Piazzale della Democrazia’ e ha chiamato i cittadini a radunarvisi e a manifestare affinché gli fosse nuovamente data la possibilità di trasmettere notizie con le proprie emittenti. Dal governo, nessuna risposta.
Le rivendicazioni sono continuate fino alla richiesta, da parte di Rajoelina, delle dimissioni del Presidente Ravalomanana. Questi, non solo accusato di non rispettare la libertà di stampa, ma anche di dare in affitto le terre del Madagascar agli stranieri (1 milione e 250 mila ettari di terra coltivabile sono stati ceduti ad aziende Sud-Coreane per i prossimi 99 anni), non ha replicato.
Il 26 gennaio la popolazione di Antananarivo si è trasferita dal ‘Piazzale della Democrazia’ al ‘Viale dell’Indipendenza’. La manifestazione si è presto tramutata in sommossa, le stazioni radiotelevisive nazionali sono state date a fuoco, così come quella privata del Presidente Ravalomanana. Sono stati messi al rogo anche tutti i negozi della città e ben presto la rivolta si è estesa anche alle periferie, in cui sono state distrutte le sedi delle aziende di Ravalomanana così come molti altri centri commerciali. Prima di essere stati distrutti dalle fiamme, sono stati saccheggiati.
Per due interi giorni né la polizia né l’esercito hanno fatto nulla per fermare tutto questo.
A partire dal 26 di gennaio le manifestazioni popolari e gli scioperi sono diventati giornalieri. Rajoelina, il sindaco, il 7 febbraio ha istituito un governo di transizione, nominando Primo Ministro Monja Roindefo.
È stato il 7 febbraio che i manifestanti si sono recati al Palazzo Presidenziale per procedere all’investitura di Roindefo. Gran parte della popolazione s’era tenuta a dovuta distanza dal palazzo, a cui si è avvicinata solo una piccola delegazione incaricata di iniziare le negoziazioni. Nessuna negoziazione è avvenuta, al palazzo non c’era nessuno. C’erano, però, i soldati della Guardia Presidenziale, che, senza alcuna intimazione, hanno cominciato a sparare sulla folla. Sono state uccise più di cinquanta persone quel giorno, tra cui molti giornalisti malgasci, e ferite più di 250.
A distanza di pochi giorni i due contendenti, Ravalomanana e Rajoelina, non fanno che accusarsi l’un l’altro di questa carneficina: il presidente viene incolpato di quei ciechi spari sulla gente, mentre al sindaco viene imputato il peccato di aver consapevolmente condotto il popolo verso la morte, sapendo bene che la zona attorno al Palazzo Presidenziale è una zona rossa. Non esiste lo spiraglio di alcuna conciliazione tra loro al momento.
A prendersi l’incarico di convincere a un dialogo tra le due parti è stata innanzitutto la Federazione delle Chiese Cristiane del Madagascar (FFKM), che, nonostante i propri sforzi, non è ancora giunta ad alcun risultato. Ad essa si è aggiunto la settimana scorsa un rappresentante delle Nazioni Unite, che non ha ottenuto esiti migliori. In questi giorni sono atterrati sull’Isola anche un inviato dell’Unione Africana e un delegato del Ministero Francese per la Cooperazione.
Le manifestazioni continuano, da una parte e dall’altra. L’11 febbraio Ravalomanana ha convocato i propri partigiani a radunarsi nello stadio di Antananarivo per appoggiare la legalità. Perché Ravalomanana sostiene di rappresentare la legalità. Rajoelina, d’altro canto, non smette di chiedere le dimissioni del presidente …